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Sabato, 20 Aprile 2024
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Prestigiosa azienda biomedica a rischio scippo. Personale in sciopero

BRINDISI – L’unica azienda biomedica italiana specializzata nella produzione di protesi vascolari, la Biomateriali che ha sede produttiva in Cittadella della Ricerca, a Brindisi, potrebbe essere smantellata con trasferimento di know-how in un’altra delle sedi della corporate americana che l’aveva acquisita nel 2007, la LeMaitre Vascular di Boston. O almeno questo temono i 29 dipendenti di Biomateriali, tutti tecnici e ricercatori altamente qualificati, e tutti salentini, che oggi hanno cominciato uno sciopero ad oltranza che ha un obiettivo preciso: obbligare il gruppo statunitense a rivelare i propri progetti circa la controllata italiana. Particolare non trascurabile, la Biomateriali è nata nel 1989 con i finanziamenti della legge 64, e la formazione dell’intero personale, come pure la ricerca, sono stati sostenuti con il concorso di fondi pubblici.

BRINDISI – L’unica azienda biomedica italiana specializzata nella produzione di protesi vascolari, la Biomateriali che ha sede produttiva in Cittadella della Ricerca, a Brindisi, potrebbe essere smantellata con trasferimento di know-how in un’altra delle sedi della corporate americana che l’aveva acquisita nel 2007, la LeMaitre Vascular di Boston. O almeno questo temono i 29 dipendenti di Biomateriali, tutti tecnici e ricercatori altamente qualificati, e tutti salentini, che oggi hanno cominciato uno sciopero ad oltranza che ha un obiettivo preciso: obbligare il gruppo statunitense a rivelare i propri progetti circa la controllata italiana. Particolare non trascurabile, la Biomateriali è nata nel 1989 con i finanziamenti della legge 64, e la formazione dell’intero personale, come pure la ricerca, sono stati sostenuti con il concorso di fondi pubblici.

Questa mattina i dipendenti di Biomateriali hanno incontrato all’esterno della sede aziendale nel complesso scientifico-tecnologico brindisino, l’assessore provinciale al Mercato del lavoro, Enzo Ecclesie, al quale hanno chiesto di convocare LeMaitre per conoscerne i progetti. Va detto preliminarmente che il 2 settembre si era già svolto presso Confindustria Brindisi un incontro tra i sindacati e un esponente della società americana, Trent Kamke, il quale aveva dichiarato (dopo aver ascoltato le richieste dei lavoratori) che non aveva alcun mandato per rispondere, e che comunque la LeMaitre non poteva rivelare i propri progetti strategici perché – essendo quotata in borsa – era vincolata dal rigido regolamento del Nasdac. Non è affatto escluso che ora venga chiamata a supporto della vertenza anche la Regione Puglia.

La storia di Biomateriali – Come già detto, è l’unica società italiana che produce protesi vascolari, quelle che vengono impiantate in casi come aneurismi dell’aorta, ad esempio, al posto dei vasi danneggiati. Il prodotto è un trade mark, l’Albograft, in filo di polietilene. La qualità della produzione è elevata, con certificazione Ce dal 1998, e dal gennaio scorso c’è anche quella della puntigliosa Fda (Food and Drug Administration) degli Usa. Biomateriali nasce nel 1989 con un investimento pubblico-privato, da due società dell’allora gruppo Fiat: la Snia e la Sorin Biomedica Cardio.

La prima sede è a Vercelli, dove parte la ricerca, poi la sede si trasferisce al Sud, in Cittadella della Ricerca, dove Biomateriali inaugura praticamente l’attuale polo biomedico. La composizione del personale è, come previsto dal protocollo della legge di supporto, interamente meridionale. Nessuno tra i dipendenti conosce l’attuale fatturato, ma non dovrebbe essere inferiore ai 2,5 milioni di euro. Una dei punti di forza commerciali di Biomateriali, è l’esistente rete di vendita che copre l’intera Europa grazie a un distributore consolidato, ed è l’export la voce primaria delle entrate societarie. Gli americani nel 2007, insomma, comprarono chiavi in mano una cosa che funzionava benissimo.

LeMaitre e i sospetti di liquidazione – Ma su cosa si fondano i sospetti dei lavoratori? Ci sono almeno cinque punti. Il primo è legato al fatto che Le Maitre ha già fagocitato altre società europee del settore biomedico, chiudendole e portandosi negli Usa conoscenze e produzione. Il secondo è il misterioso forcing produttivo imposto a Biomateriali dopo un anno di cassa integrazione da maggio 2009 a maggio 2010, che ha concentrato in tempi ristretti (entro dicembre) un periodo di programmazione che è sempre stato più lungo. La terza ragione di sospetto è l’avere tanto magazzino (circa 3500 pezzi oltre ai semilavorati), quando il prodotto di cui parliamo è deperibile e quindi non può essere conservato per superiori ai tre anni.

Quarto punto, a gennaio 2010 il laboratorio di Biomateriali ha ricevuto il sopralluogo di un manager della casa madre, il quale – secondo i lavoratori – si è soffermato a lungo in un reparto critico per i know-how produttivi, prendendo accuratamente nota di tutto. Ciò potrebbe rappresentare un passo indispensabile per clonare altrove la produzione di Albograft. Quinto e ultimo punto, LeMaitre non ha mai investito, sempre secondi i dipendenti, in processi innovativi. La produzione attuale è di qualità elevata, ma è legata ad un brevetto che ha qualche anno sulle spalle.

La natura sospetta dei mancati investimenti deriva dal fatto che LeMaitre si è inopinatamente ritirata dall’iter di un Pia (Pacchetto integrato di agevolazione) con il ministero della Ricerca, che avrebbe dovuto finanziare un nuovo dispositivo di protesi rinforzate. In più è sfumata un’altra trattativa finalizzata con Toratec. “Come se LeMaitre non volesse vincoli territoriali e istituzionali”, dicono i lavoratori. Da qui il timore del disimpegno progressivo e quello che gli americani si portino via una società nata con i fondi pubblici italiani, con ricerca e lavoro italiani. Una società che tiene testa nel mondo a gruppi come Terumo Vascutex, Intervascular e Boston Scientific, più altri 3 o 4. Fare chiarezza sulla situazione è perciò estremamente urgente.

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