Medico ed infermiere aggrediti al Pronto Soccorso, l'Asl si costituisce parte civile
Il fatto era accaduto nei primi mesi del 2022 all’ospedale "Perrino" di Brindisi. La decisione è stata ufficializzata con deliberazione della direzione generale adottata nella giornata di oggi
BRINDISI - Il 30 gennaio 2022, a seguito di un lutto per la perdita di una congiunta già ricoverata presso l’ospedale "Perrino" di Brindisi, due uomini si presentarono presso il locale Pronto Soccorso insieme ad un gruppo di parenti e conoscenti pretendendo di vedere la povera defunta.
L’impossibilità di assecondare la richiesta dei parenti della signora da parte dei sanitari, nel pieno rispetto dei protocolli adottati dal Ministero della Salute sin dall’inizio dell’emergenza pandemica, con il conseguente invito a liberare la zona Triage, aveva incontrato la comprensione della maggior parte dei componenti del gruppo di parenti e amici. Non dello stesso avviso erano stati i due uomini - protagonisti in negativo della vicenda - che avevano reagito in malo modo aggredendo verbalmente e fisicamente il medico di servizio e un infermiere.
Aggredirono medico ed infermiere al Perrino: padre e figlio ai domiciliari
Alle prime luci dell’alba del 15 marzo 2022, gli uomini della Digos e dell’Upgsp (sezione Volanti) della Questura di Brindisi avevano eseguito due ordinanze di custodia cautelare in regime di arresti domiciliari a carico di B.M.,54 anni, già noto alle forze dell'ordine, e suo figlio B.M. 24 anni.
La posizione dell'Asl
La Asl Brindisi si costituisce parte civile nel procedimento penale avviato dalla Procura di Brindisi a seguito dell’aggressione avvenuta nei confronti di un medico e di un infermiere durante lo svolgimento delle proprie mansioni. La notizia è arrivata nel tardo pomeriggio di oggi (18 settembre) per mezzo di una nota stampa condivisa dall'azienda sanitaria.
La decisione è stata ufficializzata con deliberazione della direzione generale adottata proprio nella giornata di oggi.
Il direttore generale, Maurizio De Nuccio, lo ritiene un atto doveroso “al fine di tutelare gli operatori sanitari nei luoghi di lavoro nonché diffondere una cultura di stigmatizzazione verso gli atti di violenza fisica e verbale contro tutto il personale”.