Teatri sempre aperti, la protesta silenziosa di artisti, operatori e tecnici
Domani, domenica 1 novembre, alle ore 17:30, nella piazza antistante il teatro comunale
CEGLIE MESSAPICA – Una “maratona teatrale” ma a porte chiuse, visibile solo passando accanto al teatro comunale di Ceglie Messapica. Una protesta silenziosa di alcune compagnie teatrali ed attori pugliesi a seguito della decisione del governo nazionale di sospendere hli spettacoli dal vivo. L’appuntamento è per domani, 1 novembre, alle 17:30, nella piazza del teatro di Ceglie per “prestare” l’orecchio a coloro, gli operatori teatrali, i tecnici, il personale organizzativo e di sala, che stanno cercando una strada, quella dei teatri sempre aperti.
“Ci siamo a lungo interrogati sulla necessità e sul senso delle misure prese e su quali strumenti scegliere per manifestare il nostro pensiero – si legge nella nota a firma di Armamaxa/Paginebiancheteatro, Burambo’, Compagnia del Sole, Compagnia Licia Lanera, Ip Produzioni Impertinenti, Meridiani Perduti, Michele Sinisi, Nasca Teatri di Terra, Nunzia Antonino, Peppo Grassi, Soqquadro Company e Teatro le Forche - perché per noi la decisione è arrivata come uno schiaffo inaspettato. La nostra non è, né intende essere in alcun modo, una protesta diffusa e generica contro le misure di prevenzione da adottare né, tantomeno, l’anacronistico tentativo di negare l’esistenza del dramma che noi tutti stiamo vivendo. Il nostro è un atto d’arte, e in quanto tale politico e d’amore, che intende riscrivere la narrazione che fin qui è stata raccontata: i teatri e i luoghi della cultura non sono sacrificabili.
Parte da qui l’esigenza di compiere un atto che è si ‘consolatorio’ per i lavoratori dello spettacolo ma è anche necessario per una comunità che voglia dirsi civile, “e lo è ancor più – continuano - per le persone che nel lavoro dello spettacolo dal vivo riconoscono uno dei fondamenti della propria identità culturale. Non vogliamo neanche rassegnarci a lasciare campo libero all’idea scellerata di una ‘piattaforma digitale della cultura’, perché, in un Paese come il nostro che non può e non deve rinunciare all’esercizio di libertà che rappresentano istruzione, arte, cultura nel senso più ampio, crediamo sia un superficiale tentativo di surrogare lo spettacolo dal vivo con una proposta contraria alla natura stessa dell’incontro attore-spettatore. E questa non è una mera questione estetica o etica: è una questione di sopravvivenza, vita-morte, perché una simile scelta non farebbe altro che scavare ulteriormente il solco che divide il nostro complesso, articolato e ricco di creative contraddizioni, mondo dello spettacolo.”