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Via Appia Antica, candidata sito Unesco e progetto europeo: immondizia sulla storia

Reati ambientali a cielo aperto sui tratti dell'antico tracciato romano che si snoda tra i comuni di Latiano, Mesagne e Oria

MESAGNE - Chissà cosa pensano i pellegrini che partendo da Roma, percorrono la via Appia Antica sepolta dalle montagne di immondizia che straripano sullo specchio di un’Italia millenaria, dall’età romana, a quella medievale, per almeno dieci chilometri. Il riferimento è al tratto che attraversa le campagne di Latiano e di Mesagne, passando per la vicina Oria, a circa 70 metri dal sito archeologico, città ellenistica, di Muro Tenente, tra ulivi secolari, vigneti e canneti.

Ci sono taniche di olii esauste, scarti di lavorazione industriale, materiale ferroso, rifiuti solidi urbani, ingombranti frazioni umide raccolte in maniera indifferenziata sulla strada percorsa da legioni, poeti e da imperatori, candidata sito Unesco “patrimonio dell’umanità” dalla giunta comunale di Brindisi nel 2018, e dal 5 agosto protagonista del progetto che porta il suo nome “Appia Regina Viarum”. Verranno spesi 20 milioni di euro grazie all’aggiudicazione del bando voluto dal Ministro per i beni e per le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini. 

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A oggi, la via Appia Antica, almeno per il tratto che riguarda la provincia brindisina, rappresenta esattamente l’antipodo di chi ha il merito di puntare sulla cultura per promuovere e sostenere lo sviluppo economico e sociale del territorio. Non, dunque, uno straordinario patrimonio culturale, archeologico e paesaggistico quello che unisce i comuni della provincia, ma gravi reati ambientali commessi alla luce del sole sul cammino laico più lungo del mondo finanziato dal Mibact.

È interessante sottolineare l’indifferenza e l’ignoranza di chi, da anni, continua a inquinare un progetto di portata europea che tocca quattro regioni (Lazio, Campania, Basilicata, Puglia) e coinvolge gli italiani da Roma a Brindisi nella parte meno conosciuta e forse più autentica del Paese.

Così, mentre proviamo a spiegare ai pellegrini i motivi per cui la Via Appia Antica è clamorosamente abbandonata dalla provincia che rifiuta la valorizzazione della sua identità storica, vien da chiedersi se non sia il caso di piazzare delle fototrappole. 

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Inoltre, se la richiesta avanzata dal comune di Brindisi dovesse essere accettata, la Puglia avrebbe il suo quinto luogo del patrimonio Unesco e l’Italia, con il maggior numero di siti inclusi nella lista dei patrimoni dell’umanità, salirebbe a quota 55: la via Appia sarebbe pari al Castel del Monte di Andria, ai trulli di Alberobello, al Santuario di San Michele Arcangelo di Monte Sant’Angelo e alla riserva naturale della Foresta Umbra.

Dunque, si riuscirà, oltre che essere orgogliosi di raccontare che quella stessa via l’ha percorsa Federico II verso il suo imbarco brindisino per le Crociate, a rispettarla civilmente e averne cura? In fondo si tratta di 612 chilometri di strada laica e italiana, simbolo del Sud e degli innamorati d’Italia, ritrovata e consegnata al Paese.

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