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Piana degli ulivi monumentali: tra xylella, burocrazia e fondi che non arrivano

La piaga è giunta da tempo anche qui, ma c'è un modo per combatterla: gli innesti. Così però si perde la varietà originaria

OSTUNI – Man mano che si scende verso il mare la terra rossa arsa dal sole lascia il posto al verde tipico di questa zona, che fa da contraltare all'azzurro dell'Adriatico. La piana degli ulivi monumentali si estende per quattro comuni e due province. Carovigno, Ostuni, Fasano e infine Monopoli, la prima città del Barese per chi viene da sud. Da un'altezza di 200 metri degrada a livello del mare, ma adesso questi ulivi millenari sono sotto attacco.

“E' come con il Coronavirus”, dice Enzo Iaia, presidente del Gal (Gruppo di azione locale) Alto Salento e olivicoltore. Già, la xylella fastidiosa è pericolosa soprattutto a causa degli asintomatici. Se poi bisogna combatterla con i tempi della burocrazia italiana – notoriamente biblici – e con fondi che sono promessi ma che poi non arrivano, il problema si fa più serio. Enzo, 60 anni, ostunese doc, guarda verso la Città bianca e poi socchiude gli occhi, come a voler cancellare almeno per un attimo il disastro che sta avvenendo qui. Ma poi li riapre. E tende le mani come per abbracciare idealmente ettari ed ettari di oliveto e sospira. “Quell'albero porta i segni della xylella. Quello accanto no, apparentemente. Ma chi ci dice che sia sano? Ripeto: è come col covid-19, dobbiamo mapparli tutti. O questo enorme patrimonio lo perdiamo. Vogliamo passare alla storia come la generazione che ha lasciato che ulivi millenari, tronchi storici, fossero distrutti senza fare abbastanza”?

xylella olivi monumentali-3

Combattere con le armi spuntate

L'avanzata della xylella, o meglio, della sputacchina, l'insetto vettore del batterio, viaggia a circa venti chilometri all'anno. Sembra poco, ma è una corsa contro il tempo, una corsa che si è persa in Salento e che si sta perdendo anche qui. Carmela Riccardi (foto in basso) si definisce “architetto-contadina”. E' ostunese d'adozione e insieme al marito gestisce la masseria agricola "Olère", immersa proprio nella piana. Insieme ad altri imprenditori e olivicoltori ha fondato da tre anni il gruppo “Libero comitato anti xylella”. L'obiettivo è ovvio, ma non è solo di natura economica. Lei ama gli ulivi della sua terra d'adozione. E rimane delusa quando la politica promette e poi non mantiene: “Qualche settimana fa il ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova (nativa di Ceglie Messapica, ndr) ha parlato di cinque milioni di euro da destinare a questa lotta, un milione entro il 2020 e il resto entro il 2021. Bene, il 2020 volge al termine e il bando non è stato ancora pubblicato. Cosa stiamo aspettando? Il tempo è un fattore importante”.

Carmela Riccardi-2

Carmela racconta di vari episodi di lentezza nella lotta a questo fenomeno: la Soprintendenza molto spesso blocca le eradicazioni di alberi malati, perché sono un patrimonio paesaggistico. “E questo lo capisco e lo condivido. Ma se non si eradica l'albero malato, allora anche gli altri si infetteranno. Per non parlare dell'Arif (Agenzia regionale attività irrigue e forestali, ndr) che svolge le analisi. Sono talmente tanti gli ulivi qui che possono passare anche sei mesi tra l'analisi vera e propria e il risultato. E se l'albero risulta malato, in quei sei mesi ha infettato quelli vicini”.

I tempi della burocrazia

Anche Enzo Iaia (foto in basso) parla del fattore tempo. Figlio di agricoltori, è olivicoltore. La sua azienda si chiama “Villa agreste”. Mentre attraversa in auto le strade della piana ogni tanto si ferma a guardare gli olivi ammalati. E si chiede quali siano gli asintomatici: “La Regione dovrebbe dare la possibilità a chiunque di svolgere analisi, anche sugli alberi apparentemente sani. E' l'unica possibilità che abbiamo di salvare la piana, di mettere in salvo questo patrimonio millenario. Noi facciamo gli innesti, ma dobbiamo avere la certezza di farli su una pianta sana, altrimenti sarà lavoro sprecato”.

Enzo Iaia-4

Gli alberi d'ulivo sono dopotutto come dei bambini, bellissimi e fragili, bisognosi delle cure dell'uomo. Questi pargoli millenari si stagliano con maestà, ma basta un insetto che è vettore della xylella, che infetta i vasi linfatici, per metterli in ginocchio. E' già successo con le viti in California, è successo con gli ulivi in Salento, sta succedendo qui. Enzo, come Carmela, crede che finché l'avanzata non arriverà nel nord Barese, laddove gli oleifici fatturano e fatturano, finché non verrà colpita quella economia, la politica sarà lenta di riflessi.

“La verifica – continua Enzo – deve essere quotidiana. Gli ulivi vanno controllati ogni giorno, per questo chiedo che il sistema di monitoraggio non sia più un'esclusiva della Regione, ma sia nella disponibilità di tutti. Dobbiamo passare al setaccio tutta la piana e isolare ed eradicare, purtroppo, tutti gli ulivi ammalati, altrimenti il vettore contagerà col batterio tutti gli alberi. E' questa la mia richiesta e, a mio avviso, l'unico modo per salvare questo patrimonio, che noi curiamo e del quale siamo responsabili”.

Una speranza a caro prezzo

La situazione per Enzo e Carmela e tutti gli addetti ai lavori non è completamente nera: c'è una possibilità, offerta dalla scienza, da quella stessa scienza vituperata e svillaneggiata dai “negazionisti”. Ma ha un costo, altissimo. Per salvare i tronchi millenari occorre sacrificare i frutti. E dunque l'olio prodotto qui. Le varietà di ulivi nella piana sono “oliarola” e “coratina”. Non sono resistenti alla xylella, al contrario della "fs17" (o “favolosa”) e del “leccino”. La pianta – sana – può essere difesa con gli innesti di queste due varietà. Ma così si perdono le due varietà originarie.

xylella particolare-4

“E' un costo alto da pagare – prosegue Enzo Iaia – ma è l'unico modo: così potremo salvare questi monumentali tronchi, a scapito della qualità della nostra produzione. E' un'arma che la scienza ci ha dato, va sfruttata. Ma, lo ripeto ancora: l'innesto va fatto su un albero sicuramente sano, dobbiamo saperlo con certezza che non sia infetto. E dobbiamo saperlo il prima possibile”.

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Enzo Iaia e Carmela Riccardi sono due tra i tanti olivicoltori della zona impegnati a salvare la piana degli olivi monumentali. Qui, basta farsi un giro, la xylella è arrivata e al suo silenzioso passaggio lascia solo legna da ardere. Per fortuna ci sono uomini e donne che il silenzio lo rompono, che non vogliono passare alla storia come la generazione che ha lasciato seccare gli olivi millenari. Ma hanno bisogno di armi, armi che solo la politica – locale e nazionale – può fornire, quando si accompagna alla scienza.

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