LECCE - Il tempo passa e produce effetti sulle sentenze anche gli appartenenti alla criminalità più agguerrita: restano le condanne per omicidio, resta il carico più pesante, ma vengono rapite dalla prescrizione tutte le ipotesi collaterali. Le armi e simili.
SAN PIETRO VERNOTICO – Catturato il latitante Giuseppe Giordano, alias “Aiace”, di San Pietro Vernotico, scomparso a novembre scorso poco prima della sentenza definitiva che lo condanna a trent'anni di carcere per l'omicidio del boss della Scu Santino Vantaggiato.
LECCE - La furia dei parenti, dopo la raffica di conferme in appello, si è riversata sull’incolpevole sostituto dell’avvocato del pentito ‘Bullone’, contro cui sono state lanciate invettive d’ogni genere. Alla fine, per calmare il caos all’esterno del carcere di Lecce, nella cui aula bunker si è celebrato il secondo grado del processo sugli omicidi firmati dalla Scu brindisina, sono intervenuti gli agenti della sezione Volanti della questura salentina.
LECCE – Emessa la sentenza per quattro omicidi commessi da Vito Di Emidio, dal suo socio sardo Marcello Ladu e dal gruppo di fuoco di “Bullone” nel Salento alla fine degli anni ’90. La Corte d’Assise di Lecce ha condannato all’ergastolo Marcello Ladu, mentre per l’ex killer numero uno e ora collaboratore di giustizia brindisino la condanna è a 22 anni di carcere.
BRINDISI – Ergastolo per i tre gregari del gruppo di fuoco, 27 anni per il pentito brindisino ed ex superkiller Vito Di Emidio, detto Bullone, almeno venti omicidi confessati, ma in questo processo imputato per le uccisioni di Giuliano Maglie, eliminato in Montenegro presumibilmente il 25 giugno del 1999, e di Leonzio Casale e Giacomo Roselli, affiliati ad un rivale, uccisi dopo essere stati torturati, nel 1996.
LECCE - Diciotto anni di carcere per il 44enne brindisino Vito Di Emidio detto “Bullone”; ergastolo per il pastore sardo Marcello Ladu; 12 anni e 3mila euro di multa per Pasquale Tanisi detto “Cardillo”, 48enne di Ruffano; 9 anni e 2.500 euro di ammenda per Pasquale Orlando detto “Yo-Yo”; 8 anni e 2.000 euro di multa per Vito Cacciatore, 55 anni, imprenditore di Ruffano; 4 anni e 1.000 euro di multa per Giuseppe Tedesco detto “Capu di bomba”; 3 anni e 6 mesi oltre a 600 euro di multa per Giuseppe Picciolo.
BRINDISI - Arriva il conto, pesantissimo, per gli imputati alla sbarra nel processo sugli omicidi svelati dal killer più sanguinario della Scu, Vito Di Emidio, convertito alla collaborazione con la giustizia. Niente sconti soprattutto per il principale accusatore, lo stesso Bullone, per il quale il pubblico ministero Alberto Santacatterina ha chiesto la condanna all’ergastolo e l’isolamento in carcere per tre anni: per la pubblica accusa Di Emidio è sì, credibile, ma non merita i privilegi concessi dallo Stato ai collaboratori di giustizia, quelli veri, senza defaillance della memoria come quelli che hanno colpito il killer autore di “diciannove, forse venti omicidi”. Ergastolo anche per i presunti autori degli omicidi di Leonzio Roselli e Giacomo Casale: Daniele Giglio, Pasquale Orlando e Giuseppe Tedesco.
BRINDISI - Vito Di Emidio accusa, Fabio Fornaro conferma. Finisce così, con le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia (ruolo al quale Fornaro, per il momento, ambisce soltanto) il dibattimento del processo per i dodici omicidi svelati dal killer Bullone. Se nove su dodici di quei delitti, il pentito confessa di essere stato autore solitario, per tre di quella lunga teoria di morti, i brindisini Giuseppe Tedesco, Pasquale Orlando e Daniele Giglio rischiano il carcere a vita, accusati di aver fatto parte del commando che nel 1996 uccise Giacomo Casale e Leonzio Roselli. Tedesco è accusato dal cognato Di Emidio, fratello della moglie Angela, di aver ucciso anche Giuliano Maglie, su suo mandato, nel lontano 1999.
BRINDISI - Giuseppe Tedesco prende la parola di fronte alla corte d’assise di Brindisi chiamata a giudicare le verità del cognato Vito Di Emidio, in arte Bullone. Sulla scorta di quelle verità, tutte ancora da dimostrare, il 12 maggio 2008 finirono in manette con l’accusa di omicidio oltre a Tedesco anche Pasquale Orlando e Daniele Giglio. L’ipotesi che grava su i tre imputati è di aver ucciso Leonzio Roselli e Giacomo Casale, l’efferato duplice omicidio consumato per vendette intestine fra i clan della Scu nel lontano maggio 1996. Tedesco è accusato dal cognato anche dell’omicidio di Giuliano Maglie, avvenuto nel giugno 1999 a Bar, in Montenegro. I resti di Maglie, ritrovati sulla scorta delle indicazioni del collaboratore di giustizia, sono stati sottoposti recentemente ad analisi genetica, il Dna ha confermato che si trattava di Maglie.
BRINDISI - Il killer più sanguinario della Scu uccideva e chiedeva di uccidere, rivolgendosi ai suoi fedelissimi. La richiesta non era un ordine, lo ha giurato in aula Pasquale Orlando, alias Jo-Jo, “me lo ha chiesto più volte ma lo ha chiesto per favore, signor presidente. Io gli ho sempre detto di no. Per uccidere ci vuole coraggio, io non ce l’ho mai avuto. Lui ci rimaneva male, ma io non potevo farci niente. Ero bravo a rubare e a fare le rapine, questo sì, le facevo con lui. Ma ammazzare no, quella è un’altra cosa”. Chi mente? Vito Di Emidio che accusa Pasquale Orlando, Daniele Giglio e il cognato Giuseppe Tedesco del duplice omicidio di Leonzio Roselli e Giacomo Casale, avvenuto il 7 maggio 1996, oppure gli imputati? Delle due l’una, questo è un fatto.
BRINDISI – Ancora un rinvio per il deposito della perizia sul Dna dei resti che il collaboratore di giustizia Vito “Bullone” Di Emidio attribuisce a Giuliano Maglie, giovane brindisino scomparso in Montenegro, a Bar nel 1999, nel 2002. Il perito, oggi, in Assise, ha chiesto alla Corte un ulteriore proroga in quanto ci sono difficoltà serie nell’effettuare il prelievo. Una perizia che si trascina da mesi e non si riesce ancora a completare. Il primo incarico viene affidato l’1 luglio scorso al prof. Alessandro Dell’Erba, docente di Medicina legale dell’Università di Bari, che inspiegabilmente, dopo avere accettato l’incarico e dopo aver lasciato trascorrere il tempo messogli a disposizione, fece sapere di non aver fatto nulla. E per questo è stato condannato a pagare 1.549 euro, ammenda inflittagli dalla Corte per la negligenza dimostrata in questo caso, oltre ad essere stato iscritto nel registro degli indagati per omissione in atti di ufficio. Dell’Erba, si è appreso, ha scritto una lettera alla Corte scusandosi per l’accaduto.
BRINDISI - Il presidente della Corte d’Assise Gabriele Perna lo aveva annunciato: “Il professore Dell’Erba deve spiegarci non solo perché la perizia sul cadavere ritrovato in Montenegro non è stata depositata entro i termini previsti, ma soprattutto perché, addirittura, le operazioni peritali non sono nemmeno iniziate. E dovranno essere ottime ragioni, altrimenti questa corte provvederà a comminare il massimo dell’ammenda possibile”. Detto fatto. Il docente di Medicina legale dell’Università degli studi di Bari, Alessandro Dell’Erba, chiamato ad effettuare l’analisi comparata del Dna sui resti cadaveri che il pentito Vito Di Emidio attribuisce a Giuliano Maglie, è stato condannato a pagare il massimo dell’ammenda prevista dalla legge, 1.549 euro.
BRINDISI - Perché la giustizia italiana si muove a passi tardi e lenti? Una delle risposte è quella arrivata nel pomeriggio nel gelo dell’aula bunker del tribunale di Brindisi, dove otto imputati alla sbarra hanno ingollato tre mesi in surplus di custodia cautelare, attendendo invano il deposito della perizia che dovrebbe stabilire l’identità del cadavere ritrovato in Montenegro su indicazione del pentito Vito Di Emidio.
BRINDISI - Slitta il deposito della perizia genetica che dirà se quello ritrovato nel 2003 in Montenegro è il cadavere di Giuliano Maglie. Il perito chiede tempo fino a novembre, rinviando il verdetto atteso da uno su tutti gli imputati alla sbarra trascinati dal pentito-smemorato Vito Di Emidio, alias Bullone, primo accusatore del cognato Giuseppe Tedesco, additato come autore delitto consumato nel giugno 1999 a Bar, in Montenegro.
BRINDISI - “Vito Di Emidio deve ritornare in carcere”, lo chiedono a una voce i pubblici ministeri antimafia Alberto Santacatterina e Milto De Nozza, e lo chiedono direttamente alla Corte di Cassazione. La scelta del Riesame, che ha concesso al pentito di ritornare ai domiciliari in località protetta, accogliendo la richiesta dell’avvocato Manfredo Fiormonte per conto del proprio assistito, non è punto condivisa dalla procura. La memoria a intermittenza di Bullone, pur non inficiandone la credibilità, stigmatizza un personaggio indegno dei benefici concessi dallo Stato ai collaboratori di giustizia, per questo deve ritornare in cella e scontare l’ergastolo, attendendo l’ulteriore verdetto a suo e a carico degli uomini accusati dalle sue stesse rivelazioni, di ben dodici omicidi.
BRINDISI – Si potrebbe scrivere un libro, sui misfatti commessi dalla coppia Vito Di Emidio – Marcello Ladu. Non c’è solo la strage della Grottella, sulle loro spalle, quell’assalto ai due furgoni blindati della Velialpol nei pressi di Copertino, che il 6 dicembre 1999 fece tre morti tra le guardie giurate della scorta, per un bottino di un miliardo e 800 milioni di lire. Di Emidio ha confessato progressivamente una lunga teoria di omicidi dopo la sua cattura, avvenuta il 28 maggio 2001 sulla San Donaci – Brindisi in seguito ad un incidente durante un inseguimento con sparatoria da parte dei carabinieri del Ros e della compagnia di Brindisi. Ed ha chiamato in causa il complice sardo proprio per il massacro della Grottella, quando per bloccare i blindati porta valori fu usato prima un autocarro come ariete, poi si passò ai Kalashnikov e all’esplosivo, ma anche per altri progetti delittuosi incluso quello di un attentato ad un magistrato sardo.
BRINDISI – Affidata la perizia sul Dna dei resti trovati tempo fa a Bar, in Montenegro, che vengono attribuiti a Giuliano Maglie, ucciso nel giugno del 1999, secondo l’accusa da Giuseppe Tedesco su incarico del cognato Vito Di Emidio. Dinanzi alla Corte di assise (presidente Perna, giudice Aliffi) questa mattina ha giurato il prof. Dell’Erba che effettuerà il prelievo del Dna sui resti scheletrici rinvenuti a Bar e sulla madre e i due fratelli di Giuliano Maglie. Dovrà quindi effettuare la comparazione e stabilire con certezza se si tratta dei resti di Maglie.
BRINDISI – I familiari di Giuliano Maglie non vogliono soldi. Chiedono soltanto che si faccia al più presto l’esame del Dna sui resti rinvenuti anni fa a Bar per sapere con certezza se appartengono al loro congiunto che, secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Vito Di Emidio, lo ammazzò Giuseppe Tedesco su suo ordine.
BRINDISI – Giuseppe Tedesco in lacrime. Si è commosso questa mattina quando, rilasciando dichiarazioni spontanee, ha parlato della moglie e dei figli. “Li amo tanto”, ha detto mentre cercava di ribaltare le accuse di omicidio che ieri il cognato Vito Di Emidio gli ha scaricato addosso, ritrovando la memoria dopo la revoca degli arresti domiciliari e il ritorno in carcere disposto dalla Corte di Assise (presidente Gabriele Perna; giudice Francesco Aliffi) su richiesta del pubblico ministero Alberto Santacatterina. “Per potermi difendere dalle accuse di Di Emidio – ha detto Tedesco – sono disposto a rinunciare a mia moglie".
BRINDISI – Giuliano Maglie, 27 anni, brindisino, scomparso nel nulla nel giugno del 1999, torna a materializzarsi pesantemente nel momento meno opportuno per il collaboratore di giustizia Vito Di Emidio, soprannominato Bullone. Sembra una vendetta di questo giovane ammazzato, per ammissione dello stesso Di Emidio su suo ordine, i cui resti ricompaiono quando il pentito sta cercando, con una amnesia molto sospetta, di salvare dall’ergastolo il cognato Giuseppe Tedesco che nel 2002 accusò di essere l’esecutore materiale dell’omicidio e dell’occultamento del cadavere.
BRINDISI - Vito Di Emidio, il contadino diventato killer spietato, aveva paura delle bombe. Non di essere ammazzato con una bomba, ma degli ordigni in genere. “Io da quegli oggetti dovevo stare lontano”, ha detto ieri in aula durante la deposizione nel processo che lo vede imputato assieme a suoi ex complici da lui chiamati in correità in una dozzina di omicidi. Numerosissime rapine, estorsioni e anche attentati dinamitardi. “Il mio artificiere era Tannisi Pasquale. Molto bravo nel costruire le bombe artigianalmente. Quando le mettevamo eravamo costretti a farlo, perché dovevamo costringere i commercianti a pagare le tangenti e senza creare paura non lo facevano”.
BRINDISI – Alle 14,15 Vito Di Emidio lascia l’aula della Corte di assisse. Ha concluso la sua due giorni di pentito-accusatore ma non tanto. “Presidente – ha detto pochi minuti prima il pubblico ministero Alberto Santacatterina - ho finito il mio esame. Devo ancora una volta sottolineare che Di Emidio di tutto si ricorda con precisione, anche delle cose minime, mentre non riesce a ricordare i suoi complici di due episodi così gravi come il duplice omicidio di Giacomo Casale e Leonzio Rosselli e quello di Giuliano Maglie”.
BRINDISI - Il pentito numero uno, quel Vito Di Emidio, soprannominato “Bullone”, che ha confessato una ventina di omicidi (“Non ricordo, saranno stati diciannove, forse ventuno”), è comparso questa mattina nell’aula della Corte d’Assise di Brindisi, presidente Gabriele Perna. Doveva essere la prova decisiva per inchiodare anche i complici di Di Emidio, 43 anni, brindisino, catturato dai carabinieri il 28 maggio del 2001. E invece “Bullone” si è lasciato prendere da amnesie decisamente sospette, come ha sottolineato il pubblico ministero Alberto Santacatterina, dimenticando i nomi dei complici di alcuni omicidi.