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Giovedì, 28 Marzo 2024
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A2A scopre le carte, no dal sindaco

BRINDISI – Il futuro della centrale termoelettrica di Costa Morena – Brindisi Nord, secondo Edipower ed A2A, si fonda su un derivato dei combustibili da rifiuti brevettato dalla stessa A2A.

BRINDISI – Il futuro della centrale termoelettrica di Costa Morena – Brindisi Nord, secondo Edipower ed A2A, si fonda su un derivato dei combustibili da rifiuti prodotto secondo un brevetto della stessa A2A che ha effettuato sperimentazioni di co-combustione con il carbone a Monfalcone, Brescia e Pavia, ma che intende industrializzare “con un investimento al Sud”, cioè a Brindisi. Di fatto, la centrale di Costa Morena sarebbe la prima in Italia a far funzionare un gruppo termoelettrico a carbone con l’impiego di percentuali di questo derivato del Cdr (Combustibile da rifiuti) e del Css (Combustibile solido secondario), entrambi frazioni secche del ciclo dei rifiuti solidi urbani, utilizzabili tal quale solo n ei termovalorizzatori.

Ma una centrale a carbone ha un sistema di alimentazione dei bruciatori completamente diverso, e A2A non intende fare dell’impianto di Costa Morena un termovalorizzatore. Da qui il nuovo combustibile che, ha spiegato stamani in Confindustria Brindisi, in un incontro meno affollato rispetto a quello di poco prima a Palazzo Nervegna con l’amministrazione comunale e le associazioni ambientaliste, il direttore generale dell’area tecnica operativa di A2A, l’ingegnere Paolo Rossetti, è stato progettato e processato per le centrali, ed è ricavabile attraverso un sistema meccanico e fisico di triturazione non invasivo.

Il “combustibile alternativo” di cui aveva già parlato la multiutility che controlla Edipower è questo, è stato mostrato ai giornalisti, e potrebbe essere prodotto in un impianto localizzabile in un sito nel raggio di 20 chilometri dalla centrale, dove confluirebbero il Cdr e il Css non solo della provincia di Brindisi, ma anche di altre province. Il quantitativo di combustibile alternativo che Edipower intende impiegare assieme al carbone “adaro” indonesiano a basso tenore di zolfo, è di circa 60mila tonnellate annue, sostituendo il 10 per cento delle 600mila tonnellate di carbone impiegate in media dalla centrale di Brindisi, ha spiegato l’amministratore delegato di Edipower, Massimiliano Masi.

Questo è il cuore dell’intervento di revamping, ad oggi, che A2A ha presentato agli enti brindisini, ma che richiederà – ha sottolineato sempre Masi – un vero e proprio accordo di programma finalizzato da un lato a concordare il processo di attuazione del piano industriale, e dall’altro a velocizzare il rilascio delle autorizzazioni di competenza degli enti territoriali, perché Edipower deve presentare le domande di modifica dell’Autorizzazione integrata ambientale e quella di assoggettamento a Valutazione di impatto ambientale entro il 13 settembre prossimo, per sperare in un iter il più possibile veloce.

In sostanza, tutta la produzione termoelettrica di Edipower – A2A a Brindisi si ridurrà ad un solo gruppo da 300 megawatt per 4500 ore di attività annua, con un secondo di eventuale supporto, mentre gli altri due fermi dal 2005 saranno smantellati, secondo tempi (non è esclusa la contestualità con il revamping del resto dell’impianto) da concordare sempre nell’accordo di programma. Questa riconversione è votata al ridimensionamento del potenziale installato, che risponde all’attuale flessione della domanda del mercato dell’energia. L’investimento a Brindisi – non quantificato – non è tuttavia motivato dai “certificati verdi”, che avrebbero un ‘influenza ridotta sul fatturato della centrale, assicura Masi.

Il risultato dal punto di vista del lavoro è il mantenimento dichiarato dell’attuale organico (90-100 unità) e di un certo indotto. Dal punto di vista ambientale A2A ed Edipower dichiarano un meno 70 per cento di biossido di azoto, un meno 80 per cento delle polveri sottili, e un taglio rispettivamente del 45 e del 50 per cento di anidride carbonica (il principale dei gas serra) e degli ossidi di zolfo (la centrale di Brindisi non ha mai avuto e non avrà i desolforatori, ma solo nuovi filtri a manica e denitrificatori più efficienti).

Per il presidente di Confindustria Brindisi, Giuseppe Marinò, un progetto che prevede non la chiusura di un impianto ma la sua riconversione “è motivo di orgoglio, anche per la considerazione dimostrata per Brindisi”, e costituisce “uno scenario da accogliere con grande interesse”. La pensa diversamente il sindaco di Brindisi il quale, malgrado la riserva del giudizio dichiarata al termine dell’incontro odierno, ha anticipato invece la propria opinione, che considera deludente il progetto “poiché tali proposte non contengono documentati elementi di valutazione a causa della genericità delle notizie fornite. in particolare non ci sono riferimenti attendibili riguardanti l’ammontare dell’investimento necessario per la dismissione degli impianti non più utilizzabili e per la realizzazione del gruppo di produzione energetica”.

“ Così come si capisce ben poco – ha aggiunto Mimmo Consales - dei ritorni in termini economici ed occupazionali per il territorio e soprattutto di ciò che occorre per valutare con attenzione l’impatto che potrebbe provocare l’utilizzo di un combustibile derivato dal Css. Francamente dopo tanti mesi di attesa ci saremmo aspettati qualcosa di più dettagliato ed invece siamo di fronte all’ennesimo rinvio visto che i dirigenti A2A Edipower hanno annunciato, di fatto, di voler utilizzare tutto il tempo che ci separa dal termine ultimo imposto dall’AIA per la presentazione del progetto industriale”.

La conclusione del sindaco è che “sulla base degli elementi disponibili, pertanto, non mi sento di modificare in alcun modo la mia posizione (già manifestata con chiarezza nel programma elettorale) che consiste nella dismissione della centrale e nel riutilizzo dell’area a beneficio del Porto e dell’Area Industriale”. Il fatto che Edipower intenda conservare un sito enorme per far funzionare solo un impianto da 300 megawatt, senza spiegare come intende movimentare il carbone al di là delle attuali contingenze e perché non investe su un altro sito come un’area del petrolchimico, è indubbiamente un punto debole dell’operazione, almeno dal punto di vista del territorio che potrebbe puntare invece sulla chiusura e sulla mobilità del centinaio di dipendenti verso altre aziende.

Resta da vedere come A2A ed Edipower convinceranno i sindacati, in un prossimo incontro,a partire anche dal tipo di ammortizzatori sociali necessari per coprire i due anni stimati come necessari per demolire e ricostruire. Masi ha parlato in Confindustria di ricordo alla cassa integrazione straordinaria, mentre per i lavoratori dell'indotto si cercerà un coinvolgimento negli appalti connessi alla cantierizzazione.

 

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