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Sabato, 20 Aprile 2024
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Caos nel Pronto soccorso: "Gli infermieri non siano il capro espiatorio"

Il sindacato Nursind denuncia una serie di disservizi riguardanti il Pronto soccorso dell'ospedale Perrino di Brindisi

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Carmelo Villani, segretario territoriale del NurSind Brindisi (sindacato delle professioni infermieristiche) sulla situazione di difficoltà in cui operano gli infermieri che prestano servizio presso il Pronto soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi. 

Premettendo che lo scrivente sulle criticità presenti nella Asl Brindisi in generale e nei pronto soccorso in particolare ha presentato esposto e contestuale denuncia-querela alla Procura della Repubblica in data 10 gennaio 2018 proprio per denunciare la atavica situazione lavorativa certamente di non garanzia di un'assistenza di qualità, è indispensabile fare chiarezza sul ruolo del professionista infermiere sia nell’ambito dell’emergenza urgenza sia nell’ambito della corsia.

In primo luogo è dal 1994 che con il decreto ministeriale 739 viene individuato nell’infermiere quel professionista intellettuale, competente, autonomo e responsabile dell’assistenza generale infermieristica, che ne precisa la natura dei suoi interventi, gli ambiti operativi, la metodologia del lavoro e le interrelazioni con gli altri operatori.

È dal 1994 che l’infermiere dovrebbe pianificare, gestire e valutare l’assistenza infermieristica. Dovrebbe, ma non è stato fin’ora messo in grado farlo sia in pronto soccorso che nelle degenze. In secondo luogo la diagnosi infermieristica non deve essere confusa con la diagnosi medica, con la quale spartisce il nome ma non le finalità. Essa è infatti un giudizio clinico-assistenziale sulle risposte dell'individuo, della famiglia o comunità a problemi di salute, processi vitali reali o potenziali ed è la base sulla quale scegliere gli interventi infermieristici volti a conseguire dei risultati di cui l'infermiere è responsabile.

Fatta questa premessa ed addentrandoci in quello che è il processo di triage, termine derivante dal verbo francese "trier" e che significa scegliere, classificare indicando quindi il metodo di valutazione e selezione immediata per assegnare il grado di priorità per il trattamento quando si è in presenza di molti pazienti, è internazionalmente motivato dall’aumento progressivo degli utenti che vi afferiscono, soprattutto di casi non urgenti. Tale metodo consente di razionalizzare i tempi di attesa in funzione delle necessità dei pazienti, utilizzando quale criterio di scelta le condizioni cliniche degli stessi e non il criterio dell’ordine di arrivo.

Nel 1998 sulla Gazzetta Ufficiale viene prevista, per la prima volta in Italia, la funzione di triage in Pronto Soccorso che viene attribuita a “un infermiere adeguatamente formato che opera secondo protocolli prestabiliti dal dirigente del servizio” (Linee Guida sul sistema di emergenza-urgenza sanitaria in applicazione del P.R. 27 marzo 1992 del Ministero della Sanità), nel 2001 sulla Gazzetta Ufficiale, vengono pubblicate le linee guida sul “Triage intra ospedaliero” emanate dal Ministero della Salute d’intesa con i Presidenti delle Regioni, che delineano in maniera alquanto articolata alcuni principi generali che dovranno essere realizzati sull’intero territorio nazionale, che definisce Il Triage come “lo strumento organizzativo in grado di selezionare e classificare gli utenti che si rivolgono al Pronto Soccorso in base al grado di urgenza ed alle loro condizioni”, si stabilisce che la funzione di triage deve essere garantita, in maniera continuativa, presso tutte le
Strutture con un numero di accessi annui superiore a 25.000, viene ribadito il fatto che tale funzione deve essere svolta da un infermiere, vengono anche individuate una serie di competenze dell’infermiere triagista che devono essere promosse attraverso un preciso programma formativo che consenta agli infermieri di mantenere un livello di aggiornamento specifico per gli aspetti assistenziali, organizzativi relazionali, attraverso adeguate attività formative, da svolgersi almeno una volta ogni 2 anni.

Tutte attività che posso personalmente garantire essere state effettuate in maniera sistematica su tutto il personale infermieristico operante nei pronto soccorso della Asl Brindisi.

Detto ciò quello che da tempo denunciamo, oltre alle già note chiusure, dismissioni e disattivazioni susseguenti al riordino ospedaliero senza un adeguato e contestuale rafforzamento della medicina territoriale, sono: la insufficiente adozione di adeguate soluzioni strutturali, logistiche ed organizzative del pronto soccorso come la mancanza di idonee sale visita che permettano il corretto espletamento della valutazione infermieristica e il rispetto della privacy del paziente, la assenza di personale adibito alla vigilanza (guardie giurate e/o forze dell’ordine), nelle ore notturne, che garantiscano l’incolumità e l’operatività del personale nel Pronto Soccorso, la assenza di personale di supporto che comporta un impegno supplementare al personale dedito all’emergenza distogliendolo dall’ attività prioritaria, la assenza di spazi idonei che consentano l’isolamento di casi potenzialmente infetti e la presa in carico di problematiche situazioni sociali, a fronte di periodi di estremo affollamento del pronto soccorso, non si registrano reazioni organizzative codificate (Piano di Gestione del Sovraffollamento, Piano di Emergenza Interno per il Massiccio Afflusso di Feriti), la Inadeguatezza strutturale della cosiddetta “sala barellati” che comporta promiscuità, assenza di privacy oltre che notevoli difficoltà nella gestione delle urgenze in attesa.

Non diventino quindi gli infermieri il capro espiatorio di una sanità allo sfascio. Professionisti Infermieri, così come tutti i Professionisti sanitari, quelli con la P maiuscola, siano messi piuttosto in grado di fare al meglio ciò per cui sono preposti piuttosto che sminuirne capacità e ruolo professionale. 

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