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Venerdì, 29 Marzo 2024
Politica

"Cittadella non era da liquidare"

BRINDISI - Il giorno dopo l’attentato incendiario che ha distrutto gran parte della documentazione amministrativa contenuta in un ufficio della Cittadella della ricerca, il Consiglio monotematico chiamato a discutere della relazione conclusiva della commissione d’indagine appositamente convocata per valutare lo stato dei bilanci della società è imploso. Le conclusioni, affidate a Nicola Ciracì (Pdl) presidente della commissione composta da un esponente di ogni partito politico rappresentato nelle assise, rilevano che sarebbe stata cosa buona e giusta evitare la liquidazione, migliorando la gestione. A partire dal recupero crediti.

BRINDISI - Il giorno dopo l’attentato incendiario che ha distrutto gran parte della documentazione amministrativa contenuta in un ufficio della Cittadella della ricerca, il Consiglio monotematico chiamato a discutere della relazione conclusiva della commissione d’indagine appositamente convocata per valutare lo stato dei bilanci della società è imploso. Le conclusioni, affidate a Nicola Ciracì (Pdl) presidente della commissione composta da un esponente di ogni partito politico rappresentato nelle assise, rilevano che sarebbe stata cosa buona e giusta evitare la liquidazione, migliorando la gestione. A partire dal recupero crediti.

Di tutt’altra opinione il presidente dimissionario della Provincia, Massimo Ferrarese, che si accinge a trascorrere la sua prima notte da “non presidente” e che ha più volte ribadito, anche alla luce del rogo di ieri mattina, di “averci visto giusto” nell’evidenziare che c’erano problematiche di spesa anche molto gravi. Dopo quasi quattro ore di un consiglio dall’impianto scenico anche piuttosto “violento”, per fortuna solo verbalmente viste le derive manesche delle precedenti occasioni, l’unica verità appurata è l’implosione del Laboratorio Brindisi che in quel di piazza Santa Teresa proprio non ha funzionato.

Le liste del presidente, ossia Udc e Noi Centro non hanno votato la relazione della commissione di cui facevano parte. Il Pd, per voce del suo capogruppo Damiano Franco, non ha condiviso la posizione degli alleati moderati, ritenendo invece che la relazione conclusiva della commissione d’indagine, contenente per sommi capi il sunto delle audizioni dei protagonisti dell’affaire Cittadella (bene esplicati nei 17 verbali allegati), fosse assolutamente soddisfacente. Invitato da Ferrarese ad accomodarsi con l’opposizione, Franco ha risposto caustico ricordando a Ferrarese il suo passato politico di cassiere di Forza Italia.

Il consigliere Udc, Ciro Argese, nel suo intervento ha ratificato l’evidente spaccatura interna al centrosinistra, chiedendo “a questo punto” una verifica in ogni luogo in cui il centro e il democratici siano legati da un qualsivoglia patto politico, quella che ormai era divenuta la controparte, mentre Francesco Fistetti ha sottolineato la precarietà della maggioranza sin dal suo principio, dovendo anche rispondere ad accuse del tenore “tu, volevi fare il presidente della Cittadella”. “Si è superato ogni limite”, ha detto alla fine Fistetti. Dalla sua parte anche l’opposizione.

Una sorta di “resa dei conti”, in buona sostanza, nel corso della quale è apparso evidente che, Cittadella o non Cittadella, la cortesia reciproca tra vicini di casa altro non era che un atteggiamento di facciata, la copertura di dissidi interni che, quando è andato in scena l’ultimo atto dell’era Ferrarese in Provincia e forse anche dell’Ente tutto, che sta per essere abolito, è emerso in maniera lampante.

Sui conti della Cittadella c’è una relazione conclusiva che, a prescindere da quanto si sia discusso e dalle contrapposizioni che al termine della discussione non sono state sanate, è un documento che rappresenta tutto il consiglio che ne ha preso atto, nonostante la presa di distanza di alcuni esponenti delle liste di Ferrarese, tra cui Camillo Camassa.

“Con rammarico – si legge nella relazione -la Commissione ha potuto constatare che tale scelta ha di fatto cancellato i finanziamenti ottenuti (pari ad circa 300mila euro totali) e la partecipazione della società a due progetti Interreg Italia Grecia quali ‘No Barrier’ e ‘Innovanet’, oltre a perdere il ruolo di capofila e creare totale incertezza sul futuro di Bridge Economies”.

Quindi: “La rilevanza degli effetti della rideterminazione dei risultati di esercizio 2007-2010 sulla decisione di porre fine all'attività della società ponendola in liquidazione, avrebbe imposto una maggiore cautela ed una tempistica più adeguata alla complessità del lavoro di analisi da effettuare. Si ritiene infatti che il procedimento di riaccertamento dei risultati di esercizio dal 2007 al 2010 sia stato effettuato frettolosamente, parzialmente e senza possibilità di una verifica effettiva della procedura e degli elementi contabili valutati, a causa del tempo ridotto concesso ai soggetti incaricati di effettuare le verifiche ed anche agli altri soggetti coinvolti per eventuali osservazioni e controdeduzioni”.

“Infine – va avanti -non si è compreso appieno come non si sia stato possibile raggiungere una intesa con i consorziati in merito alla rinuncia alle note credito da emettere per il 2010 per gli oneri addebitati in eccesso, cosa che avrebbe consentito di mitigare gli effetti del risultato 2010 sul depauperamento del patrimonio netto”.

“In conclusione, si rappresenta – prosegue -che il superamento dello stato di ‘impasse finanziaria’ sopra descritto, in alternativa alla liquidazione della società, avrebbe richiesto ai vari management, secondo i comuni principi di economia aziendale, di porre in essere una azione energica tesa ad iniziare da una politica di risanamento finanziario e recupero crediti che sembra non esserci stata, aumentare l'efficienza e l’efficacia della struttura aziendale sia con riferimento a costi e ricavi (momento economico) che a pagamenti ed incassi (momento finanziario)”.

Infine le bacchettata riservate alla gestione degli ultimi tempi: “L’audizione di tutti i soggetti interessati nelle attività della cittadella, ha posto comunque in essere casi gestionali che vanno dal tardivo o mancato recupero di crediti, all’assenza di libri acquistati ed inventariati per 30mila euro sino alla transazione con Enea, all’acquisto di azioni di altre società, alla stipula di contratti che appaiono ingiustificatamente onerosi. Tali casi non sembrano essere improntati alla logica della buona amministrazione ed hanno evidenziato un deficit di controlli contabili e politici che se allertati in tempi precedenti avrebbero potuto ridurre notevolmente le perdite di esercizio”.

Morale della favola? Cittadella, poteva essere salvata. Ora, considerato che non tutti gli assessori, in particolare due “infedeli” del Pd non hanno voluto rinunciare agli stipendi, la giunta Ferrarese non esiste più. Se la vedrà il commissario, oltre che eventualmente la magistratura.

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