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Vita da guardiano del faro: un libro sui "custodi di luce"

Presentato a Brindisi il volume dell’antropologo Michele Claudio Masciopinto del Centro ricerche etnografiche, storiche, antropologiche di Bari

BRINDISI - I fari, straordinari segnalamenti marittimi, che da secoli indicano agli uomini di mare la rotta sicura, sono i protagonisti di una ricerca di grande interesse svolta dall’antropologo Michele Claudio Masciopinto del Centro ricerche etnografiche, storiche, antropologiche di Bari, dal titolo “Custodi di luce: antropologia, narrazioni e rappresentazioni di uomini e fari”. La ricerca di Masciopinto ha uno scopo ben preciso: indagare i fari come luoghi carichi di significato culturale e storico, dai quali attingere le memorie e le narrazioni delle comunità marittime.

Il faro delle Pedagne

Il libro di Masciopinto, che racconta anche le storie delle vite degli uomini e delle donne che hanno vissuto e lavorato nei fari, è stato presentato presso la History Digital Library nel corso di una serata culturale organizzata venerdì 31 maggio su iniziativa della sezione locale della Società di Storia Patria per la Puglia e dell’International Propeller Club Port of Brindisi. Alla serata dedicata ai fari sono intervenuti Giacomo Carito, presidente della sezione di Brindisi della Società di Storia Patria per la Puglia, che ha aperto i lavori ricordando i fari in prossimità della nostra città,  e Adriano Guadalupi, presidente dell’International Propeller Club Port of Brindisi, club che si occupa di sviluppo portuale e di cultura del mare, che ha auspicato  ci siano altre iniziative specifiche per il porto, per il mare, per i pescatori, per quello che è stato ed è il porto di Brindisi.

Il faro di Forte a Mare-4

A dialogare con l’autore, Abele Carruezzo, docente di navigazione e  trasporti marittimi e direttore scientifico della rivista “Il Nautilus”, che si occupa di portualità. Carruezzo ha ripercorso la storia della navigazione, con i primi viaggi, la navigazione costiera e astronomica,  soffermandosi sulla primissima “rivoluzione” nata con i fari, quando si passò dalla luce statica emessa da colonne e torri  a quella dinamica, che portava un’informazione che doveva essere custodita e che ha generato un segnalamento marittimo.

Il faro di Punta Riso

Con i fari si passò da una navigazione stimata a una “detection navigation”, vale a dire ad una navigazione rilevata.  “La storia moderna dei nostri fari comincia nel 1843”, ha ricordato Giacomo Carito. A Brindisi i fari si accesero in connessione con i lavori al porto, che iniziarono nel 1835. Il primo faro ad accendersi fu quello di Forte a Mare, seguirono quello sull’Isola di Traversa, alle Pedagne, e il faro di Punta Penne, che era il più alto di tutti. I fari moderni furono collocati dove erano le vecchie torri di avvistamento perché erano su luoghi prominenti. Il faro di Punta Penne fu abbattuto, sono visibili invece il faro alla radice dell’Isola di Sant’Andrea, dove si innesta la diga di Punta Riso, e quello sull’Isola di Traversa.

Il pubblico-5-51

La ricerca di Masciopinto si connette, come ha detto lo stesso autore, con una raccolta di storie di vita di uomini e fari, con la sua vita personale, perché l’antropologo è figlio di un farista, e con una attuale ricerca che sta conducendo sul paesaggio mediterraneo. I fari sono anche spazi di lavoro e di vita quotidiana, di vita domestica, il farista vi ha vissuto, ha vissuto con la propria moglie, molto spesso ha anche allevato i propri figli. Lo stesso Masciopinto ha vissuto in molti fari, tra cui il faro di Forte a Mare nel quale ha vissuto per 20 anni. La sua ricerca si è suddivisa in gran parte su un’area del Sud Italia e della Sardegna ed è una ricerca ancora in atto. Masciopinto nel suo libro ha intervistato gli ultimi guardiani del faro, figura questa che sta ormai scomparendo: i faristi sono, infatti, poco più di un centinaio in tutta Italia.

Michele Claudio Masciopinto-2

“Ho parlato di custodi di luce perché per secoli hanno regalato la luce alla navigazione”, afferma Masciopinto, “ma adesso ecco che il faro ha una funzione che ora si è invertita: ha sempre segnato la presenza della terra ai naviganti, oggi invece in un ambito in cui i fari sono dismessi, in cui la tecnologia è anche più avanzata, il faro per certi versi ha invertito le sue funzioni e quindi sembra quasi cercare di ricordare la presenza del mare a chi naviga”.

Adriano Guadalupi e Giacomo Carito-2

I fari sono ancora importanti per chi naviga per mare, prosegue l’autore: “E questo a mio avviso è il messaggio che dobbiamo cogliere anche per un recupero e una riqualificazione delle strutture, soprattutto se vogliamo cercare di recuperarle e restituirle alla comunità, anche in un’ottica di fruizione culturale”, conclude Masciopinto, “cercando di non dimenticare che dentro questi spazi che per secoli hanno affrontato il mare ci sono sempre delle vite che sono importanti da fermare e registrare”. Sui fari brindisini ed altre opere di archeologia industriale legate al mare e alla portualità ha condotto alcuni anni fa una importante ricerca il Cnr –Ibam (Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali) di Lecce.

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