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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Siamo in guerra con i terroristi, non con gli immigrati

Certamente l’arresto avvenuto la scorsa settimana nella capitale belga di Salah Abdeslam, il terrorista più ricercato in tutto il continente coinvolto negli attacchi di Parigi dello scorso mese di novembre, può essere stato il detonatore di questo nuovo folle attacco jihadista rivendicato subito dall’ Isis

Questa volta la scure dell’integralismo islamico ha colpito una  delle città simbolo dell’ era contemporanea. Bruxelles, capitale del Belgio, sede del parlamento europeo ed icona indiscussa dell’UE, piange oggi 31 vittime innocenti , tutte assassinate in due attentati compiuti all’aeroporto e nella metropolitana.

Certamente l’arresto avvenuto la scorsa settimana nella capitale belga di Salah Abdeslam, il terrorista più ricercato in tutto il continente coinvolto negli attacchi di Parigi dello scorso mese di novembre, può essere stato il detonatore di questo nuovo folle attacco jihadista rivendicato subito dall’ Isis. 

A riguardo è comunque  da sottolineare la gravissima pecca delle autorità belghe di non aver voluto chiudere immediatamente la metropolitana dopo il primo attacco con metodo “ kamikaze” che era avvenuto un’ora prima all’aeroporto. Ma, aldilà delle polemiche sempre facili e strumentali sul “ chi doveva prevenire e controllare” la domanda più urgente da porsi è: siamo in guerra oppure no?

Il serpente dello “Stato Islamico” di Abu Bakr al Baghdadi  è nato, cresciuto e prosperato sulle macerie di Siria e Iraq, due nazioni in preda al disastro totale e ormai sbranate dalle bestie tagliagole dell’Isis.

Tutto questo ha determinato l’avvento di quello che potremmo definire senza se e senza ma l’era del terrorismo “ 3.0” , dove reclutare e fanatizzare , in ogni angolo del globo giovani in balia del disagio sociale ed economico è diventato facilissimo grazie ad internet, ai social network ed ai nuovi mezzi di comunicazione di massa.

E soprattutto non è necessario andare tanto lontano negli anni per scoprire che in Paesi come il Belgio e la Francia si sono sviluppate le cosiddette “banlieue “, borgate periferiche dove gli stranieri (in maggioranza provenienti da Paesi arabo-musulmani) sono stati ammassati e trattati da cittadini di serie B.

Un problema che non è mai stato affrontato seriamente, nascosto “sotto il tappeto” dove nessuno ha voluto guardare per tanto tempo.  E’ questa diventata ora una mera terra di conquista per la propaganda terroristica.

 Ma è anche necessario capire bene  che quello che è accaduto ieri a Bruxelles lede prima di tutto l ‘immagine di chi con il radicalismo islamico non ha nulla a che vedere. In Italia, fortunatamente per noi, le comunità islamiche sono molto più integrate nel tessuto sociale nazionale ed un ruolo molto importante è giocato da alcune associazioni e comunità che hanno messo alla larga l’ingerenza integralista.

Non dimentichiamo, ad esempio, l’appello di Sharif Lorenzini, presidente della Comunità Islamica d’Italia, che dopo gli attacchi di Parigi aveva invitato gli aderenti all'organizzazione a “denunciare tutti i sospetti”. Questo non significa affatto che il fenomeno debba essere sottovalutato, anche e soprattutto in Puglia.

Ma, al tempo stesso, dobbiamo ricordarci che la nostra regione è una terra circondata dal mare, con due importantissimi aeroporti come quelli di Bari e Brindisi ed è quindi fisiologicamente aperta all’immigrazione ed al confronto con gli stranieri. La Puglia non può e non deve  assolutamente quindi abdicare al suo ruolo di ponte di congiunzione tra diverse culture nel cuore del Mediterraneo. E’ questo un punto essenziale da evidenziare con forza.

Siamo in guerra solo con terroristi, non con gli immigrati per bene che professano liberamente la propria religione rispettando la legge. Chiuderci in noi stessi amplificando inutile paure verso il “diverso” servirebbe solo a fare un grosso favore ai servi del terrore. Teniamolo ben in mente.

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