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Sabato, 20 Aprile 2024
Ambiente

Trieste e Brindisi pari non sono

La notizia è vecchia di cinque giorni, ma alla luce dello scambio di critiche tra il consigliere comunale di Brindisi Bene Comune e il segretario della Cisl, Corradino De Pascalis, vale la pena riprenderla affinché sia chiaro come per Brindisi venga usato un metro diverso.

La notizia è vecchia di cinque giorni, ma alla luce dello scambio di critiche tra il consigliere comunale di Brindisi Bene Comune e il segretario della Cisl, Corradino De Pascalis, vale la pena riprenderla affinché sia chiaro come per questa città, e per questo porto, anche il metro di giudizio utilizzato dal Ministero dell’Ambiente sia diverso, in questo caso, rispetto a Trieste. Il 25 aprile l’Ansa ha fatto sapere che iI ministro per l'Ambiente Corrado Clini ha detto stop alla Via per il Gnl al largo di Trieste perchè ''non ci sono elementi sui vincoli che le fasce di sicurezza imporrebbero al traffico marittimo e sulle acque territoriali di Slovenia e Croazia''. Il 5 aprile Clini aveva sospeso per 180 giorni anche il Via al rigassificatore di Gas Natural, quest’ultimo progetto sulla terraferma rispetto all’altro che è offshore.

Nel caso di Brindisi, dove il progetto del rigassificatore di British Gas all’imbocco del porto prevedeva la sospensione per almeno due ore del traffico in entrata e in uscita all’arrivo e all’attracco delle gasiere, questo intralcio ai traffici, con le operazioni di scarico del gas a poche centinaia di metri di altri impianti a rischio e dal canale di accesso-uscita del porto, non è stato considerato nello stesso modo. Dov’è a Brindisi il miglio nautico di rispetto imposto per i rigassificatori off-shore? Semplicemente non esiste, come se la sicurezza di questa città e dei sui traffici commerciali valesse molto, ma molto meno di quella di Trieste, o di Rovigo. Per la cronaca, e a completamento della notizia del 25 aprile, Clini ha scritto anche al collega sloveno, Dejan Zidan, auspicando che si considerino "le problematiche ambientali dell'Alto Adriatico in un contesto unitario e allargato".

Questa obiettiva “sottoclassificazione” di Brindisi e del suo porto sul piano dell’area di sicurezza che andrebbe imposta per gli impianti di rigassificazione (qui si è giunti anche a tentare di stiracchiare il caso Barcellona con l’appoggio di Gas Natural, qualche anno fa, per avallare l’operazione British Gas, come se la compagnia spagnola potesse svolgere un ruolo terzo ed imparziale, e il caso Trieste dimostra il contrario), avrebbe solo fatto risparmiare soldi alla compagnia inglese che voleva il suo impianto “solo ed esclusivamente” a Capo Bianco, non off-shore, non fuori dal porto, non nella semideserta ormai area del petrolchimico, proprio per operare con un budget ridotto.

Per questa ragione, quando De Pascalis dice “spero che il buon senso prevalga, da parte di tutti. È giusto chiedere investimenti in ambientalizzazioni, è giusto rivendicare attenzione alle problematiche ambientali, è giusto pretendere le migliori tecnologie. Ma dico no alle chiusure, alle dismissioni e alle delocalizzazioni. Vogliamo lavorare in sicurezza, ma vogliamo lavorare!”, è inevitabile pensare che siamo alla vigilia della presentazione del piano industriale di A2A, che per la centrale Edipower di Brindisi si dice voglia proporre la combustione mista carbone-combustibile da rifiuti urbani. Un’altra azienda che dai 400 milioni di investimenti annunciati in altra situazione e altri scenari, dalla trasformazione parziale della termoelettrica di Brindisi Nord a ciclo combinato, si ripresenta oggi con un piano B che serve solo a fare cassa.

Perché non bisognerebbe indignarsi, arrabbiarsi, o chiedere altre soluzioni? Quale stabilità di lavoro hanno garantito da Edipower, che pure utilizza gratuitamente una banchina senza essere titolare di concessione demaniale marittima, e movimenta il carbone scaricandolo dalla nave sui camion, senza che nessuno vada a misurare la polverosità di quel processo mentre su Enel – paradossalmente – c’è il fucile spianato? Qual è il piano dei sindacati per il lavoro a Brindisi? Accettare sempre tutto, anche il tipo di appalti e subappalti che porta poi gli operai a salire sui nastri? Oppure alle chiamate in massa di lavoratori disoccupati per la grandi manutenzioni, autentici stagionali delle costruzioni meccaniche? Oggi non si può, purtroppo, rinunciare a nulla, ma questo non vuol dire accettare tutto, altrimenti il futuro di questa città si continuerà a decidere a Milano e a Roma. Dove la sicurezza, e il lavoro, di Brindisi valgono meno di quelli di Trieste.

Il sindacato brindisino non può neppure recriminare contro la politica, perché ciò che c’è è anche frutto del sostegno ricevuto dai sindacati. La città riceve esattamente ciò che la sua forza contrattuale, politica e sindacale, le consente di chiedere e pretendere. Oggi è urgente ricevere le risorse per avviare le bonifiche, che saranno uno dei motori del cambiamento assieme al settore aerospaziale e a diverse relazioni tra grandi gruppi e imprese locali nel settore meccanico ed edile, e alla crescita di nuove attività commerciali del porto accanto a quelle legate ai combustibili. Se Edipower vuole bruciare Css assieme al carbone, solo per garantire un centinaio di posti di lavoro, forse hanno ragione quelli che dicono si smonti tutto e si bonifichi quel sito, si ricollochino i lavoratori altrove senza perdere un solo posto. Ci sarà certamente più lavoro.

 

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