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Giovedì, 25 Aprile 2024
Ambiente

Sì al piano Enel, resta il nodo-canali

BRINDISI – Enel stamani ha ricevuto il primo via libera, quello locale, ad un piano di emergenza per lo svuotamento del nastro trasportatore allagato, necessario per evitare il blocco dell’attività produttiva della centrale “Federico II” di Cerano. L’ok è arrivato da un tavolo tecnico convocato dal prefetto Nicola Prete, cui hanno partecipato oltre ad Enel e a Confindustria Brindisi, il Dap Arpa di Brindisi, il comando provinciale dei Vigili del Fuoco, Provincia, Comune capoluogo, che hanno concordato con il progetto presentato dalla società elettrica.

BRINDISI – Enel stamani ha ricevuto il primo via libera, quello locale, ad un piano di emergenza per lo svuotamento del nastro trasportatore allagato, necessario per evitare il blocco dell’attività produttiva della centrale “Federico II” di Cerano. L’ok è arrivato da un tavolo tecnico convocato dal prefetto Nicola Prete, cui hanno partecipato oltre ad Enel e a Confindustria Brindisi, il Dap Arpa di Brindisi, il comando provinciale dei Vigili del Fuoco, Provincia, Comune capoluogo, che hanno concordato con il progetto presentato dalla società elettrica.

Il piano di emergenza è collegato all’autonomia ormai ridottissima della centrale, che è stata calcolata in quattro giorni sulla base delle scorte di carbone disponibili. Sino al ripristino della funzionalità totale del nastro, si farà ricorso al trasporto del carbone su gomma, con una spola tra il molo di Costa Morena e la termoelettrica di Brindisi Sud. Il nodo dello stoccaggio dell’acqua, che non può essere scaricata in altri corpi idrici né in mare, Enel ritiene possa essere risolto facendo ricorso ad un grande serbatoio che era stato utilizzato in passato per la riserva di olio combustibile.

Il serbatoio è vuoto e bonificato, ha detto Enel, e può accogliere le acque meteoriche che si sono riversate nella trincea del nastro trasportatore allagandone alcuni tratti, e che saranno trasportato sempre su gomma. Le acque successivamente saranno utilizzate per integrare i fabbisogni produttivi della centrale (che acquista l’acqua necessaria per la generazione del vapore delle turbine), e al termine del ciclo sarò trattata dai sistemi di ambientalizzazione della centrale, che dispone di un cristallizzatore, per rientrare quindi nel ciclo.

“La soluzione prospettata è stata condivisa dagli enti partecipanti al tavolo – fa sapere la prefettura – ferma restando ogni altra ulteriore iniziativa da adottarsi per la soluzione definitiva del problema”. Che, come è evidente, è legata, al livello del rischio idrogeologico rappresentato dai canali della zona privi di manutenzione. L’equazione è semplice: in presenza di nuove precipitazioni come quella del 15 gennaio, gli allagamenti si ripresenteranno puntualmente, a meno che non si metta mano con urgenza alla liberazione del letto dei canali stessi.

Non ha alcun senso approntare piani di emergenza per l’evacuazione, lo stoccaggio e il trattamento delle acque che finiscono nella trincea del nastro trasportatore del carbone, se poi il fenomeno dovesse ripetersi altre volte. Quindi c’è una questione preliminare: la bonifica dei canali. E’ stata considerata, e chi dovrà farsene carico? L’Enel, nel lungo contenzioso con il Consorzio di bonifica dell’Arneo, si era offerta di provvedere con mezzi propri, ma non può farlo dal punto di vista normativo e amministrativo, è stato risposto.

Quindi, senza verifica dello stato dei canali e senza i conseguenti interventi, le attività dei prossimi giorni saranno un pannicello caldo. Che però costerà parecchio ad Enel, senza contare gli esiti delle attività affidate dal pm Iolanda Daniela Chimienti ai carabinieri del Noe di Lecce e alla stessa Arpa. Il convitato di pietra alla riunione di questa mattina era dunque il Consorzio di bonifica dell’Arneo. Resta da chiedersi: dove sarebbero finite le acque tracimate dai canali se la trincea della nastro trasportatore non avesse fatto da valvola di sfogo (a caro prezzo)?.

Bisognerebbe ricordare che nell’elenco dei rischi ambientali, oltre a quelli della contaminazione delle acque, del terreno e dell’aria c’è anche il rischio idrogeologico. Di cui però anche molte associazioni ambientaliste locali parlano molto poco. Tornando all'emergenza di questi giorni, il piano di svuotamento scatterà dopo che Ministero dell'Ambiente e Ispra avranno dato da Roma il via libera. Sino ad allora le idrovore resteranno spente.

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