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Integrazione scolastica: "Necessario garantire sempre le migliori condizioni educative"

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta rivolta alle Istituzioni sul tema dell’integrazione scolastica

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta rivolta alle Istituzioni sul tema dell’integrazione scolastica dei bambini e dei ragazzi diversamente abili, scritta da un gruppo di educatrici. La lettera, che nei prossimi giorni verrà recapitata al commissario Prefettizio del Comune di Brindisi, al Prefetto e alla Provincia, ha lo scopo di sensibilizzare gli addetti ai lavori al grande e delicato tema della disabilità. L'integrazione scolastica passa anche dalle competenze delle figure professionali reclutate per la gestione del servizio. 

Un gruppo di educatrici, con questa lettera, vuole sensibilizzare le Istituzioni circa la complessità del processo di integrazione, che vede protagonisti dei minori con disabilità di vario genere.

Un servizio di integrazione serio e consapevole deve avere come obiettivo primario il benessere psico-fisico del bambino diversamente abile, così come sancito dalla Dichiarazione dei Diritti del Bambino dell’Onu (1959): “Il bambino che si trova in una situazione di minoranza fisica, mentale o sociale, ha diritto di ricevere il trattamento, l’educazione e le cure speciali di cui abbisogna per il suo stato o la sua Condizione”. Questo secondo un modello di accomodamento ragionevole (art.2 della Convenzione Onu) in base al quale è il contesto (ambienti, procedure, strumenti educativi ed ausili) che deve adattarsi ai bisogni specifici delle persone con disabilità, e non viceversa.

Il diritto allo studio, all’educazione, alla libertà, all’autonomia dei bambini e ragazzi diversamente abili è sancito in Italia in primis dalla nostra Costituzione (art.1, art.34), oltre che da una serie di leggi ( L. 118/71, L. 517/77, L.104/92, D.lgs.297/94, DPR 24/02/94, L.296/06, L.59/1997, ecc. ecc.), dalla Convenzione Onu (ratificata in Italia con legge n° 18 del 2009) e da diverse sentenze (sentenza Corte Costituzionale n.215/87, sentenza n° 80/2010, ecc.). Questo ci fa comprendere quanto sia importante e delicato approcciarsi nel modo più corretto possibile all’universo ”integrazione”, per garantire l’effettiva tutela di questi diritti, di soggetti che quotidianamente a loro spese e a spese dei loro genitori, devono confrontarsi con la loro disabilità.

Le proteste dei genitori 

Per raggiungere questo ambizioso obiettivo è necessario che il servizio di integrazione scolastica si avvalga di tutte le figure professionali necessarie per un’adeguata assistenza specialistica, in particolare della figura dell’educatore socio pedagogico, che è uno specialista laureato e con le giuste competenze pedagogiche, psicologiche e sociologighe tali da garantire un approccio corretto (e non improvvisato) alla disabilità. Tale figura, così come ribadito anche dall’art.92 del Regolamento Regionale n°4 del 18 Gennaio 2007, lavora in èquipes con altre figure quali ad esempio psicologi, pedagogisti, assistenti sociali, assistenti alla persona (Oss). Anche l’Allegato Tecnico per la riorganizzazione omogenea dei servizi sul territorio regionale, specifica quelli che sono i profili professionali richiesti e sottolinea che il coordinamento dell’èquipes è affidato ad un assistente sociale o a un educatore professionale (figura per la quale è richiesta la laurea).

Non si può certo affermare che manchino i riferimenti legislativi che legittimano la figura dell’educatore professionale, tanto che negli altri comuni, province o ambiti d’Italia la presenza dell’educatore è garantita in ogni percorso educativo e di integrazione dei minori diversamente abili. Non riusciamo proprio a comprendere come mai Brindisi sia invece miope e non si preoccupi di garantire le migliori condizioni educative a questi bambini. Il servizio di integrazione è cominciato senza la presenza degli educatori professionali specializzati, a differenza di quanto è avvenuto l’anno scorso, la cooperativa Genesi infatti, gestore del servizio e attenta agli effettivi bisogni dei diversamente abili, aveva provveduto con l’assunzione di dieci educatori a garantirne la presenza.

E’ importante anche sottolineare il fatto che, per alcuni bambini con disabilità, il Niat (centro di Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza territoriale di Brindisi) ha richiesto espressamente l’affiancamento della figura dell’educatore specializzato, dopo aver valutato attentamente il tipo e grado di disabilità; questo ad esclusivo vantaggio del minore disabile e del suo percorso scolastico/educativo.

Quello che chiediamo a codeste istituzioni, che si accingono a preparare i bandi di gara per la prossima assegnazione del servizio, è di tenere in considerazione esclusivamente l’obiettivo principale che il servizio di integrazione si prefigge di perseguire, e cioè il modello più giusto di integrazione scolastica dei bambini e ragazzi disabili, che in realtà sarebbe anche l’unico, laddove senza un modello corretto non ci sarebbe affatto integrazione. Questo modello non può prescindere dalla figura dell’educatore specializzato, con il suo bagaglio di nozioni teorico-pratiche acquisite lungo il percorso universitario.

Con l’auspicio che, chi abbia le competenze per farlo, colmi queste lacune che vanno a discapito dei bambini diversamente abili, a misura dei quali il servizio di integrazione deve necessariamente essere strutturato, porgiamo distinti saluti.

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