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Giovedì, 28 Marzo 2024
Politica

Quando la casta serra i ranghi: il Consiglio regionale vuole salvare Amati e "non decide"

Lunga seduta quella odierna in cui doveva essere ratificata la sospensione del consigliere Pd di Fasano, disposta da Matteo Renzi. Un atto dovuto su cui si è acceso il dibattito. I più "garantisti" gli esponenti del centrodestra

Premessa: questo articolo non fa parte della rubrica Satyricon. E’ un pezzo serio, almeno nelle intenzioni, per quanto la realtà ce la metta tutta per fare satira senza aiutini. Ci riferiamo a quello che è accaduto nella giornata di oggi a Bari, durante una seduta del consiglio regionale della Puglia che si è a lungo avviluppato attorno a una sola questione, la sospensione ai sensi della legge Severino del consigliere regionale del Pd Fabiano Amati, condannato in primo grado a un anno e otto mesi per abuso d’ufficio e per falso (avrebbe redatto un piano di recupero del centro storico di Fasano senza tenere conto che vi ricadevano abitazioni dei suoi famigliari). Nelle assise regionali quest’oggi è andata in onda una commedia dal titolo “quando la casta si stringe attorno al condannato”, ossia un tentativo estremo e disperato di salvataggio del consigliere del Pd che è stato attuato attraverso tutte le forme possibili, dalla delibera alla mozione, e per altro trasversalmente per tramite di esponenti di forze in campo che non hanno nulla a che vedere con il Pd.

Il consiglio regionale nella seduta odierna aveva da ratificare la decisione già assunta dalla presidenza del Consiglio dei ministri, ottenuto il parere favorevole del ministero dell’Interno, che a sua volta aveva ricevuto comunicazione dal prefetto di Bari di una condanna in primo grado per il consigliere regionale Pd, riguardo lo stop amministrativo forzato che è previsto dalla legge Severino per gli amministratori locali che abbiano sul groppone una pena qualsiasi per reati contro la pubblica amministrazione. Una ratifica, dunque.

Praticamente una presa d’atto, un ‘pro forma’: solo questo, secondo l’iter fissato dalla legge Severino, spetta al consesso regionale che invece è rimasto a lungo a discorrere, a cercare una via d’uscita per Amati (e forse preventivamente per ogni componente della casta, visto che il pericolo di finire intrappolati nelle maglie della giustizia c’è per tutti) fino allo scontro. Con la  maggioranza di centrosinistra che ha minacciato di lasciare l’aula, mentre Forza Italia e Nuovo centrodestra si battevano per far passare il proprio “salvagente”.

Introna a PolignanoIl presidente del Consiglio, Onofrio Introna, prendeva atto delle deduzioni dell’avvocatura regionale, respingendo ai mittenti le proposte avanzate perché attribuivano all’assemblea poteri che non poteva arrogarsi. Cosa si è deciso alla fine? La politica tutta, di destra e di sinistra, ha deciso di non decidere. Nonostante vi sia un giudicato amministrativo, con una sentenza del Consiglio di Stato che riguarda un consigliere comunale di Parabita, che lascia pochi spiragli in materia di applicazione della legge Severino.

La Regione Puglia, ecco la formula individuata: "chiederà un parere 'pro veritate' in merito al provvedimento di sospensione del consigliere Fabiano Amati (Pd) in applicazione del decreto Severino". La “non” decisione – si legge in una nota – è stata presa dal consiglio regionale dopo che il centro destra aveva presentato "una proposta di delibera per non procedere alla sospensione, respingendo il principio di retroattività ed avocando all'assemblea legislativa la competenza a decidere in merito".

La delibera era stata presentata dal gruppo Pdl – Fi. Dopo il “no”, determinato dal parere in punto di diritto dato dall’avvocatura regionale, ecco il piano B. La mozione a firma di tre consiglieri, di Forza Italia e del gruppo I pugliesi. "Il consiglio regionale - recita la mozione - impegna la giunta ad impugnare nelle sedi giudiziarie competenti, il provvedimento di sospensione emesso nei confronti del consigliere Amati a integrazione o ad adiuvandum dell'azione messa in atto dallo stesso Amati".

Dopo la presentazione della mozione, la discussione si è accesa, al punto che la maggioranza di centrosinistra ha minacciato l'uscita dall'aula. La soluzione per il presidente del Consiglio, Onofrio Introna non poteva che essere quella di rinviare tutto alla VII commissione, perché valutasse una proposta di modifica della legge Severino da condividere, come proposto dal consigliere di Ncd, Domi Lanzillotta con altre Regioni. Ma il centrodestra non era affatto d’accordo, chiedeva ancora la votazione della mozione. Sospensione di 5 minuti. Poi la pacificazione, con la “non decisione” in extremis.

Nota di colore: l’intervento di Pino Romano, consigliere regionale del Pd, che ha voluto rivolgere “un plauso al collega Fabiano Amati per aver consentito all’Aula di approvare una legge così importante come quella sul fascicolo del fabbricato, da lui proposta quando era assessore alle Opere pubbliche”. Al collega Amati – ha concluso Romano – va l’intero riconoscimento di tutto il gruppo del Pd”. Una sorta di celebrazione, a tratti epica.

Lello Di Bari, e alla sua destra il vicesindaco Gianleo MoncalvoCosa accadrà? I giornalisti non hanno il dono della preveggenza. Va solo notato che ogni tentativo, per le vie legali, per sindaci, presidenti di amministrazioni locali, consiglieri comunali, di dribblare la legge Severino la cui ratio è tenere lontano dalla cosa pubblica fino ad assoluzione (sperata) chi sia stato ritenuto da un giudice colpevole di non averla gestita a dovere, è stato finora vano. Bocciato dai Tribunali amministrativi regionali e poi anche dal Consiglio di Stato. Perfino Lello Di Bari, sindaco Pdl di Fasano, condannato a 8 mesi in concorso proprio con Amati, ha dovuto prendere atto, senza proferire verbo e fare un passo indietro. 

Amati, insomma, non è stato sospeso. O meglio, lo è stato, dal presidente Matteo Renzi ma non del tutto: il provvedimento non è effettivo, in quanto non ancora adottato dal Consiglio regionale che ha deciso di continuare a battersi per risparmiargli l’amara sorte. Insomma, lo scontro politico è una cosa. Perché, quando c’è di mezzo la poltrona, allora sì che la casta è disposta a serrare i ranghi. Vuoi mettere una sospensione per condanna in primo grado? Chiunque prima o poi, potrebbe incapparci.  E anche se sospeso avrebbe comunque diritto all'indennità, sia pure decurtata di una percentuale non particolarmente significativa.

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