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Venerdì, 29 Marzo 2024
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"Noi del 118 non siamo taxi, né i sostituti del medico di famiglia"

Una giornata con soccorritori, infermieri e medici presso la postazione del Di Summa. Il lavoro e le procedure di chi è in prima linea: "Il tempismo è importante, noi salviamo vite umane, ma abbiamo bisogno anche della collaborazione dei cittadini. Non possiamo ricevere chiamate per eventi non gravi"

BRINDISI - Il tempismo, il fattore tempo è importante. Pochi minuti possono salvare una persona, possono allungare la vita. Il tempismo, il fattore tempo è essenziale per chi lavora al 118. BrindisiReport ha passato alcune ore presso la postazione del 118 al Di Summa di Brindisi. Durante le attese, tra una chiamata e l'altra, ha potuto dialogare con medici, infermieri, soccorritori e autisti-soccorritori. Il servizio esiste da circa 20 anni, ma molto spesso viene dato per scontato. E' un'assistenza immediata, che permette anche di strappare alla morte chi è in difficoltà. "Ma molto spesso fare il nostro lavoro qui non è semplice - dicono - Alcune volte riceviamo chiamate per eventi che non rappresentano un'emergenza, altre volte veniamo letteralmente aggrediti dai parenti di chi soccorriamo, perché pensano che il nostro lavoro sia semplicemente caricare sull'ambulanza e correre al pronto soccorso. Ma non è così".

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La sala dei soccorritori è scarna, un tavolo, pavimento a scacchi, una cartina di Brindisi. Sono tutti seduti, sorseggiano un caffè, ma non c'è bisogno che si diano la carica. L'adrenalina è insita nel mestiere. "Molto spesso mi chiedono come mai faccio da anni e anni questo lavoro. E' stancante, è delicato, a volte frustrante. Ma io lo faccio perché amo la vita, non solo la mia". Una soccorritrice si sistema la ciocca dietro l'orecchio mentre pronuncia queste parole. La vita: se non si capisce l'importanza di questa parola non si può comprendere la scelta fatta da chi lavora per il 118. Vengono da Brindisi, dai paesi della provincia, anche dal Leccese. Dicono: "Brindisi è una realtà molto particolare, chi fa questo lavoro deve fare i conti con le aggressioni, non solo verbali. Alcuni parenti dei nostri pazienti ci intralciano, inconsapevolmente. Non tutti eh, ci sono le persone educate che capiscono la delicatezza della situazione e ci ringraziano".

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Prende la parola la dottoressa di turno: "Sì, noi dobbiamo agire solo in caso di vera emergenza, per le situazioni delicate in cui il fattore tempo è essenziale. Qualche esempio: in caso di perdita di coscienza, di traumi importanti, di dolori toracici, di difficoltà respiratorie, tutto ciò che può far pensare a un disturbo di circolo, reazioni allergiche serie. Non dovremmo intervenire per una dermatite, per dolori mestruali. Il motivo? Ci chiamano per mancanza di informazioni". E perché non c'è evidentemente, fiducia nell'assistenza domiciliare, scarna. Ai cittadini mancano interlocutori intermedi. Intanto arriva una chiamata, c'è un'urgenza: autista soccorritore, medico, infermiere e soccorritore escono insieme: è la configurazione "Mike", una delle quattro possibili. Senza addentrarsi nei dettagli delle varie configurazioni, la Mike si rende necessaria quando l'evento è importante, la situazione descritta alla sala operativa - che smista le chiamate - è grave.

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Come lavorano gli operatori del 118? Un esempio: si va sul posto, il medico si accerta di cosa è successo. C'è l'anamnesi. Intanto entrambi i soccorritori prendono i parametri del paziente. Ossigeno, accesso venoso, elettrocardiogramma. Si chiede il consenso e si parte. Sull'ambulanza, in base ai parametri del paziente, si comincia con la terapia e infine si arriva in pronto soccorso. E' solo un esempio, le variabili di azione sono infinite. Un altro soccorritore chiosa: "Invece in alcuni casi i parenti dei pazienti pensano che dobbiamo solo portare il paziente il prima possibile al pronto soccorso. Ma mica siamo taxi. Quei momenti in cui agiamo, prima della partenza, sono davvero vitali". La preoccupazione è che l'ambulanza del 118 venga scambiata per taxi: "Riceviamo chiamate solo per portare pazienti in ospedale, pazienti che potrebbero ovviamente andare con altri mezzi. Lo ripeto: il 118 si chiama per le emergenze. Altrimenti si toglie un servizio essenziale a chi ne ha davvero bisogno".

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E' questo il punto: se si chiama il 118 per casi che non rappresentano emergenze, per essere solo trasportati, magari pensando di "sbrigarsi", c'è il rischio di privare del servizio chi ne ha realmente bisogno. Perché in casi gravi bisogna intervenire subito. Tutti gli operatori non fanno che insistere su questo punto: "Noi le nostre ore le facciamo lo stesso, non diciamo questo perché non abbiamo voglia di lavorare. Anzi. L'attesa a volte è snervante, preferiamo agire. Il problema è che bisogna valutare davvero la gravità di una situazione. Non possono chiamarci per problemi non gravi. Non possono intralciare il nostro lavoro. Spesso coi parenti dei pazienti dobbiamo fare gli psicologi. Secondo noi tutto dipende da una mancanza di informazione alla base. Ne approfittiamo per ribadirlo: il 118 va chiamato solo per le emergenze, altrimenti, se siamo impegnati altrove su un caso non grave, c'è il rischio di privare della salvezza chi ne ha realmente bisogno". 

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