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Micorosa, un lago asciutto di veleni e un problema: chi pagherà

BRINDISI - Bisognerà attendere non meno di un mese per capire in che tempi sarà messa a punto, quanto costerà, e soprattutto a spese di chi la bonifica della gigantesca discarica a ridosso dell’oasi naturale della Saline. Sono più o meno questi, in previsione, i tempi contemplati per la realizzazione del progetto di bonifica recentemente assegnato dal ministero dell’Ambiente alla Sogesid, società in house dello stesso dicastero che qualche giorno addietro ha notificato la designazione al Comune di Brindisi. Il bubbone ecologico seppellito sotto terra, scomodo vicino della splendida oasi naturalista, è anche la più imponente discarica del territorio estesa su un’area di circa 40 ettari, pari ad almeno 1,5 milioni di metri cubi di carbonato e idrossidi di calcio infiltrati da clorurati organici.

BRINDISI - Bisognerà attendere non meno di un mese per capire in che tempi sarà messa a punto, quanto costerà, e soprattutto a spese di chi la bonifica della gigantesca discarica a ridosso dell’oasi naturale della Saline. Sono più o meno questi, in previsione, i tempi contemplati per la realizzazione del progetto di bonifica recentemente assegnato dal ministero dell’Ambiente alla Sogesid, società in house del dicastero dello Sviluppo economico che qualche giorno addietro ha notificato la designazione al Comune di Brindisi. Il bubbone ecologico seppellito sotto terra, scomodo vicino della splendida oasi naturalista, è anche la più imponente discarica del territorio estesa su un’area di circa 40 ettari, pari ad almeno 1,5 milioni di metri cubi di carbonato e idrossidi di calcio infiltrati da clorurati organici.

I risultati delle caratterizzazioni messe a punto per determinazione del Comune capoluogo, costate 650mila euro, più 135mila destinati alle analisi dell’Arpa (fondi Fas), hanno portato alla luce i veleni sversati e tuttora sepolti nelle viscere della terra, fra cui dicloroetilene, il famigerato cloruro di vinile, benzene, arsenico, e altri contaminanti per volumi complessivi che superano di 4 milioni i limiti consentiti dalla legge, fino a cinque metri di profondità. E’ a seguito di carotaggi e indagini che l’ente locale ha esposto il problema al ministero, in sede di conferenza dei servizi. Da qui l’incarico assegnato alla Sogesid, alla quale spetterà anche la quantificazione delle risorse necessarie ad effettuare l’imponente intervento di bonifica, che costerà una quantità imprecisata di milioni di euro.

Già. Ma a carico di chi? “Abbiamo fatto presente ai nostri interlocutori ministeriali che il Comune di Brindisi non dispone delle risorse necessarie all’intervento, dunque a questo interrogativo – risponde l’assessore Cesare Mevoli – replicheranno gli enti deputati, individuando le società responsabili dell’inquinamento in danno delle quali dovranno essere eseguiti i lavori, come prevede il Codice dell’Ambiente. Gli enti chiamati a indicare le società in questione altri non possono essere che la Provincia per competenze in materia ambientale, o meglio lo stesso Ministero dell’Ambiente che conta competenze specifiche sui Siti di interesse nazionale (Sin) come quello di specie”.

I terreni su cui giacciono lo stabilimento e la discarica risultano essere di proprietà della Micorosa, società a responsabilità limitata che nel 1992 tentò di realizzare una grossa operazione di trasformazione e industrializzazione delle scorie, il cui legale rappresentante è il calabrese Giuseppe Bonavota, mentre fra i soci figura il presidente della Provincia Massimo Ferrarese (in qualità di privato imprenditore). La presenza di Ferrarese nell’assetto societario dovrebbe escludere la ipotesi che sia la Provincia stessa a individuare in danno di chi dovrebbero essere eseguiti le operazioni di bonifica. Il passaggio di proprietà del sito, fu suggellato nero su bianco il 27 febbraio del 1992, data in cui Enichem Anic cedette a Micorosa e all’ex dipendente Bonavota la discarica sul confine sud-est del Petrolchimico, ufficialmente per ricavare proprio carbonati di calcio da quelle scorie, appartenuta ancora originariamente a Montedison.

Erano i tempi in cui i residui di lavorazioni chimiche, in questo caso del ciclo dell’acetilene, potevano finire semplicemente all’aperto, a ridosso della spiaggia. Il sito Micorosa è un tetro monumento dell’epoca, scarti di lavorazione industriale sversati nel grande stagno costiero – come gli altri scampati poco più a sud - perché l’acqua stabilizza le temibili polveri. A un anno dall’acquisizione del sito da parte di Micorosa, esattamente nel 1993, l’Enel bandì una gara internazionale per la fornitura di carbonato di calcio e calce idrata per i filtri delle proprie centrali, e Micorosa se la aggiudicò assieme ad una associazione di imprese in cui c’erano anche altre aziende del Brindisino.

Micorosa sarebbe stata in grado di produrre 2mila quintali al giorno di calce idrata, ma Enel non diede mai corso a quell’appalto di fornitura. Fu il principio e la fine di Micorosa, dichiarata fallita nel 2006. La procedura fallimentare, la curatela della quale è affidata all’avvocato Paolo Perrone, è tuttora in corso in attesa di definire il da farsi: “Gli unici beni di proprietà della Micorosa – sottolinea il legale – sono i terreni e lo stabilimento stesso”, e aggiunge, lapidario: “Quel che è certo è che l’inquinamento non è imputabile alla società”. Alle annose vicissitudini si sommò, nel 2007, il sequestro disposto dal sostituto procuratore Giuseppe De Nozza, sigilli apposti dalla guardia di Finanza, inchiesta penale relativa non ai fanghi seppelliti sotto terra, ma allo scempio di rifiuti pericolosi abbandonati in superficie. I sigilli sono stati successivamente rimossi, i responsabili mai individuati.

Resta adesso tutto intero il dilemma su chi dovrà affrontare le ingentissime spese di ripulitura e rigenerazione del sito. A carico di chi inquinò, secondo il Codice dell’Ambiente citato dal Comune? Oppure a carico di Micorosa, seguendo l’orientamento dell’Accordo di programma quadro del 6 dicembre del 2007, sottoscritto da Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Commissario di Governo per l’emergenza ambientale, Regione Puglia, Provincia, Comune e Autorità Portuale di Brindisi? Secondo quell’Accordo, le società subentrate nell’acquisizione dei siti delle zone industriali debbono farsi carico delle operazioni di bonifica. Se la seconda delle due ipotesi dovesse essere avvalorata, per Micorosa alla beffa si aggiungerebbe il danno incalcolabile delle spese di bonifica. Ma con quali soldi se la società è fallita da cinque anni?

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