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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Addio a Caio Gracco, pittore della luce "adottato" dalla Puglia

Una vita dedicata all'arte e alla ricerca del segno, tra pittura e fotografia. Di origini salernitane, ma di adozione milanese e poi romano, negli ultimi anni viveva e lavorava nella regione

Ieri, 19 febbraio, è venuto a mancare l’artista Caio Gracco all’età di quasi 83 anni. Una vita dedicata all’arte e alla ricerca del segno, tra pittura e fotografia. Di origini salernitane, ma di adozione milanese e poi romano, negli ultimi anni viveva e lavorava in Puglia. La sua ricerca nasceva dalla contestazione sociale, dai muri invisibili alzati nelle città, dall’immigrazione per poi spostare il proprio lavoro sull’analisimi del moviment. 

I primi anni ’70 hanno rappresentato per l’artista un momento decisivo, cioè la rottura con la figurazione degli anni precedenti, attraverso il Tranlumismo che lo ha reso noto. Invitato dalla Basf, quintessenza della chimica, a Ludwigshafen per sperimentare un materiale plastico, il lupolen, scopre e sviluppa un nuovo modo di affrontare la materia che, dopo circa un anno di ricerca, Gracco domina attraverso un procedimento di pressione a temperature variabili da 120 a 160 gradi - ne estrapola la luce, la trasparenza, la tridimensionalità. Da qui nasce il Translumismo: suggestione del colore attraverso la luce. Da quel momento Gracco abbandona la materia fredda continuando a interessarsi dei medesimi elementi, ma attraverso il mezzo proprio della pittura e del colore. Suggestioni di luce permettono alla tela di proiettarsi, di esplodere verso l’esterno sempre attraverso i valori della trasparenza e della tridimensionalità. 

La sua ricerca, insiste sul movimento, opere in cui la forma non è più analizzata nella sua staticità, ma sorpresa nel suo veloce divenire. Dagli anni 2000 la sua ricerca si sviluppa con diversi medium, dalla pittura alla fotografia, sino alla performance. Come ad esempio nelle serie Elaborazioni, in cui la figura umana si moltiplica e si apre al movimento. Grandi figure umane nude con il volto ingabbiato da una calotta di gomma, abitano lo spazio vuoto e privo di coordinate delle fotografie di Gracco, mettendo in scena il processo sempre in fieri della costruzione del sé e della soggettività.

Backstage di Materie Sensibili a Ostuni

Parallelamente alla sua intensa ricerca pittorica che lo vede esporre nelle principali gallerie italiane come Gianferrari, Barbaroux, Pater di Milano, Pino Casagrande di Roma, in musei e spazi istituzionali, come Palazzo Durini, Pan-Palazzo delle Arti di Napoli oppure al Festival dei due mondi di Spoleto, l’artista è legato da sempre a spazi non deputati, in cui l’arte può innescare un nuovo processo e dialogo con il fruitore, come ad esempio spazi di produzioni, cantieri, lo spazio urbano di intere città. 

Su questa visione Caio Gracco si è interessato anche al potere reattivo dell’immagine fotografica inserita in progetti che prevedono una dimensione pubblica o performativa, come ad esempio il progetto “così ci vogliono” nato nel 2007 da Napoli e approdato a Farm Cultural Park di Favara nel 2019. Oppure ancora Gracco lavora su progetti legati allo spazio di fruizione, come per Cantieri Mentali a Ostuni, in collaborazione con lo studio Flore & Venezia Architects, una serie di interventi site specific incentrati sul dialogo tra arte e architettura, tra passato e presente. 
 

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