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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

"Il No, il Sì, la polemica nel Pse e il Partito democratico"

Che Massimo D’Alema stia facendo campagna elettorale per il NO è noto, ed è anche noto il suo posto di responsabilità al vertice del Partito socialista europeo, il PSE

Che Massimo D’Alema stia facendo campagna elettorale per il NO è noto, ed è anche noto il suo posto di responsabilità al vertice del Partito socialista europeo, il PSE. Rimane ancora poco noto che il PSE si sia pronunciato per il SÌ e che contestualmente il vice presidente del PSE abbia sconfessato D’Alema e abbia ribadito l’impegno del PSE per il SÌ. Sorgono così due problemi assai interessanti; uno generale, ossia perché il PSE si schiera per il SÌ e poi perché D’Alema sfida il PSE e sostiene il No con determinazione?

 Il PSE è per il SÌ per ragioni politiche generali avendo scelto di governare insieme alle destre europee di ogni ordine e grado pur chiamandosi socialista e, quindi, aderendo alla visione politica che ispira la commissione europea e il suo presidente Junker che era capo del governo del Lussemburgo all’epoca della sua trasformazione a paradiso fiscale e forse proprio per questo è stato eletto a presiedere la commissione europea.

Il PSE ha votato Junker presidente quasi all’unanimità, hanno votato contro, del PSE, solo Cofferati e pochissimi altri. Bisogna anche rammentare che è stato Renzi, rompendo ogni indugio, a far aderire il PD al PSE ignorando le proteste degli appartenenti alla Margherita (gli ex democristiani, per intenderci), che non intendevano aderire, non sfugge neppure che sono stati proprio loro a divenire i più renziani fra tutti i PD, dimenticando fulmineamente l’affronto di Renzi, che gli ingenui del tempo (Bersani e Cuperlo fra tutti, ma pure D’Alema), intesero come il segno del “sinistrismo” di Renzi che aveva dato una lezioni ai vari Franceschini di turno.

Così il PD fece parte organica del PSE, quindi della politica del PSE che, nelle sue varie componenti, prima fra tutte quella tedesca, governa d’amore e d’accordo con la destra europea, proprio come in Germania, che da dieci anni è governata da più del 70% del parlamento perché SPD (socialdemocratici) e CDU (conservatori) fanno la stessa politica ed esportano il modello in Europa adattandolo alle diverse situazioni locali.

A questo sistema ha dato il suo assenso il PD, ad eccezione di quei pochi che, via via, lo hanno abbandonato (Civati, D’Attorre, Cofferati e pochi altri). Da questo si deve partire per capire che cosa è la nuova Costituzione e il sì dei conservatori italiani con a capo il PD di Renzi, fatte salve le contorsioni di un Cuperlo e di un Bersani ai quali riesce difficile pronunciare la parola NO con la necessaria nettezza.

Ma allora com’è che D’Alema, che lavora a Bruxelles per il PSE, non se ne è accorto? Come è possibile che non abbia compreso in che organizzazione si trova e qual è la politica che pratica? D’Alema sa benissimo con chi ha a che fare, sa bene che il PSE è un partito privo di idee e votato alla gestione affaristica del presente, di comune accordo con quella finanza internazionale che ha sollecitato le riforme  alle costituzioni europee, buona ultima la J. P. Morgan, la più grande banca d’affari del mondo di recente condannata da un tribunale USA a pagare una multa di trenta miliardi di dollari per la sua responsabilità nella crisi del 2008, ma pensa che non ci sia alternativa, che questo stato di cose è immutabile, che la storia non potrà mai deviare da questo corso, così rimane a farne parte tentando, nel contempo, la strada della critica interna per segnare la sua presenza e anche la poca avvedutezza dei mezzi usati per conseguire scopi che, forse, continua a condividere.

Ben venga il suo NO come anche quello di altre forze politiche, certo, ma sappia che il nostro nasce da altre esigenze e che ha la sua data di nascita dall’opposizione a una riforma che lui ha votato e che è la madre di ogni revisionismo costituzionale, la modifica dell’art. 81 della Costituzione, quella riforma che inserisce il pareggio di bilancio come dettato costituzionale e che l’intero PD ha votato. In quella riforma costituzionale si inserisce il meccanismo economico del neoliberismo in Costituzione e è da lì che è iniziato lo smantellamento di ogni riferimento ad una democrazia economica che la Costituzione del 1948 aveva introdotto nel nostro ordinamento e che ha consentito ogni progresso nell’emancipazione delle classi meno abbienti fino agli anni Ottanta del secolo scorso.

Il principio del pareggio di bilancio è solo apparentemente una norma costituzionale tra le altre. Basta ricordare la sentenza della Corte Costituzionale che dichiarava incostituzionale il blocco delle pensioni e quella che diceva la stessa cosa sul blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici e il coro degli uomini del governo Renzi che invocavano il bilancio dello Stato come vincolo allo stesso giudizio della Corte tanto che una deputata del PD ha presentato una proposta di legge in cui si esclude o si ritiene nullo il giudizio della Suprema Corte per quelle leggi che riguardano il bilancio dello Stato, la prima firmataria è l’on. Linda Lanzillotta del PD.

Si tratta di volere un bilancio non più rispettoso dei principi fondanti la nostra Costituzione, quelli contenuti nei primi dodici articoli , ma piuttosto della compatibilità di bilancio proposta dal governo, dai pochi al governo, quello che si dice, appunto, oligarchia. Il nostro NO difende la costituzione del 48 così com’era firmata dagli esponenti delle tre culture protagoniste del Risorgimento, la cattolica, la socialista e quella liberale, insieme sintetizzate in un documento che proprio per questo è fondativo e non, come la riforma che si propone, di adesione a principi neoliberisti, oggi vincenti, ma di parte perché omogenei alle classi dominanti e, quindi, oligarchici e non democratici, con buona pace di quell’improvvido filosofo che risponde al nome di Eugenio Scalfari, per non citare, per carità di patria, altri “intellettuali” a cospicua paga statale deputati del PD.

Il No con queste motivazioni è il NO del domani e ridà fiato ad un testo che i costituenti rivolsero al futuro, alle nuove generazioni di allora e di oggi perché la nostra Costituzione, come un testo classico, anche quello che conta secoli e secoli di vita, come diceva Italo Calvino che fu tra gli scrittori che revisionarono sul piano letterario il testo della Costituzione, “non ha mai finito di dire quello che ha da dire”.

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