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Due generazioni e oltre 80 anni, chiude l'alimentari Zito: Ceglie perde un pezzo di storia

Con Vincenzo prima e la figlia Lucietta dopo, nella bottega storica nel cuore della città è nato il panino "misto" oggi famoso in tutto il mondo che di cegliese "ha solo le mani"

CEGLIE MESSAPICA - Ci sono luoghi dal fascino senza tempo che riconosci immediatamente essere un patrimonio inestimabile per le nostre città. La salumeria di Lucietta Zito ha questo potere. Ancora per poco, purtroppo. Quel portone in via Giuseppe Elia, nel cuore della zona storica di Ceglie Messapica, si chiuderà a fine anno e quella putèj, quel luogo magico che ha resistito all’omologazione va, definitivamente, in pensione dopo oltre 80 anni.

Lucietta Zito dietro al bancone

Così, con un pizzico (anche più) di malinconia sono entrata ancora una volta in questa piccola bottega. Era una tappa fissa da bambina, almeno un paio di giorni alla settimana: panino e chewing gum. Ma se è vero che da adulti la percezione delle cose cambia, c’è una cosa che è rimasta identica in quella bottega: l’odore forte e penetrante di provolone piccante e mortadella che ti avvolge fin sull’uscio della porta. Quei ganci che hanno retto campane di Auricchio fino a tre quintali e la regina degli insaccati sono sempre lì, uno accanto all’altro. Basta solo alzare lo sguardo, chiudere gli occhi e lasciarsi stordire dai ricordi e dai racconti di Lucietta. 

Il bacone dove prepara i panini

Classe millenovecentequarantaquattro. Ha radici forti, nell’anima. Donna tenace, una vita fatta di gioie immense e grandi difficoltà. Ed un lavoro, quella della salumiera, al quale si è dedicata con impegno e passione. “A dieci anni aiutavo mio padre nella bottega, avevo il compito di pesare la pasta che vendevamo sfusa. Era nei cassetti. Salivo sulla sediolina per prenderla perché non ci arrivavo”, mi dice mentre quasi emozionata mi spiega come la incartava nel foglio giallo ocra. L’occhio, inevitabilmente, cade sugli scaffali semi vuoti, soprattutto, quelli alle spalle del bancone: “Qui ci andavano 86 lattine grandi di tonno, né una in più e né una in meno. Papà lo prendeva dalla Sicilia, na prelibatezz”

L'insegna Auricchio all'interno della bottega Zito

Nella bottega di Vincenzo Zito si vendevano solo materie prime di qualità ma era molto più che semplice luogo in cui ci si recava a fare la spesa. Era, piuttosto, un vero e proprio quartier generale da cui si apprendevano notizie su fatti e persone del rione, luogo di confidenze e consigli. Vincenzo era un amico e un fido custode di segreti in cambio dei quali era in grado di elargire i giusti ingredienti la cui combinazione dava luogo a vere e proprie meraviglie gastronomiche. 

Il panino cegliese di Zito

Il suo panino misto nato quasi per gioco è stato la sua fortuna. “Un giorno preparò delle fette di pane con vari ingredienti, così a caso – racconta Lucietta -, il pane era quello casereccio che faceva mia madre Margherita (dopo alcuni anni sarebbe arrivata la pagnotta a quattro del forno Elia). Li fece assaggiare ai suoi amici e quello che piacque di più fu quello con mortadella, provolone, tonno e capperi che faceva sempre mia madre. Nicolino Epifani decise che quel panino doveva portare il nome di mio padre e così è stato per tanti anni. Però non chiamatelo cegliese perché gli ingredienti non sono nostri. Solo le mani che lo hanno creato erano e sono cegliesi.”

PANINO CEGLIESE-2

Da quel momento un numero indefinito di panini misti sono stati preparati e divorati. Una ricetta azzardata che è diventata famosa in tutto il mondo e oggi non c’è turista che non va via senza aver provato il famoso panino di Ceglie Messapica. “Abbiamo compiuto un piccolo miracolo”, dice Lucietta abbozzando un sorriso compiaciuto. Prima di andare via mi accorgo che all’angolo del lavabo non c’è nemmeno più il cartone con i filetti del baccalà salato e prima di salutarla le chiedo se è veramente convinta di chiudere: “Adele mì, le ginocchia non mi reggono più, sono stanca. Ci siamo sempre distinti per la qualità e la mia è stata una scelta lavorativa e di vita che ha comportato tanti momenti di felicità ma anche tanti sacrifici ma ne è valsa la pena”. 

(si ringrazia Vincenzo Suma per le foto)

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