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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Sette anni di sacerdozio: don Mimmo Roma si racconta

Il parroco della basilica cattedrale di Brindisi parla della sua vocazione, nata fin dall'infanzia, e del percorso che lo ha portato ad indossare l'abito talare

BRINDISI - Da ieri, venerdì 3 settembre, sono entrati nel vivo i solenni festeggiamenti per i Santi Patroni di Brindisi, Teodoro e Lorenzo. È stato un bel momento di festa, seppur in forma ridotta per la pandemia, e di gioia per la città. È stato un momento di gioia anche per l’amministratore parrocchiale della Cattedrale di Brindisi, don Mimmo Roma, presente insieme alle autorità civili alla consegna dell’omaggio floreale da parte del sindaco di Brindisi, Riccardo Rossi, alle statue dei santi patroni collocate nel tosello posizionato all’incrocio dei corsi. Per don Mimmo, infatti, ricorreva proprio ieri il settimo anniversario di ordinazione sacerdotale. Una vocazione, la sua, nata sin da bambino, in seno alla famiglia. Questa sera, in piazza Duomo, alle 20.30 si celebrerà il Solenne Pontificale per i Santi Patroni presieduto dall’Arcivescovo Domenico Caliandro. Alle 20.15 il sindaco di Brindisi consegnerà simbolicamente le chiavi della città ai Santi Patroni. In questa occasione don Mimmo Roma inizierà ufficialmente il ministero di parroco in Cattedrale. 

BrindisiReport lo ha raggiunto questa mattina in Cattedrale per chiedergli di raccontarci quando è nata la sua vocazione sacerdotale. 

“La vocazione viene da molto lontano” -afferma don Mimmo. “Sin da bambino dentro di me si muoveva qualcosa, perché anche il contesto familiare è sempre stato propenso ad un percorso di fede. Mia madre in particolare, accompagnata anche da mio padre, ha condotto noi sei figli a fare un bel percorso di fede. Dio è sempre presente nel nostro ricordo. La cosa bella: mi ricordo tutti sul lettone di mamma e papà la sera a pregare insieme o delle volte in cui non era possibile farlo tutti insieme e veniva la mamma in camera. Certe volte, quando la mamma mancava, anche papà s’improvvisava come colui che ci faceva fare la preghiera. Dei bei momenti in cui il Signore è stato sempre presente nel nostro percorso di vita. Quindi la vocazione di donare la vita nasce in famiglia, sull’esempio di mia madre e di mio padre, che hanno sempre speso il loro tempo per il bene, per la famiglia, ma non solo, perché ci spronavano all’impegno parrocchiale, ad andare oltre noi stessi, a non essere solo e soltanto chiusi nei nostri piccoli mondi, ma a mettere al servizio quei doni che il Signore ci aveva dato. Quindi la vocazione nasce da qui. Poi, con il tempo, ho sempre cercato maggiormente di comprendere, facendo tante esperienze nella vita, tutte le esperienze possibili. Mia madre dice che se dovesse scrivere tutto quello che ho combinato ci vorrebbe un po’. Quindi ringrazio mia madre che serba nel suo cuore tutte queste cose e le tiene per se. Però l’aver fatto queste esperienze comunque mi ha condotto ad avere sempre una maggiore coscienza di me, del mio rapporto con Dio e di quello che è il senso della mia vita nel mondo, perché ciascuno di noi ha un senso nella vita e nella comunità. E piano piano si è delineato”. 

Don Mimmo Roma-3

 “Ho fatto le scuole medie in seminario” -prosegue don Mimmo- “era entrato prima mio fratello, ha frequentato otto anni. Per me mio fratello è sempre stato ed è un punto di riferimento importante. Quindi questo suo percorso ha messo un interrogativo anche in me, tant’è che durante la quinta elementare, si facevano gli incontri con i ministranti, ricordo una cosa molto strana. A giugno quando si faceva il Preseminario, tre giorni durante i quali gli educatori ti vedevano, ti valutavano per quel cammino comunitario, ricordo che, finiti quei tre giorni, l’allora rettore disse a mia madre che dovevamo aspettare un po’. Ricordo che piansi davvero tanto perché volevo fare quel percorso. Poi, ad agosto, durante le festività di Sant’Oronzo, co-patrono della diocesi, il rettore disse che aveva valutato meglio e pertanto potevo iniziare. Quindi la gioia di fare questi tre anni di seminario, la vita comunitaria. Facevamo tante cose belle insieme: chiaramente giocavamo tutti i giorni a calcio, ma si pregava, si studiava, si approfondivano le cose, si facevano degli incontri importanti, l’attenzione alle missioni, facevamo il giornalino. Quante esperienze belle ho fatto e che fanno parte tutte del mio bagaglio. E ringrazio il buon Dio. Quindi è cresciuta così la vocazione. Poi durante la seconda media ho perso mio padre, che seppur non ha inficiato in maniera forte, però sicuramente qualcosa ti segna. Durante la terza media poi si cresce. Era iniziato quel rapporto diverso anche con le ragazzine. Mi ero fidanzato e questa cosa un po’ mi ha fatto desistere dall’idea di rimanere in seminario".

"Quindi dopo la terza media sono uscito, però continuavo in maniera bella, in maniera forte, l’impegno in parrocchia. Una parrocchia vivacissima. Ogni sera avevamo il gruppo missionario, il gruppo liturgico, il gruppo dei canti, i giochi, preparavamo la catechesi, il carnevalino. Quante cose belle che ho imparato nella vita di comunità parrocchiale. E tutte queste cose segnavano qualcosa nella mia vita. Il mio carattere è stato ed è sempre quello, molto propositivo, per cercare di creare occasioni belle per crescere insieme. Quindi il mio percorso è continuato. In realtà ho avuto sempre questa propensione all’impegno”- aggiunge don Mimmo. “Alle scuole superiori sono stato rappresentante di classe. Già al terzo superiore ero rappresentante di istituto, della consulta provinciale. Dove c’era da organizzare, da rappresentare, c’ero sempre io in mezzo. Per questo mia madre dice che serba tutte queste cose nel suo cuore. Poi dopo il quinto superiore mi sono iscritto all’università, ma diciamo con molta superficialità perché gli amici si erano iscritti e mi sono iscritto anche io. Ricordo di aver fatto spendere un po’ di soldi anche a mia madre, alla mia famiglia, che non essendoci papà era un po’ in difficoltà. Avevo preso casa a Lecce, però poi sono rientrato in me stesso, come il figliol prodigo, dopo tre mesi, e sono ritornato a casa. Ho fatto il militare. E in tutte queste varie esperienze in realtà, ogni tanto, quando cerco di guardarmi dietro, da quando è finita la scuola superiore fino a quando ho deciso di mettere la mia vita veramente in un discernimento serio, accaduto poi a ventiquattro anni, ho una grande confusione perché ho fatto tante cose. Cercavo di dare un senso". Don Mimmo Roma mentre celebra la Santa Messa-2

"Mi sono diplomato perito agrario e ho fatto il praticantato con un tecnico agrario, ho collaborato negli uffici della Coldiretti, ho fatto il concorso per vigile urbano provvisorio, ne ho fatte tantissime. E c’è stato un momento anche importante in cui dicevo: “Ma cosa devo fare della mia vita? Come mi devo impegnare?” tant’è che c’è stato anche un passaggio in cui ho detto a me stesso: a me è sempre piaciuta la rilevanza sociale del Vangelo, a me sono sempre piaciuti quei santi che hanno vissuto una fede forte che però dava concretezza anche al sociale, a questo cambiamento. Allora ho detto, probabilmente, siccome ricordavo sempre quelle parole che dicevano che la politica è la più alta forma di carità e ho sempre sostenuto e sostengo ancora che con questa dimensione si può fare un gran bene, “forse è quella la mia strada".

"E quindi ho mosso i passi anche all’interno di questo mondo, seppur nella parte giovanile. Ho ricoperto ruoli anche importanti nel livello giovanile, per quello che può essere importante, diciamo così. Ma lì c’era qualche cosa che non andava, c’era questa difficoltà, seppur tanti amici, tante relazioni. Collaboravo anche con mio fratello nel lavoro imprenditoriale perché c’era l’azienda di mio padre da portare avanti. Ero un suo ausilio perché non ho mai voluto prendere in mano questa parte dell’azienda che papà, quando è venuto a mancare, aveva messo a disposizione di mio fratello e me. Seppur ero fidanzato, avevo delle esperienze importanti, belle, ad un certo punto sono stato invitato ad una tre giorni di ritiro. Era per me un periodo di grande confusione. Tutto mi sembrava molto pesante e sentivo dentro il cuore che c’era qualche passo decisivo che dovevo dare alla mia vita. Quindi ho fatto questi tre giorni e ho aperto il cuore. Era per i laici e c’era un sacerdote che ci accompagnava". 

Da sinistra, Monsignor Domenico Caliandro e don Mimmo Roma-2

Gli dissi: “C’è dentro di me questa confusione, sento che sto reprimendo qualcosa, il mio desiderio che ogni tanto torna: la questione del sacerdozio. Però sono tanto impegnato, ho tante cose da fare che proprio credo che sia una cosa lontana da me, dai miei interessi”. E quel sacerdote disse: “Va bene, continuiamo ad incontrarci di tanto in tanto e preghiamoci su”. Da lì devo dire che la mia vita ha cominciato a prendere una chiarezza tutta differente. Poi, qualche anno fa, allora avevo 24 anni, entrai in seminario. Dopo un paio di anni in cui c’è stato questo dialogo entrai in seminario con dei religiosi con i quali ho fatto tre anni a Roma e poi sono rientrato nel seminario diocesano, a Molfetta. Dopodiché  l’ordinazione nel 2014, e devo dire che da quando ho iniziato questo percorso di discernimento serio ho ben chiaro il percorso della mia vita.”

Ieri era il suo settimo anniversario di ordinazione sacerdotale. Cosa ricorda di quel giorno?

“Un giorno bello, particolarmente forte. Ricordo che anche le condizioni climatiche non erano particolarmente accondiscendenti. Eravamo in tre ad essere ordinati: io, don Andrea e don Sandro, due compagni di viaggio davvero straordinari con i quali davvero condividiamo una grande amicizia. Quella sera ricordo una serenità di fondo e una responsabilità tanto grande perché vedevo la risposta della gente, questa gioia così bella. E ti rendi conto che questa scelta seppur complessa, non più complessa di chi sceglie il matrimonio, anzi, sono differenti, però ha portato nel cuore delle persone una gioia della quale neanche io sapevo capacitarmi, però è così. Ricordo la mia presa di coscienza, di responsabilità, di timore e tremore di quel momento così grande e ricordo la gioia grande delle persone che mi erano accanto. Quindi di quel giorno porto questo con me: quel sentirti parte di un popolo dove tu sei comunque un riferimento, hai la responsabilità di essere punto di riferimento. E questo per me è motivo di gioia e di responsabilità”. 

San Teodoro 2021, sindaco-2

Questa sera inizierà ufficialmente il ministero di parroco della Cattedrale.

“Esatto, si, dopo tre anni da amministratore parrocchiale, così è detta la situazione canonica. Cosa significa? L’arcivescovo quando per la prima volta da ad un sacerdote le funzioni di parroco, gli da la nomina di amministratore parrocchiale, perché comunque essere parroco non è cosa semplice. Accompagnare le persone, il popolo di Dio, accompagnare anche tutto ciò che concerne strutture, parti amministrative, è veramente complesso. Quindi non sempre si è ben capaci di fare questo, allora l’arcivescovo ha in questa possibilità canonica quel poter vedere se si è fatti per questo. Quindi di solito dura tre anni questo periodo, come lo è stato per me, al termine del quale l’arcivescovo appunto decide se confermare come parroco in quella stessa parrocchia o mandarti altrove. Prende le sue decisioni".

"Nel mio caso, da amministratore parrocchiale l’arcivescovo ha inteso confermarmi come parroco della Cattedrale. Non semplice, perché la parrocchia Cattedrale è molto ampia, vede anche la presenza di quelle che erano ex parrocchie che coinvolgono in unità e chiaramente non è sempre semplice questo, ma davvero sta avvenendo questo percorso in questo clima comunque di vicinanza alla gente, alle persone, nel conoscerle, chiaramente dobbiamo cercare sempre di conoscerli tutti e di più, però questo comincia ad esserci, questa capacità di stare insieme che un po’ mi contraddistingue, poi ci sono tanti altri limiti sicuramente, però questo c’è ed è importante. Quindi io spero davvero che possiamo camminare insieme, questo desidero: camminare insieme, avere tanta fede in Dio e che questa fede possa veramente  innescare dei dinamismi molto di attenzione alla comunità ecclesiale e civile, perché non è mai staccato questo. E su questo ci stiamo impegnando, sia come parroco della Cattedrale ma anche, per me molto importante, come delegato dell’Arcivescovo per le questioni sociali. Quindi, andiamo avanti”. 

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