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Lockdown, anche gli operatori sanitari dallo psicologo: l'intervista

La vice-presidente dell'ordine Giovanna Pontiggia: il sistema sanitario pugliese non è pronto ad affrontare la seconda ondata da questo punto di vista

BRINDISI – “Non dobbiamo pensare che solo i cittadini hanno bisogno di un sostegno psicologico, anche molti tra gli operatori sanitari hanno subito lo stress della pandemia da Coronavirus e del lockdown”. A spiegare la situazione dell'assistenza dal punto di vista del benessere mentale è la dottoressa Giovanna Pontiggia, vice-presidente dell'ordine degli Psicologi della regione Puglia, originaria di San Michele di Bari. Ha lavorato per l'Asl e attualmente è assessore alle Politiche sociali a Gioia del Colle, in qualità di tecnico. Ha insegnato per 20 anni presso l'Università di Bari, ora è docente nelle scuole di specializzazione post laurea. Durante il lockdown l'ordine della Puglia ha messo a disposizione dei numeri verdi per il sostegno psicologico, ma nella fase acuta sono arrivate talmente tante richieste che le telefonate sono state dirottate al ministero della Salute, una task force si è occupata di evaderle. Però molti psicologi hanno tuttora lo studio pieno di richieste di sostegno. La rete del servizio pubblico al momento è carente di queste figure professionali. BrindisiReport ha intervistato la dottoressa Pontiggia durante questa seconda ondata di Covid-19.

Non solo le cure del corpo, anche la mente è stressata da questa situazione. E molti pugliesi stanno ricorrendo allo psicologo. Quanto è importante questa figura nella gestione della pandemia?

“Il lockdown e la pandemia sono soggettive, sono legate a caratteristiche specifiche della personalità di ognuno di noi. Quindi sicuramente dopo la sintomatologia legata a questo fenomeno, il contatto con lo psicologo può aiutare la persona a vedere problematiche più antiche che non erano emerse o di cui il soggetto non aveva consapevolezza. Sicuramente lo psicologo è una figura da tener presente nel processo di salute della popolazione. Finalmente si comprende come la multi-dimensionalità della persona non possa limitarsi a fatti biologici, ma deve spaziare su tutte le dimensioni, che possono essere quelle emotive, relazionali, di auto-percezione e così via”.

Chi si rivolge in questo periodo per la prima volta a uno psicologo?

“In particolar modo le fasce più a rischio, quelle persone che avevano meno risorse dentro di sé, chi non è stato in grado di razionalizzare i processi di ansia, che comunque penso che la maggior parte di noi abbia vissuto e continua a vivere”.

Come si possono aiutare queste fasce a rischio?

“La prima cosa da fare è pensare alla responsabilità personale: la pandemia si sviluppa in relazione ai comportamenti individuali. Non bisogna creare allarmismi, anticipazioni negative e nefaste di prospettiva del futuro, perché questo in chi non ha strumenti di analisi dell'esperienza e della realtà può portare a un peggioramento dello stato psichico. Inoltre, occorre fare molta educazione e psico-educazione alla malattia, alle caratteristiche, alle modalità con le quali ci si può proteggere e si possono proteggere gli altri. Perché i comportamenti individuali sono il rispetto di se stessi e degli altri. Soprattutto in età evolutiva, dove queste conoscenze sono inferiori”.

Si parla di un secondo lockdown, seppur parziale. Che impatto potrebbe avere?

“C'è chi può essere sopraffatto dall'angoscia del ricordo del primo, ma c'è chi invece può far tesoro di questa esperienza, riprendere la sua capacità di aver fatto fronte una prima volta e comprendere che potrà farlo nuovamente”.

Ritiene che il sistema sanitario pugliese sia preparato in questo ambito?

“Il sistema sanitario pubblico in Puglia tuttora ha carenze di figure di psicologo. I servizi poi andrebbero qualificati non solo in questo momento, durante l'emergenza, nelle parti acute, ma sempre. La salute non può essere vista sol dal punto di vista bio-medico, organico, ma va vista nella multi-dimensionalità”.

Quindi il sistema non è pronto.

“Diciamo che non è prontissimo. La richiesta d'aiuto ci è pervenuta anche dagli stessi sanitari, che dovevano far fronte a condizioni di stress, anche da persone che per aiutare hanno contratto il virus. Dobbiamo riflettere su questo dato: la richiesta allo psicologo non è venuta solo dai cittadini, ma anche dagli stessi operatori sanitari. Quindi invito i colleghi a formarsi e a essere pronti, perché il nostro aiuto serve ai cittadini”.

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