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Caos a Manduria: alta tensione attorno alla tendopoli e Maroni chiude le porte

MANDURIA - Un pentola pronta a esplodere. L’aria attorno alla tendopoli di Manduria si fa ogni ora più pesante. Attorno al Centro sale la tensione e le forze dell’ordine, costrette a fronteggiare l’emergenza, sono impegnate a ristabilire l’ordine nel campo profughi. Ma la situazione è incandescente. “Fuggiamo perché abbiamo fame e qui non c’è da mangiare”, avrebbero raccontato alcuni emigranti, quasi a giustificare l’allontanamento dal Centro. Un problema in più, quello dei pasti insufficienti, che si aggiunge alla già complessa gestione di un’area inadeguata ad ospitare il fiume umano di profughi provenienti da Lampedusa. E così è il caos. Un immigrato ospite della tendopoli ha tentato di darsi fuoco per protesta ma è stato bloccato dagli agenti. Nel confusione provocata dall'episodio un funzionario della polizia, il dirigente dell'ufficio immigrazione della questura di Taranto, Antonio Calcagni, è rimasto colpito al volto dal cancello d'ingresso della tendopoli rimanendo ferito. Il funzionario è stato medicato nell'ospedale di Manduria, dove gli sono stati praticati due punti di sutura. Un altro migrante si è arrampicato su un albero e ha minacciato di impaccarsi.

MANDURIA - Un pentola pronta a esplodere. L’aria attorno alla tendopoli di Manduria si fa ogni ora più pesante. Attorno al Centro sale la tensione e le forze dell’ordine, costrette a fronteggiare l’emergenza, sono impegnate a ristabilire l’ordine nel campo profughi. Ma la situazione è incandescente. “Fuggiamo perché abbiamo fame e qui non c’è da mangiare”, avrebbero raccontato alcuni emigranti, quasi a giustificare l’allontanamento dal Centro. Un problema in più, quello dei pasti insufficienti, che si aggiunge alla già complessa gestione di un’area inadeguata ad ospitare il fiume umano di profughi provenienti da Lampedusa. E così è il caos.

Un immigrato ospite della tendopoli ha tentato di darsi fuoco per protesta ma è stato bloccato dagli agenti. Nel confusione provocata dall'episodio un funzionario della polizia, il dirigente dell'ufficio immigrazione della questura di Taranto, Antonio Calcagni, è rimasto colpito al volto dal cancello d'ingresso della tendopoli rimanendo ferito. Il funzionario è stato medicato nell'ospedale di Manduria, dove gli sono stati praticati due punti di sutura. Un altro migrante si è arrampicato su un albero e ha minacciato di impaccarsi.

Frammenti di un clima infuocato che rischia di infiammarsi ulteriormente proprio sotto l’aspetto che i residenti temevano di più, ovvero quello legato alla gestione dell’ordine pubblico. Sono 1.602, secondo dati non ancora ufficiali, gli immigrati tuttora ospitati nella tendopoli di Manduria dopo gli arrivi e le fughe registrate tra ieri e oggi. Sarebbero dovuti essere 2.300, ma per una serie di circostanze  - come per esempio un varco nella recinzione per lavori in corso - circa 700 ne hanno approfittato per allontanarsi dal momento che la quasi totalità dei migranti ha l'obiettivo di lasciare l'Italia per raggiungere connazionali e famigliari già stabilitisi da tempo in altri paesi, soprattutto in Francia e in Germania.

Alcune centinaia degli immigrati tuttora nel campo di Manduria sono stati rintracciati e riportati nel centro dalle forze di polizia durante la notte: sono stati trovati soprattutto nelle stazioni ferroviarie di Taranto, di Oria (Brindisi) ma anche di Bari, dove tentavano di prendere treni per il nord Italia, e anche lungo le strade statali e provinciali della zona. Un altro gruppo di immigrati (circa 40) fuggiti ieri da Manduria sono stati rintracciati nelle campagne della Basilicata e accompagnati nell'area della tendopoli di Palazzo San Gervasio (Potenza).

Da ieri, intanto, una circolare del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, vieta l'accesso al campo per tutti, tranne che per i rappresentanti delle organizzazioni umanitarie. Campo off limits, dunque, anche per giornalisti e cameramen e fotografi. Sono 500 le unità delle forze di polizia impegnate all'interno e all'esterno della tendopoli, praticamente più del doppio di quelle che avevano operato nei primi giorni. I dati provengono dalla Questura di Taranto.

Nella tendopoli sono impegnate nelle 24 ore 360 unità suddivise in quattro turni. Altre 60 unità, sempre divise in quattro turni, controllano l'esterno della tendopoli e il territorio circostante, compresi i centri urbani. Sempre all'esterno, nelle campagne, sono impegnate nei controlli una quindicina di unità tra carabinieri e forestali a cavallo. A tutto questo personale si aggiungono i dirigenti e funzionari della questura.

E proprio tra le forze di polizia, monta il disagio e la polemica, dopo le accuse piovute ieri a seguito della fuga di massa dal centro: “È falsa l'accusa ai poliziotti di essere conniventi nel permettere le fughe degli immigrati dai centri di accoglienza”. Lo afferma il segretario generale del sindacato di polizia Siulp, Felice Romano. «È veramente inammissibile - dice Romano - che in un Paese civile e democratico quale è il nostro, esistano 'soloni e tuttologi improvvisatì i quali, di fronte ad un dramma umano come quello che i poliziotti stanno gestendo, anzichè aiutarli nel sollecitare l'Europa a fare la propria parte e ad assumersi anch'essa l'onere di ospitare una parte di questo marea umana che sta invadendo l'Italia, non trovano nulla di meglio da fare che mancare di rispetto alla dignità di queste persone e oltraggiare i poliziotti e l'intera istituzione che si sta facendo carico di gestire questo dramma».

«In queste ore - ricorda il segretario del Siulp - i poliziotti, con grande spirito di abnegazione e di sacrificio, stanno cercando di gestire al meglio una tragedia da tutti, a parole, definita epocale, ma da pochi, troppo pochi, riconosciuta in concreto come tale». Altro, sottolinea, «che connivenza per far fuggire questi cittadini dai centri che li ospitano. Gli unici scontri che si sono verificati, proprio a Manduria, sono stati dettati dall'intervento dei poliziotti non solo per evitare che gli stranieri si allontanassero, ma anche per riportare nel Centro coloro che se ne erano allontanati».

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