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"I veri costi del Teatro Verdi"

BRINDISI - Riceviamo e pubblichiamo dal consigliere comunale brindisino del Pd, Enzo Albano, un intervento sulla questione dei costi reali della gestione del Tetro Verdi, ma anche sulla funzione sociale e culturale di questa struttura di cui è presidente il sindaco dimissionario, Domenico Mennitti. Nella sua analisi, Albano sostiene che ai costi certificati dal bilancio della Fondazione Teatro Verdi bisogna aggiungere quelli che compaiono invece solo nel bilancio del Comune. Quindi la spesa effettiva va ricostruita partendo da questo.

BRINDISI - Riceviamo e pubblichiamo dal consigliere comunale brindisino  del Pd, Enzo Albano, un intervento sulla questione dei costi reali della gestione del Tetro Verdi, ma anche sulla funzione sociale e culturale di questa struttura di cui è presidente il sindaco dimissionario, Domenico Mennitti. Nella sua analisi, Albano sostiene che ai costi certificati dal bilancio della Fondazione Teatro Verdi bisogna aggiungere quelli che compaiono invece solo nel bilancio del Comune. Quindi la spesa effettiva va ricostruita partendo da questo.

“Rimani a fare il presidente della Fondazione  Teatro Verdi”. E anche: “Non voglio nessuna buonuscita, il posto spetta al prossimo sindaco”. Oppure: “Non posso dare alla Fondazione  i previsti 250.000 euro relativi al 2011, forse  dopo la firma delle convenzioni”. Infine: “Il Comune può fare da solo, senza la Provincia, almeno per il prossimo anno. Questo il  gustoso siparietto dei giorni scorsi fra il sindaco del capoluogo, Domenico Mennitti, e il presidente della Provincia di Brindisi, Massimo Ferrarese.

Al centro della scena la fondazione nuovo teatro Verdi sulla quale credo sia tempo di  proporre alcune riflessioni sulla  sua funzione, sul suo futuro,  ma anche sulla sostenibilità dell’impegno economico assunto dal  Comune e sul ruolo esercitato dal consiglio comunale di Brindisi. Bisogna infatti  rilevare che nel bilancio economico  del teatro Verdi, sostanzialmente in pareggio nell’arco degli anni dal 2007 al 2010,  non è rintracciabile l’effettivo impegno economico sostenuto in questi anni dal nostro Comune, in aggiunta alla quota di 350.000 euro che versa annualmente .

Non sono infatti conosciuti a molti, perché inseriti nel bilancio del Comune di Brindisi e non in quello della Fondazione, gli ulteriori costi (milionari?) che l’amministrazione comunale ha dovuto sostenere per effetto della convenzione sottoscritta con la fondazione ed inserita nella delibera di Giunta Comunale  n. 396 del 23 ottobre 2007.

Nella stessa veniva precisato  che, per i tre anni successivi,  erano poste a carico del Comune di Brindisi le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria del teatro e  dei beni mobili situati al suo interno, quelle di manutenzione degli impianti di sicurezza e della struttura, di assicurazione a copertura del rischio di danni e di deperimento, i servizi di sala, di responsabile di sala, di sicurezza antincendio, di biglietteria, di guardaroba, di portineria, di custodia e pulizia locali, di conduzione impianti di climatizzazione, di manutenzione impianti elettrici, di macchinista, di facchinaggio, di sarta, di gestione bar, di assicurazione immobile.

Un impegno che è stato riconsiderato con un  nuovo accordo, inserito nella delibera n. 510 del 13 dicembre 2010, che ne riduce la portata,  ma che, a prima vista,  si rivela ancora gravoso. Si tratta comunque sempre di cifre importanti, delle quali sarebbe necessario verificare la sostenibilità da parte del Comune,  anche in conseguenza dei minori trasferimenti decisi dal governo centrale, per evitare che possano incidere sulla capacità di far fronte alle esigenze sempre crescenti della città e dei cittadini.

Intanto la intimazione a far da soli  come Comune, la convinzione di poter essere autosufficienti nella  conduzione di questo progetto, io le lascerei da parte, considerandola uno sfogo dettato dalla intempestività del momentaneo disimpegno economico della Provincia , anche perché non si può ragionevolmente pensare  che il teatro,  con i suoi volumi, con le sue ambizioni, possa vivere e rimanere costretto nella limitata dimensione comunale, negando  la proiezione strategica in area vasta.

Ma in questi anni è mancata la possibilità di verifica effettiva dell’andamento gestionale della fondazione da parte del consiglio comunale, l’individuazione di un efficace modello di dialettica istituzionale tra consiglio comunale e fondazione per evitare, come purtroppo è accaduto,  che il consiglio fosse svuotato dei suoi poteri di indirizzo, di verifica e  di vigilanza,  che la legge ( 133/2008 )  gli assegna  in conseguenza dell’impegno di consistenti risorse pubbliche,  e come ribadito dalla stessa corte dei conti di Lombardia  con la recentissima delibera n. 350/2011.

Ma  è venuta a mancare la speranza,  che avevamo consegnato al momento della costituzione della fondazione, di un teatro gestito e vissuto in modo diverso da quello  privato esistente in città, che non misurasse i successi solo ed esclusivamente dal numero degli spettatori o dalla qualità e quantità  delle rappresentazioni.

Perché dal nostro punto di vista il teatro comunale aveva ed ha una funzione sociale diversa da quello privato. Non deve  essere solo il luogo del grande evento, il luogo delle rappresentazione, ma deve diventare il luogo della produzione, della sperimentazione, della ricerca di nuove forme di espressioni artistiche, il luogo di accoglimento,  di stimolo  e di valorizzazione  dei talenti e dei fermenti artistici e culturali del nostro territorio, per recuperarne la storia e  le tradizioni.

Doveva diventare in ultima analisi uno dei centri motori di produzione della cultura, nella consapevolezza che la cultura è un fattore di crescita in sé, un elemento per rafforzare  e valorizzare  il senso civico e l’appartenenza identitaria di una popolazione e di cui si sente più che mai la necessità, nel momento in cui facciamo i conti con una realtà globale, che ha generato una grande solitudine. Questo il pensiero lungo che voleva offrire una prospettiva di sviluppo economico, ma doveva essere la risposta culturale del sistema  Brindisi, che doveva aprire un’epoca nuova, con fenomeni inediti e che purtroppo è ancora lontana da raggiungere".

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