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Venerdì, 29 Marzo 2024
Ambiente

Polveri&Carbone:"Lo sapevano"

BRINDISI – Sono i giorni della protesta degli agricoltori brindisini dopo la perimetrazione di una parte delle aree agricole di Cerano considerate contaminate in base a caratterizzazioni ed analisi condotte su disposizione del Commissario straordinario per l’emergenza ambientale della Puglia, e in cui un’ordinanza del sindaco Domenico Mennitti impone il divieto di coltivazione, raccolta e consumo delle produzioni. I coltivatori vogliono raggiungere il municipio e rovesciare davanti ai cancelli di palazzo di città l’uva che nessuno può vendere e mangiare. La Digos li convince a desistere, ma quell’uva annerita da una polvere scura induce il vicequestore Vincenzo Zingaro ed alcuni investigatori a farsi condurre sino ad una delle auto dove è stato caricato il prodotto.

BRINDISI – Sono i giorni della protesta degli agricoltori brindisini dopo la perimetrazione di una parte delle aree agricole di Cerano considerate contaminate in base a caratterizzazioni ed analisi condotte su disposizione del Commissario straordinario per l’emergenza ambientale della Puglia, e in cui un’ordinanza del sindaco Domenico Mennitti impone il divieto di coltivazione, raccolta e consumo delle produzioni. I coltivatori vogliono raggiungere il municipio e rovesciare davanti ai cancelli di palazzo di città l’uva che nessuno può vendere e mangiare. La Digos li convince a desistere, ma quell’uva annerita da una polvere scura induce il vicequestore Vincenzo Zingaro ed alcuni investigatori a farsi condurre sino ad una delle auto dove è stato caricato il prodotto.

L’agricoltore Cosenti e l’Arpa - L’agricoltore Teodoro Cosenti apre il bagagliaio della sua vettura, e dentro ci sono decine di chili di grappoli e foglie fittamente pigmentati di nero. La Digos sequestra tutto, e nei giorni successivi, con i decreti del pm, polizia e Arpa vanno nel vigneto di Cosenti ad effettuare prelievi di uva secondo le procedure indicate per l’acquisizione di reperti da sottoporre ad analisi. Ma i risultati di queste analisi tardano, malgrado le sollecitazioni. Al Dap Arpa di Brindisi arriva anche un invito a far presto da Bari. Ma il risultato è deludente. Cosa hanno estratto dai campioni di uva, dopo un lavaggio, i laboratori Arpa di Brindisi? “Polvere nerastra non separabile”, dice più o meno il referto. Insomma, non c’è scritto neppure se si tratta di carbone o meno.

Ma non è finita. Cosenti si vede recapitare da un lato una fattura di 600 euro sempre da Arpa per prelievi e analisi, dall’altro sempre un avviso di garanzia perché l’Arpa lo ha denunciato per violazione dell’ordinanza sindacale (articolo 650 del codice penale, mancato rispetto di un ordine dell’autorità), per aver prelevato uva in zona proibita. Sembra una beffa, ma l’agricoltore finisce davanti al giudice in un aula del tribunale di Brindisi. C’è però un macroscopico errore di fondo: le particelle catastali in cui si trova il vigneto annerito dalla “polvere nerastra non separabile” non ricadono nel perimetro dei terreni interdetti, e grazie alla deposizione proprio di un investigatore della Digos l’agricoltore Cosenti viene assolto.

La perizia Minoia - Storia esemplare per tratteggiare i contorni di un rapporto tra territorio brindisino e industria in cui le vittime rischiano persino di passare per colpevoli. E di storie di tal genere ve ne sono tante, troppe. Quella “polvere nera non separabile”, dirà poi il consulente tecnico della procura di Brindisi, Claudio Minoia, era polvere di carbone. Ciò viene stabilito nel corso di una breve campagna di prelievi cui partecipano nell’ottobre del 2009, a oltre due anni dall’ordinanza del sindaco, un nutrito gruppo di consulenti di parte di Enel, e quelli delle parti lese. Nove campionamenti in sette giorni. La perizia, depositata nell’autunno del 2011, dice chiaramente che il carbone rilevato nelle abitazioni rurali e sulle colture arriva dal carbonile di Cerano, e l’intensità dei depositi è legata al regime dei venti. Il perito della procura dice anche che il carbonile di Cerano è sprovvisto delle misure idonee ad evitare tale dispersione.

I video, i documenti e i pc dei dirigenti - Ma non c’è solo quella perizia alla base delle indagini di cui i pm Giuseppe De Nozza e Myriam Iacoviello hanno notificato la conclusione a 13 dirigenti e quadri Enel, e a due imprenditori brindisini incaricati della pulizia e della gestione del carbonile di Cerano. Ci sono i video che riprendono le nubi di polvere di carbone che si sollevano dal gigantesco carbonile scoperto della centrale termoelettrica di Cerano; ci sono i riscontri negli atti sequestrati a Roma e Brindisi. E ci sono i file trovati dalla Digos negli hard – disk dei computer di dirigenti di primo piano, il capolavoro e il punto cruciale dell’inchiesta. Proprio i riscontri informatici hanno consentito agli investigatori e ai pm di estendere a ritroso dal 2011 sino al 2000 l’arco di tempo in cui dal carbonile di Cerano la dispersione delle polveri di carbone è stato un fenomeno costante ed evidentemente non padroneggiabile da parte dell’Enel.

La consapevolezza del danno – Emergerebbe, da tutto ciò, una palese consapevolezza nei dirigenti Enel in questione dei limiti nel controllo del carbonile dove sono stati stoccati milioni di tonnellate di carbone su un’area di 125mila metri quadrati, in grado di contenere 750mila tonnellate di minerale. Vi è la traccia costante che l’Enel ai massimi livelli sapeva bene anche che il nastro trasportatore non era a tenuta stagna, che il carbonile non era pienamente controllabile, che la qualità del carbone non fosse delle migliori. Comunicazioni riservate interne che ora sono nel fascicolo dei magistrati del pool ambientale della procura. Assieme alle tracce evidenti di relazioni tra l’azienda e qualche dirigente sindacale che rilevano una sorta di sovranità limitata di questi ultimi (non di tutti). Non è un quadro edificante, quello che emerge da questa indagine, certamente la più importante su problemi ambientali mai condotta a Brindisi. Un lavoro di accertamento minuzioso, quotidiano, in cui è la polizia giudiziaria che svolge i compiti che toccherebbero ad altri enti, Arpa in testa, e su cui questo processo aprirà inevitabilmente discussioni.

Le ipotesi di reato – Questo insieme di riscontri obiettivi, la perizia Minoia, inducono i sostituti procuratori De Nozza e Iacoviello a ipotizzare le circostanze del concorso continuato in getto di cose pericolose, danneggiamento e imbrattamento di abitazioni e colture agricole con relative aggravanti (articoli 674, 635 3 639 del codice penale), per aver omesso di adottare, o di segnalare la necessità di ciò, misure idonee ad impedire la ripetuta diffusione delle polveri da carbone oltre il perimetro della centrale e lungo l’asse attrezzato in cui scorre il nastro trasportatore del carbone. Misure che potrebbero comprendere la copertura del carbonile, la chiusura del nastro e delle torri di scarico e ripresa, la pulizia frequente del nastro stesso e delle sue aree di servizio, un uso continuativo dei fog cannon per l’abbattimento delle polveri del carbonile, l’irrorazione costante dei cumuli di carbone con un prodotto filmante (usato, a quanto pare, solo due volte la settimana), ed altro.

Le parti lese – Gli agricoltori danneggiati, in base alle denunce ed ai riscontri di polizia giudiziaria, sono più degli otto di cui il consulente tecnico dei pm monitorò abitazioni e colture. Sono ben 23 le aziende agricole e 33 le persone prese in considerazione nell’avviso di fine indagini: Antonio e Massimo Spedicato (meloni); Vito Panettieri (meloni); Giuseppe De Leo (meloni); Francesca Greco (carciofi e meloni); Giovanni Spedicato (carciofi); Raffaele Spedicato (meloni, carciofi e pomodori); Michele e Luigi Zinzeri (meloni e carciofi); Teodoro Cosenti (vigneti); Annibale Gioia (vigneti); Antonio e Pasquale Febbraro (vigneti); Cesare Masi (vigneti); Giuseppe Nigro (vigneti e carciofi); Desiderio Allegretti (carciofi); Romeo De Falco (carciofi); Vincenzo Fornaro (vigneto); Carmine e Antonio Manfreda (vigneti); Angelo, Maria e Santo Massaro (vigneti, carciofi e grano); Salvatore Prefetto (vigneto); Carmine, Cosimo e Teodoro Romano (vigneto); Marco Mitrotta (vigneto); Augusto Micello (meloni e carciofi); Tommaso e Antonio D’Andria, Maria Picoco, deceduta (grano e carciofi); Antonio Stifani (grano e verdura).

Gli indagati - Lorenzo Laricchia, responsabile del nastro trasportatore del carbone; Giuseppe Varallo, 50 anni, responsabile nastro trasportatore;  Diego Baio, 53 anni,  responsabile protempore dell’ufficio Ambiente e sicurezza di Cerano;  Calogero Sanfilippo, Luciano Pistillo e Antonino Ascione, tutti e tre ex responsabili dell’Unità di business Brindisi-Cerano, e l’ex capo centrale Vincenzo Putignano. Quindi Luca Screti, 40 anni, residente a San Pietro Vernotico, titolare della ditta “Nubile” e Aldo Cannone, 59 anni, brindisino, titolare della impresa omonima, addetti al trasporto carbone; Sandro Valery, responsabile protempore area business Enel Produzione; Fausto Bassi, Unità Business Cerano; Giammarco Piacente, unità operativa Esercizio Ambiente e Sicurezza a Cerano; Fabio De Filippo, stesso settore di Piacente;  Massimo Distante, Movimentazione combustibili Cerano; Giovanni Madia, idem. Tredici notifiche sono state eseguite dalla Digos della questura di Brindisi, una dai carabinieri del Noe, due dalla Guardia di Finanza.

La salute – Come per la vicenda delle torce di emergenza del Petrolchimico consortile utilizzate invece come termodistruttori non autorizzati di rifiuti speciali pericolosi, anche per la dispersione delle polveri da carbone Enel la procura di Brindisi ha deciso di seguire la strategia della separazione della fase delle investigazioni e delle contestazioni sui reati ambientali da quella sul danno presumibile alla salute pubblica. Si presume perché quest’ultima materia inchioderebbe l’intero procedimento ad anni di perizie e controperizie, ma non è detto che non vi sarà quella seconda fase che dovrà fare luce, e poi giustizia sulle cause delle malformazioni neonatali, e delle percentuali di carcinomi e leucemie anomale che pesano come una minaccia costante sulla popolazione brindisina.

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