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Scu & sigarette: prescrizione e generiche anche per Pino Rogoli

Sentenza 18 anni dopo la prima udienza del processo scaturito dall’inchiesta su latitanti e contrabbando in Montenegro: il fondatore della Sacra Corona Unita, 73 anni, è ristretto al carcere duro dal 1992 con condanna definitiva all’ergastolo. Prescrizione anche per Buccarella, Centonze, Coffa, Cavaliere

BARI – Giustizia lumaca. Lentissima al punto che la sentenza del processo di primo grado, scaturito dall’inchiesta sui latitanti della Scu in Montenegro e sul traffico di “bionde”, è arrivata 18 anni dopo la prima udienza, con il riconoscimento della prescrizione dell’accusa di associazione mafiosa per 32 imputati, compreso  il capo storico della Sacra Corona Unita, Giuseppe (Pino) Rogoli, 73 anni il prossimo agosto. E’ al carcere duro, in regime di 41 bis, dal 1992, con condanne definitive all’ergastolo per aver ordinato le esecuzioni di nemici nell’associazione mafiosa.

La sentenza

Salvatore BuccarellaLa pronuncia è del Tribunale di Bari – seconda sezione penale – collegio presieduto da Flora Cistulli. La data è 22 gennaio 2019. Per la prima udienza bisogna tornare indietro nel tempo e arrivare al 5 luglio 2001, un anno dopo l’udienza preliminare. A fare la differenza, quindi, è stato il tempo diventato causa di estinzione dei reati contestati.

Una sola condanna, per Domenico Velluto, alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione, con 800 euro di multa, previo riconoscimento delle attenuanti generiche. Più interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.

Prescrizione anche per Buccarella e altri

Prescrizione anche per 31 imputati, tra i quali i brindisini Salvatore Buccarella (nella foto al lato), alias Totò Balla, imputato per associazione mafiosa. Prescrizione per Erminio Cavaliere, Antonio Centonze, Pietro Sozzi, Renato De Giorgi, Marcello Morleo, Bruno Rillo e Damiano Coffa, gli ultimi due difesi dall’avvocato Antonio Iaia (nella foto in basso), per i quali il pubblico ministero aveva chiesto condanne a dieci anni e quattro anni di reclusione.

Le generiche a Rogoli

antonio iaia-5Le motivazioni saranno depositate nel termine di 90 giorni e solo leggendo la sentenza sarà possibile capire anche come mai il Tribunale abbia riconosciuto a Rogoli, attualmente detebuto a Viterbo, le attenuanti generiche, così come chiesto dal difensore dell’imputato, l’avvocato Cosimo Lodeserto del foro di Brindisi, facendo riferimento alla condotta processuale dell’imputato, il quale ha sempre prestato consenso all’acquisizione al dibattimento degli elementi di prova prodotti dal pubblico ministero.

La Scu e gli omicidi

Per il pm, invece, la storia processuale di Rogoli è da ostacolo al riconoscimento del beneficio. La prima condanna definitiva per l’ex piastrellista nativo di Mesagne risale niente di meno che al 1963, per un furto. Due anni dopo, condanna per rapina e porto di armi, a seguire violenza e oltraggio a pubblico ufficiale. La storia venuta a galla dai processi imbastiti sulle inchiesta dell’Antimafia sulla nascita della Sacra Corona Unita, indica Rogoli come il capo fondatore dell’associazione di stampo mafioso: la notte di Natale del 1981, quando era ristretto nel carcere di Trani. Iniziò tutto da lì, da quella cerimonia in cella, avvenuta con il placet di Umberto Bellocco, ritenuto il capo di una ‘ndrina, lo stesso che riconobbe a Rogoli l’ingresso nella ‘Ndrangheta con il grado di santista.

La prima condanna per omicidio risale al 1987, nel 1990 la prima per associazione di stampo mafioso, passata in giudicato. Tre sono stati gli omicidi addebitati a Rogoli, a partire da quello di Antonio Antonica, suo braccio destro diventato ingombrante al punto da dover essere eliminato. Cosa che avvenne il 13 febbraio 1989, nell’ospedale in cui Antonica venne ricoverato dopo essere stato ferito in maniera gravissima nel corso di un conflitto a fuoco con i fedelissimi di Rogoli. Tre uomini riuscirono a raggiungere la stanza di Antonica e fecero fuoco.

Il processo a Bari

Cosimo Lodeserto-2Nel troncone incardinato a Bari, Rogoli era imputato con l’accusa di associazione mafiosa. Sodalizio nel quale Benedetto Stano, Santino Vantaggiato, Antonio Pagano, Francesco Sparaccio, Cesario Monteforte e Bruno Rillo, sono stati indicati come “esponenti di vertice delle organizzazioni criminali di stampo mafioso operanti in Puglia” i quali “raggiunti da provvedimenti restrittivi della libertà personale adottati dalla magistratura italiana, si sottraevano alla cattura raggiungendo il Montenegro dove prendevano accordi con i titolari delle licenze di importazione dei tabacchi lavorati esteri e autorità politiche per il controllo dei traffici illeciti”. Nella foto accanto l'avvocato Lodeserto, difensore di Rogoli.

Ercole Penna, poi diventato pentito, il primo della Scu contemporanea (dopo il blitz Calypso della Dda di Lecce) veniva indicato come addetto al “recupero crediti nei confronti delle associazioni criminali minori. Rogoli, invece, prestava “il proprio rilevante contributo alla forza intimidatrice del cartello criminale degli italiani latitanti in Montenegro, assicurando con la partecipazione agli utili dei traffici illeciti, il proprio consenso alle attività del cartello”.

Le assoluzioni

Il Tribunale ha assolto  15 imputati, tra i quali il brindisino Erminio Cavaliere dall’accusa di tentata rapina perché il fatto non sussiste. Non doversi procedere per Giancarlo Corbelli, imprenditore originario di Massa Carrara, produttore di motoscafi offshore, per “ne bis in idem” perché  già giudicato e assolto per gli stessi reati, come sottolineato dal difensore, Nicola Lerario.

La Ferrari

Il Tribunale ha ordinato anche la restituzione agli imputati dei beni sequestrati anni fa, auto e somme di denaro, fatta eccezione per una Ferrari  F 355 riconducibile a uno degli imputati accusati di associazione mafiosa.

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