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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Politica

Sede contesa in tribunale. "Pd inerte"

FRANCAVILLA FONTANA – Sono rimasti in pochi, a Francavilla Fontana, a rivendicare in tribunale e fuori il diritto che l’immobile acquistato nel 1974 in vico Salerno con la contribuzione volontaria di tanti militanti, simpatizzanti e sostenitori rimanga all’erede politico principale di quello che fu il Partito comunista italiano, l’attuale Partito democratico. Anzi, in pochissimi: e più precisamente la moglie, due figlie, un figlio ed un nipote di Antonio Somma, partigiano, segretario provinciale del Pci, vicepresidente del Consiglio regionale pugliese. E sono gli eredi di Antonio Somma che oggi fanno un appello ai detentori di quel retaggio politico affinché con uno scatto di orgoglio facciano qualcosa in più di quanto dimostrato sino ad ora, per evitare che la sede in cui si sono alternati il Pci, poi il Pds di Occhetto, i Democratici di Sinistra ed infine il partito Democratico passi in mani private.

FRANCAVILLA FONTANA – Sono rimasti in pochi, a Francavilla Fontana, a rivendicare in tribunale e fuori il diritto che l’immobile acquistato nel 1974 in vico Salerno con la contribuzione volontaria di tanti militanti, simpatizzanti e sostenitori rimanga all’erede politico principale di quello che fu il Partito comunista italiano, l’attuale Partito democratico. Anzi, in pochissimi: e più precisamente la moglie, due figlie, un figlio ed un nipote di Antonio Somma, partigiano, segretario provinciale del Pci, vicepresidente del Consiglio regionale pugliese. E sono gli eredi di Antonio Somma che oggi fanno un appello ai detentori di quel retaggio politico affinché con uno scatto di orgoglio facciano qualcosa in più di quanto dimostrato sino ad ora, per evitare che la sede in cui si sono alternati il Pci, poi il Pds di Occhetto, i Democratici di Sinistra ed infine il partito Democratico passi in mani private.

Una sollecitazione, quella della famiglia Somma al Pd di Francavilla Fontana, che dura da tempo, ma che sin dall’inizio incontra scarsi riscontri, come se il partito non avesse a cuore la sorte della propria casa, costata sacrifici a braccianti, operai, impiegati, pensionati, ma anche a qualche commerciante e imprenditore che non volle far mancare la propria donazione. Una grossa cifra raccolta lira su lira con una sottoscrizione straordinaria, come faceva allora il Pci. Aveva un grande patrimonio immobiliare, il Partito comunista italiano: dallo storico palazzo di via delle Botteghe Oscure a Roma, a un passo da piazza Venezia e da Fontana di Trevi, all’ultima, umile sezione operaia o contadina del profondo Sud, a quelle opulente e potenti dell’Emilia Rossa. Se si poteva, si compravano, le sedi.  Per gestire queste proprietà del partito e dei suoi iscritti, il Pci fondò un adeguato numero di società immobiliari. Quella per le province di Brindisi, Lecce e Taranto si chiamava Brileta.

Nella Brileta c’era anche la sede della Federazione di Brindisi, grande modernissima, acquistata per svariate decine di milioni in un palazzo che si affaccia su via Osanna da una lato, e dall’altro su via Cappuccini e piazza Di Summa. Ma dopo il Pci, ecco i tempi del partito leggero, in cui le campagne di sottoscrizione e i soldi raccolti pazientemente vendendo l’Unità la domenica per le strade diventarono un ricordo frettolosamente sepolto. Ridotto l’autofinanziamento, rimossi i ritratti di Longo e Berlinguer dalle sezioni, ribattezzate circoli, i post-comunisti, poi democratici di sinistra hanno dovuto cominciare a vendere gli ori di famiglia: via il Bottegone, tra i rimpianti dei vecchi compagni e dei vecchi dirigenti di un partito che aveva dato filo da torcere persino al Grande Fratello della lontana Mosca. Via anche tante sezioni, via persino metà della Federazione di Brindisi, il grande salone delle riunioni e delle assemblee inaugurato da Enrico Berlinguer alla fine degli anni Settanta.

Ma la sezione di Francavilla Fontana no. Quella è sempre rimasta al partito. Sino a quanto qualcuno non ha messo in discussione tale diritto. Ecco come. All’epoca dell’operazione, nel 1974, i partiti politici erano soggetti che non possedevano la facoltà giuridica – ricordano gli eredi di Antonio Somma – di stipulare contratti di acquisto o di mutui. Pertanto si fece ricorso al solito sistema. Nel caso di Francavilla Fontana, cinque dirigenti dell’epoca (Antonio Somma, Pietro Sportillo, entrambi nel frattempo deceduti, Rosario Magazzino, Angelo Rochira e Benito Bonghi) firmarono a titolo personale, ma subito dopo sottoscrissero anche un atto privato in cui davano atto che avevano agito per conto del Pci. A distanza di molti anni, i sottoscrittori superstiti rivendicano le proprie quote di proprietà dell’immobile, pur essendo state pagate le rate del mutuo all’epoca contratto con i soldi delle sottoscrizioni.

Nel 2008 la faccenda è finita davanti al giudice civile. Le parti resistenti sono gli eredi Somma e lo stesso Pd. Ma sembra che quella del Partito democratico sia un flebile resistenza: non è stato rivendicato neppure il diritto di usucapione, non è stata fatta richiesta di trasferimento dei beni (la legge intanto è cambiata e lo consente) malgrado esista quella scrittura privata a sostenere tale diritto. Non hanno neppure risposto all’offerta degli eredi Somma di cessione gratuita al partito della quota del defunto dirigente del Pci brindisino, cosa che avrebbe potuto rafforzare in giudizio la posizione del Pd rispetto a quella dei pretendenti. La sorte della sede di vico Salerno, nel cuore del centro storico di Francavilla Fontana, rimane dunque incerta.

“Per onorare pienamente la volontà di nostro padre, Antonio Somma, uno dei firmatari deceduto con l’amarezza di non aver potuto vedere trasferito il bene al partito nonostante le tantissime incalzanti sollecitazioni ai dirigenti che si sono succeduti, siamo stati persino costretti a costituirci in giudizio per offrire ai Democratici di Sinistra e al Partito democratico la possibilità di difendere ciò che gli spetta”, scrivono nella lettera aperta Giovanna Lupo, la moglie di Somma, le figlie Concetta ed Elena, il figlio Carmine e il nipote Diego Fanelli, figlio di Clementina Somma, un’altra delle figlie purtroppo deceduta in giovane età. “Riteniamo grave che i dirigenti del Partito comunista prima, del Pds e Ds, e del Partito democratico ora, continuino ad avere una posizione debole e ambigua”, vista la rinuncia degli stessi ad accettare persino il trasferimento della quota dei Somma.

Ed ecco la ragione della lettera: “Auspichiamo, a questo punto, che possa almeno il peso dell’opinione pubblica portare i dirigenti del Partito democratico a darsi seriamente da fare e ad impegnarsi come è doveroso per entrare nella piena titolarità dell’immobile di vico Salerno al fine di assicurare che quella sede possa continuare a svolgere l’attività politica per la quale fu acquistata con tanti sacrifici di tantissimi nobili persone”.

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