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Sabato, 20 Aprile 2024
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"Così il Covid è entrato in Neurochirurgia". Cgil Medici accusa

Una lunga ricostruzione dei presunti errori commessi dai servizi Asl sul piano della prevenzione, con richiesta di individuazione delle responsabilità

BRINDISI – Con una lunga nota in cui viene ricostruita passo per passo la diffusione del Covid-19 tra operatori sanitari e paziente del reparto di Neurochirurgia dell’ospedale Perrino di Brindisi, la Cgil Medici chiede formalmente al direttore generale della Asl, Giuseppe Pasqualone, “l’attivazione di opportune iniziative e procedure, anche eventualmente disciplinari, volte all’accertamento  delle modalità con cui si è propagato il contagio da Sars-Cov-2 in Neurochirurgia al fine di individuarne le responsabilità in ordine alle procedure di inquadramento e ricovero secondo percorso no-Covid dei pazienti poi divenuti o dimostratisi positivi per Covid-19; al distanziamento sociale durante le attività assistenziali di reparto; alla corretta applicazione delle procedure di sorveglianza e protezione messe in atto da coordinatore dei Presidii ospedalieri, dalla Direzione medica di presidio “A. Perrino” e dal Medico competente”.

Tutto ciò, “atteso che sono state ampiamente diverse in situazioni, quanto meno, molto simili, sia tra operatori nel reparto di Neurochirurgia sia tra reparti nel Perrino (dove, invero, in situazioni analoghe alla Neurochirurgia, sono stati chiusi i reparti di Pneumologia e Chirurgia Generale, sottoponendo ad isolamento fiduciario e/o con contumacia numerosi colleghi di tali reparto)”. La nota è stata inviata oltre che alle direzioni già citate, anche ai direttori di alcune divisioni ospedaliere coinvolte, e soprattutto al servizio Spesal (che si occupa come è noto della prevenzione e dell’accertamento delle cause e delle responsabilità degli infortuni sul lavoro), e ai responsabili dei servizi di Risk management, Sorveglianza sanitaria, Prevenzione e protezione aziendale, e all’Ufficio procedimenti disciplinari della stessa Asl di Brindisi.

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Contestata la mancanza di informazioni da parte della Asl

Si allunga dunque la lista delle contestazioni avanzate non solo dai sindacati di categoria ma anche dalle associazioni dei medici e degli infermieri, per la gestione della pandemia da parte della Asl di Brindisi. Cgil Medici “sperava che codesta amministrazione si impegnasse a smentire le accuse, mossele dalla Cgil nella precedente nota del 23 aprile invece, purtroppo, è costretta a notare come, in realtà, i fatti dimostrano un’imperterrita volontà aziendale a mantenere «la qualità delle relazioni sindacali ai minimi termini, relegandola alla dimensione dell’effimero» e a esercitare, «in modo sgradevole ed abusivo, un potere, che non le appartiene, quello della gestione del corpo dei lavoratori»”, è la contestazione.

“Codesta amministrazione – prosegue ancora Cgil Medici - si ostina a negare ai pazienti, ai lavoratori, alle Istituzioni, alle parti sociali una corretta informazione circa l’andamento del contagio da Sars-Cov-2 tra gli operatori sanitari (in ambito pubblico e privato): frasi tipo «Nell’ospedale Perrino sono stati effettuati 32 tamponi: 18 a operatori sanitari, 14 a degenti e pazienti in Pronto soccorso» e «… 64 tamponi: 42 a operatori sanitari, 22 a degenti e pazienti in Pronto Soccorso», pubblicate su una pagina social dell’Asl Br (rispettivamente il 23 e il 27 Aprile), nulla dicono rispetto alla gravità di quanto avvenuto nel reparto di Neurochirurgia negli ultimi 20 giorni. I diciotto operatori sanitari sottoposti a tampone il 23 aprile sono tutti operatori della Neurochirurgia e, di essi, almeno nove sono risultati positivi, ben il 50%!”, denuncia il sindacato.

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I casi precedenti di contagio nei reparti del Perrino

“La gravità della diffusione dell’epidemia da Sars-Cov-2 nella Neurochirurgia ripropone pedissequamente quanto avvenuto circa un mese fa in Chirurgia Generale in termini di errori ed omissioni commessi a vari livelli: è ancora fresca la memoria sia delle frasi delle foto rassicuranti del direttore della Chirurgia (databili al 19 marzo) o i proclami, a mezzo stampa (il 22 marzo), «in Chirurgia nessuno è contagiato e il Covid19 non ferma le operazioni … lo stesso primario ha voluto esporsi in prima persona, negando ogni caso di contagio tra i suoi collaboratori e confermando la piena attività del reparto, in accordo coi protocolli di sicurezza vigenti e con la programmazione degli interventi decisa con i vertici aziendali e del presidio…la pedissequa osservanza del protocollo ha impedito il diffondersi del contagio e la creazione di focolaio epidemico…così come a nessun rischio sono stati sottoposti i pazienti, il personale sanitario e tutti gli operatori del reparto»”, ricorda Cgil Medici.

“Atteso che, come risaputo in ogni dove, in quei giorni venivano riscontrati positivi al tampone alcuni pazienti ed operatori sanitari  per cui veniva disposta la riduzione dell’attività chirurgica ai soli casi presenti in ospedale per poi addirittura essere completamente chiusa per l’elevato numero di operatori sanitari in isolamento e/o quarantena (compreso il primario stesso), questa organizzazione sindacale rileva la non curanza con cui recentemente si è ripetuta la medesima dinamica nel caso nella Neurochirurgia”.

Le decisioni contestate da Cgil Medici

A chi scrive, la decisione, presa nella riunione tenutasi il 25 aprile tra coordinatore sanitario Presidii Ospedalieri, Dmpo “A. Perrino”, direttore Uoc Neurochirurgia, vicario del direttore Uoc Chirurgia Generale, Medico competente, di incorporare la Neurochirurgia negli spazi della Chirurgia Generale (trasferendo lì, i quattro pazienti neurochirurgici, in quel momento ricoverati, assistiti dal personale della Neurochirurgia reduce da una quarantena fiduciaria appena terminata il 25 aprile - per un precedente contatto stretto con soggetto Covid-19 in reparto - appare incongruente (anche rispetto alla posizione assunta da codesta amministrazione nella stagione estate-autunno 2019 riguardo alla competenza d’organo che avrebbe consentito ai neurologi di sostenere i neurochirurghi nella continuità assistenziale, ma, soprattutto, rispetto alla perdurante assenza di percorsi netti e differenziati Covid-19/No-Covid a partire dalla prescrizione del tampone a tutti i pazienti che necessitano di ricovero)”, sostiene Cgil Medici nella sua nota di richiesta di provvedimenti.

Decisione, dunque, “opaca nei metodi e negli obiettivi quasi si trattasse di arcana imperii in quanto nemmeno comunicata alle organizzazioni sindacali. Tardiva rispetto all’evidente diffusione dell’epidemia dapprima in Chirurgia poi in Pneumologia ed ora in Neurochirurgia. Lacunosa dato che – nell’ipotesi che siano falsi negativi? – non prescrive con chiarezza i tamponi di controllo a 48 ore e ad una settimana a tutti gli operatori sanitari risultati negativi, ivi inclusi tutti i medici che ad oggi, invece, sembrerebbero esclusi immotivatamente. Pericolosa – attacca ancora Cgil Medici - perché, come già avvenuto nel caso della Chirurgia, permette la prosecuzione di attività medico-assistenziali (osservazione, consulenze fino alle urgenze) nonostante che i medici incaricati di tale assistenza siano sottoposti a sorveglianza per Covid-19, nell’evidenza di un cluster epidemico nel reparto. Assurdo e paradossale appare, poi, lasciare quegli operatori sanitari, risultati negativi al tampone del 23 aprile ma ancora sotto sorveglianza per Covid-19, ‘a fare la guardia al secchio’ ed affidandogli la sorveglianza sulle procedure di sanificazione nel reparto di Neurochirurgia, al contrario di quanto deciso e comunicato dalla Dmpo “A. Perrino” (con nota 25526 dell’1 aprile) in merito al personale della Uoc di Pneumologia, ad esempio, che invece venne sottoposto ad isolamento fiduciario”.

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Così è entrato il Covid-19 in Neurochirurgia

Cgil Medici elenca una serie di circostanze. “Come, all’inizio di marzo, sono stati ricoverati in Chirurgia Generale, uno o più pazienti risultati successivamente positivi al tampone per Covid-19, così è stato permesso che accadesse ad aprile in Neurochirurgia, senza proclami mediatici. In data 13 aprile fu ricoverato, dal Pronto Soccorso seguendo un percorso no-Covid, il signor V. che, in data 14 aprile venne più correttamente inquadrato ed operato come Covid-19, in base al risultato di un tampone cui il degente era stato sottoposto, in ambito territoriale, nei giorni precedenti il ricovero ospedaliero. Messi a conoscenza di questo episodio, il Medico competente e la Dmpo decisero di porre dalla sera del 14 aprile in isolamento fiduciario dieci operatori sanitari, tra i quali, ad oggi, un dirigente medico è risultata positiva al tampone per Covid-19”.

E ancora: “Il giorno successivo (14 aprile) un’altra paziente, la signora F., venne ricoverata per essere sottoposta ad intervento neurochirurgico con percorso no-Covid, dopo visita elettiva nello stesso reparto avvenuta il 10 aprile. La paziente, il 15 aprile, stesso giorno dell’intervento programmato, risultò positiva al tampone per Covid-19 (richiesto in consulenza anestesiologica pre-operatoria). Messi a conoscenza di questo episodio, il Medico competente e la Dmpo – prosegue Cgil Medici - decisero che l’assistenza prestata da dodici operatori sanitari alla suddetta paziente non era da considerarsi contatto stretto per cui i suddetti operatori hanno lavorato regolarmente nei giorni successivi secondo pianificazione del lavoro della loro Uoc”.

“Segue poi il caso della signora D., che era stata trasportata in data 11 aprile al Pronto Soccorso seguendo un percorso no-Covid, operata in regime d’urgenza in sala no-Covid e trasferita nella sub unità della Rianimazione no-Covid, dove è rimasta sino al 15 aprile quando è stata trasferita in Neurochirurgia fino al 22 aprile quando, dimostratasi affetta da Covid-19, fu trasferita in Malattie Infettive del Perrino. Anche in questo caso, messi a conoscenza di questo episodio, il Medico competente e la Dmpo decisero che l’assistenza prestata alla suddetta paziente da ben diciotto operatori sanitari della Neurochirurgia non era da considerarsi contatto stretto, ma, a differenza del caso precedente, prescrissero il tampone per Covid-19 a tutti, ivi compresi, a richiesta del direttore Uoc Anestesia e Rianimazione, gli operatori dell’Anestesia e Rianimazione venuti in contatto con tal paziente”.

“Considerato che la diffusione del virus Sars-Cov-2 nella Neurochirurgia, nel periodo 10-25 aprile, rappresenta evidentemente un cluster epidemico ovvero aggregazione di casi di infezione, accertati, collegati tra loro in una determinata area geografica e in un determinato periodo”, e che “il suddetto cluster epidemico ha concretizzato un danno, ovvero una lesione della salute psico-fisica tutelata dall’articolo 32 della Costituzione, ad un numero rilevante di persone che, invero, sono in infortunio sul lavoro, tale da indurre un notevole allarme sociale e configurare pericolo non solo per i soggetti positivi, ma anche per la salute pubblica”. Ed infine “considerato che il cluster epidemico suddetto potrebbe essere stato causato da errori ed omissioni rispetto alle misure di contenimento dell’epidemia, dato che i nessi di causalità non sono solo di tipo probabilistico, ma anche di tipo logico, come riconosciuto anche nella sentenza Franzese”, la Cgil Medici chiede gli accertamenti delle responsabilità e provvedimenti conseguenti.

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