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Rossi: “Lista civica? Qualcosa di più”

BRINDISI - Nel centrosinistra ci sono tre candidati sindaci che tentano di fare lo sgambetto all’uomo del laboratorio PD-Udc-NoiCentro: Giovanni Brigante, Roberto Fusco, Riccardo Rossi. Quest’ultimo ha appena presentato la sua candidatura ufficiale, sostenuta da Brindisi Bene Comune. E a Brindisi Report spiega le motivazioni di quella che in tanti apostrofano come una “avventura folle”.

BRINDISI - Nel centrosinistra ci sono tre candidati sindaci che tentano di fare lo sgambetto all’uomo del laboratorio PD-Udc-NoiCentro: Giovanni Brigante, Roberto Fusco, Riccardo Rossi. Quest’ultimo ha appena presentato la sua candidatura ufficiale, sostenuta da Brindisi Bene Comune. E a Brindisi Report spiega le motivazioni di quella che in tanti apostrofano come una “avventura folle”.

Diciamo subito che il nostro è un progetto che parte da lontano. Non è una scelta personale di Ricardo Rossi che voleva fare il candidato sindaco. Viene da un lavoro di tre anni dei movimenti Medicina Democratica, No al carbone, Circolo Valletta, Rinascita civica brindisina, e alcune delle donne che hanno animato il comitato “Se non ora, quando?”. Tutti questi soggetti hanno condotto battaglie importanti per la propria città. E quest’anno abbiamo deciso di unirci e di creare questo “spazio comune”. Non siamo la classica lista civica formata in occasione delle elezioni, ma siamo qualcosa di più.

Perché ora?

Perché bisogna rompere il meccanismo della delega. Noi vogliamo partecipare attivamente, non farci rappresentare da qualcun altro.

Parliamo di programmi.

Il nostro programma parte dalle nostre lotte e può essere sintetizzato partendo da una considerazione: a Brindisi in questa fase di crisi vengono al pettine i nodi di una contraddizione profonda, quella di una città altamente industrializzata che si ritrova con  20.000 disoccupati e con la Confesercenti che denuncia la chiusura di 750 esercizi commerciali nell’ultimo anno. Com’è possibile che una città così profondamente industrializzata abbia indicatori socio-economici così bassi? Evidentemente quel modello di sviluppo calato sulla città ha esaurito la sua forza propulsiva e addirittura sta provocando una regressione.

E quindi?

E quindi proponiamo una alternativa: in sei-sette anni bisogna trasformare a gas le centrali a carbone, e nel frattempo riduciamo subito del 30% l’uso del carbone.

L’Enel lo esclude?

Non può fare altrimenti. Ma noi dobbiamo tutelare la città, non l’Enel. Eliminando il carbone recupereremo una parte del porto e potremmo adibirla ai traffici commerciali. Libereremmo 12 chilometri di costa da quel nastro trasportatore che ha provocato la chiusura di 60 aziende agricole, e ridaremmo linfa all’agricoltura locale.

Vi rimproverano di parlare sempre e solo di carbone.

Ci dipingono come ambientalisti, ma non lo siamo in senso stretto. Noi difendiamo il nostro territorio e avanziamo una proposta di sviluppo: riconquistare zone della città oggi asservite a grandi gruppi industriali. Abbiamo 145 km quadrati del nostro territorio da bonificare: dove sono i 135 milioni di euro dell’accordo di programma stanziati da Regione e Ministero dell’Ambiente? Siano subito resi disponibili. È paradossale che un’azienda che vuole investire oggi, debba pagare per bonificare un terreno che altri hanno inquinato.

Altre idee?

Quella dei “Rifiuti 0”: più differenziata, un impianto di compostaggio per la frazione umida e impianti per la raccolta ed il riciclo di plastica, vetro e carta. I rifiuti sono una risorsa che può creare occasioni di lavoro, altro che termovalorizzatori e inceneritori. E poi “l’Acqua del sindaco”: in altre città esiste già, e fa risparmiare 300-400 euro l’anno ad ogni famiglia. Per non parlare del risparmio del Comune, derivante dal minore numero di tonnellate di plastica da smaltire.

Ora c’è anche l’emergenza porto, rimasto senza navi. Che proposte avete?

Anche il porto può diventare altro rispetto a ciò che è stato finora. Costringiamo l’Autorità portuale ad abbandonare il Seno di Levante e riqualifichiamolo, trasformandolo in un lungomare pieno di bar, ristoranti, negozi. Sviluppiamo al suo interno la nautica da diporto. L’Autorità portuale vada via a Costa Morena. E nel medio-lungo periodo bisognerà liberare anche il Seno di Ponente. Del resto, la città non potrà mai diventare turistica se non piace nemmeno ai brindisini.

Parliamo di aperture di attività commerciali mentre Confesercenti denuncia la chiusura di 750 negozi.

Se Confesercenti dice che 750 negozi hanno chiuso nel 2011, parliamo di una crisi strutturale della città. Qui la soluzione non è la riapertura dei corsi, perché 750 negozi chiudono in tutta la città, non solo al centro. Diciamo allora che i due centri commerciali hanno causato un danno enorme. E che il reddito delle famiglie brindisine è troppo basso. Allora diamo un sostegno al reddito, per reinserire queste famiglie nella società civile e dare nuova linfa al commercio. È impossibile trovare nel bilancio comunale 6 milioni di euro per aiutare le famiglie? Io penso di noi. Togliamoli al PalaEventi, che non è certo una priorità per la città. Pensiamo ad altro, al turismo, per esempio...

Come?

Facciamo come hanno fatto a Lecce, investendo con Ryanair sui week-end in città?

Lo abbiamo scritto due mesi fa su TuttoBrindisi?

Ma il problema è proprio questo. Sembra che a Brindisi manchi la capacità di elaborare progetti e proposte. Le risorse si trovano. Mettiamo in sinergia aeroporto, teatro, cultura enogastronomica, i castelli, e proponiamo una offerta turistica al passo coi tempi. Si può fare tutto. Basta volerlo fare.

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