Dalle parti del centrodestra: una storia elettorale (quasi) impossibile
E a Ceglie prova di forza dei fittiani con il congresso del 3 aprile. Ciracì: “Io, con la spada come braveheart”. Vitali: “Non è colpa mia se legge Grandhotel”. E Ferrarese: “Fate pace”
BRINDISI – Ognuno per sé, “dio” per tutti. Ammesso che ne esita uno, un “dio” terreno (un uomo, una donna, un motivo, un obiettivo, più concretamente un programma di cui nessuno parla pur avvicinandosi la data delle elezioni) che sia effettivamente in grado di compiere quel che ora appare un miracolo. Il miracolo di vedere insieme, alle prossime regionali, tre politici: Luigi Vitali, finora nella parte del braccio (armato?) del Cavaliere di Arcore (si definisce un berlusconiano convinto fino alla morte); Nicola Ciracì nei panni di Mel Gibson in “Braveheart” (costretto alla spada – dice lui - in favore di Fitto contro il “sovrano” Berlusconi) e Massimo Ferrarese (alfaniano, convinto anch’egli) coprotagonista con il ruolo (autoprodotto) di fare da paciere tra i due e dare valore aggiunto alla coalizione. Di fatto, un ulteriore motivo di guerra intestina.
Una storia impossibile, quella dei giorni nostri, servita agli elettori pugliesi e brindisini in particolare. Perché se è vero che i miracoli politici non sono impossibili, è altrettanto vero che le probabilità di un’intesa fra i tre sono precipitate in picchiata al punto da sembrare vicine allo zero. Basta affacciarsi a Ceglie Messapica, comune di poco meno di ventimila abitanti,chiamato al voto per eleggere il primo cittadino, per vedere quanto siano litigiosi i protagonisti del reality, poco se non per niente predisposti al lieto fine che vuol dire conquistare la Puglia e invertire la rotta sin qui tracciata.
Nossignore. Nel paese del “biscotto” si litiga per il simbolo di Forza Italia, ci si prepara a fare le barricate e pure ad andare in Tribunale, qualora dovesse essere necessario. Nessuna preoccupazione per il fatto che dall’altra parte, Michele Emiliano, abbia già iniziato la corsa in vista del traguardo da governatore e sicuramente adesso un (bel) po’ di godimento lo sta provando nel sentire le esternazioni dei solisti affidate alle “veline”.
Il punto, in effetti, è tutto lì nella definizione e nel concetto di “altra parte”. Che non è il Partito democratico, in uno con gli alleati di coalizione, ma lo stesso centro destra, praticamente dilaniato all’interno, a un passo dall’implosione. Paradosso tutto brindisino e pugliese che rischia di mandare definitivamente in confusione, per non dire alla pazzia, gli elettori dell’area. Perché la competizione elettorale è diventata una guerra interna? Da cosa o da chi, sarebbe meglio dire, è alimentato il fuoco? BrindisiReport ha ascoltato tutti e tre.
Nicola Ciracì. “Qui stiamo combattendo una guerra a tutti gli effetti: io sono stato costretto a prendere la spada e fare come quello (Mel Gibson, ndr) in Braveheart. Una spada che uso nel mio stesso partito, in quello che è la mia casa da vent’anni e che non intendo lasciare. Non c’è altra possibilità di fronte a chi è stato mandato qui per farci fuori tutti. Sì, tutti quelli che credono in Raffaele Fitto e che sono suoi amici, come il sottoscritto, in esecuzione di un ordine partito da Roma”, dice il deputato cegliese Nicola Ciracì, ex commissario cittadino a Brindisi di Forza Italia.
Ex da quando c’è stata la discesa di Luigi Vitali, a cui il riferimento è tutt’altro che casuale. “Fitto, purtroppo, è la spina nel fianco di Berlusconi, soprattutto dopo il patto del Nazareno. Il no del pugliese a un atteggiamento morbido con Matteo Renzi, ha scatenato la reazione del Cavaliere che ha sguinzagliato Vitali in Puglia: il suo compito è fare tabula rasa e poco gliene importa se così si va al massacro, se cioè si gioca a perdere”, prosegue.
Nella teoria di Ciracì, l’ex sottosegretario alla Giustizia, di recente diventato commissario regionale di Fi, altri non sarebbe se non uno “strumento” nelle mani del Cavaliere: “Uno che non è più nessuno, nel senso che non ricopre incarichi, ben si presta a uno schema del genere: nei fatti è un kamikaze, per quanto il termine non mi piaccia per niente, uno che prima o poi si schianterà, ma non ci porterà con sé. Siamo pronti non solo a resistere, ma a combattere”. In effetti, l’azione dei fittiani a Ceglie si vedrà il prossimo 3 aprile: “Venerdì prossimo ci sarà il congresso cittadino che porterà all’elezione del segretario, cosa che a Vitali non garba. Mi spiace per lui, ma lo statuto lo permette e noi lo facciamo. Siamo pronti alla reazione: so bene che ci metterà al rogo perché vuole (sempre Vitali, ndr) farci fare la fine di Giovanna D’Arco. Gli eretici non siamo noi”.
E Ciracì non ne ha alcuna intenzione. Nei panni di Mel Gibson mostrerà il cuore impavido. Il suo in primis, quindi quello di tutti i fittiani, coloro i quali credono nella candidatura di Angelo Maria Perrino, il direttore nonché editore di Affaritaliani.it, a sindaco, contro l’uscente Luigi Caroli, esponente del Nuovo centro destra dopo un “ribaltino”. Dalla sua ci sono i 51 iscritti a Fi di Ceglie, più quelli del club, oltre ai cinque consiglieri comunali. Poi ci sono i fittiani di Corato e di Martina Franca, dove la tensione è la stessa.
Sul fronte regionale, il conflitto è ancora più aspro: “A questo punto, o dentro o fuori, il che significa che tutti gli uscenti consiglieri vicini a Fitto vanno riconfermati”, dice senza mezzi termini. “Non è che nella nazionale di calcio, se mi sei antipatico non ti faccio entrare. Bisogna fare gol. E purtroppo questo è il dramma: con Fitto lo si fa, senza no. Motivo per il quale c’è tutto questo astio. Mi dispiace per il popolo del centrodestra e per Francesco Schittulli che per noi come candidato governatore va benissimo”.
Luigi Vitali. Il berlusconiano, ovviamente, risponde per le rime, partendo dal caso “Ceglie” per arrivare alle regionali: “Tanto per iniziare non si tratta di un congresso, ma di un’assemblea che quanto dignitosissima e auspicabilissima poiché permette un confronto interno, non è niente di più visto che lo statuto prevede altro”, dice. “Chi sostiene il contrario (e anche qui il riferimento casuale non è, ndr) evidentemente non legge o non sa leggere il nostro statuto: probabilmente ha preso per le mani Grand Hotel (rivista con fotoromanzi che resiste in edicola dal ’46, ndr). A me le farse non piacciono, dica invece per quale motivo non ha mai voluto fare le primarie che pure Epifani ha chiesto”.
E allora cosa succederà? “Vedremo. Non devo essere io a ricordare che a Ceglie c’è un commissario, così come non devo essere io a ricordare le regole del gioco e il contenuto degli accordi in chiave elettorale. Quanto al sindaco, visto che qualcuno ritiene di dover far saltare un patto tra galantuomini e considerando che a me le somme algebriche tra sigle non piacciono, non è escluso che ci sia un candidato autonomo. Il nostro”, fa sapere dopo che il Nuovo Centro destra ha detto di non riconoscersi più in quell’intesa se ci sono “imposizioni” e non condivisioni. Parole di Ciro Argese, portavoce provinciale. In corsa per il tricolore, quindi, potrebbero essere in tre. Perrino, Caroli e il nome di Forza Italia. Prematuro per fare anticipazioni, anche perché sarebbero nomi bruciati.
“Sia chiaro una volta per tutte, se per le regionali siamo arrivati a questo punto, certo non lo si deve a me. Dipende da Fitto, solo da lui, visto che nessuno ha mai messo in dubbio la sua autorevolezza. Anzi. Sappiamo bene quanto valga, tanto è vero che è stato il primo a cui abbiamo pensato per la candidatura a governatore, ma ha rifiutato. Ora deve fare sapere da che parte sta, poiché è dal 15 marzo che lascia intendere qualcosa di diverso”, continua. “Se, poi, il problema è con Berlusconi, io non possono farci niente. Le questioni personali a me non interessano”, dice riferendosi allo scontro nell’ufficio di presidenza di cui tutti parlano a microfoni spenti.
“Il mio compito è uno solo: ricostruire Forza Italia, non tagliare le teste, come dicono alcuni. Tanto è vero che – ripeto – Fitto e i suoi non sono mai stati messi all’angolo, né tanto meno sono stato assente agli incontri. Anzi. Sono convinto che solo con Fitto si è nelle condizioni di vincere, ma dipende solo da lui: se dice sì, sì Schittulli è il nostro candidato, ce la faremo. Sia chiaro anche che io personalmente voglio vincere, ma non a qualunque costo”. Fuori dal “politichese” cosa vuol dire? “Significa prima di tutto che Fitto deve pronunciarsi una buona volta. Altrimenti si assume lui la responsabilità della sconfitta. Poi, che il prezzo deve essere sostenibile e con questo mi riferisco alla governabilità. Quanto, infine, alle ricandidature dei suoi sono auspicabili”. Non sono automatiche, però. “Di automatico, c’è solo la pistola”, ribatte Vitali. “Vanno chieste, poi sarà Berlusconi a dire la sua, l’ultima parola spetta a lui”. Come a dire, punto e a capo. Storia impossibile. Salvo un miracolo.
Massimo Ferrarese. Il referente regionale del Nuovo Centro destra, Massimo Ferrarese, ci spera ancora. “Credo nell’unità del centrodestra con Schittulli candidato governatore”, dice subito. “Sono convinto della sua forza, possibile se e solo se ci sono tutte le componenti, motivo per il quale Ncd ha fatto un passo indietro rispetto al progetto di costituire Area popolare in Puglia con l’Udc (insieme alla sinistra radicale,ndr): per questo torno a lanciare un appello a tutti i protagonisti, affinché trovino una soluzione. I margini ci sono tutti perché tra persone intelligenti (Vitali e Fitto, ndr) si dialoga. Che oltretutto sanno bene che si tratta di una questione di ore”, sottolinea. “Quanto alla situazione di Ceglie Messapica, comune monocolore Ncd in Italia, Luigi Caroli era, è e sarà il nostro candidato: ha lavorato egregiamente, per cui non c’è altra ipotesi. Bene ha hatto Argese a pronunciarsi in quel modo”. Per il finale non resta che pregare. Amen