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Brindisi: presentata la mappa aggiornata di tutte le contrade

L’importante lavoro è stato realizzato dall’Ufficio Toponomastica del Comune di Brindisi e presentato in un evento pubblico

BRINDISI - È stato presentato venerdì sera, nella sala Università di Palazzo Nervegna, il Contradario del Comune di Brindisi, ossia il censimento e la mappatura delle contrade dell’intero territorio in agro di Brindisi. L’importante lavoro è stato realizzato dall’Ufficio Toponomastica del Comune di Brindisi e presentato in un incontro pubblico, di grande interesse, organizzato dalle sezioni di Brindisi di  Italia Nostra e della Società di Storia Patria per la Puglia. L’iniziativa, che ha avuto il patrocinio del Comune di Brindisi, è stata aperta dagli indirizzi di saluto della presidente della sezione di Brindisi di Italia Nostra, dottoressa Maria Ventricelli e dell’assessore ai Servizi Demografici del Comune di Brindisi, avvocato Mauro Masiello.  

“Parliamo di uno strumento molto importante per l’attività amministrativa del Comune, ma anche per noi cittadini, perché ci permette di ampliare la conoscenza del nostro territorio e i suoi cambiamenti”, afferma la dottoressa Ventricelli. “Il Contradario è quindi uno strumento di studio e di approfondimento sulle relazioni tra l’ambito urbano e la circostante area rurale, con uno sguardo all’origine dei toponimi e alla storia dei luoghi ad essi legati. Le contrade rappresentano una parte fondamentale della storia e dell’identità della comunità, e la loro conoscenza sistematica offre anche lo spunto per una ricerca sulle trasformazioni socio-ambientali del paesaggio e sul rapporto tra città e campagna”.  La dottoressa ha proseguito aggiungendo che Italia Nostra ha aderito allo sciopero di ieri, 15 marzo, per la sensibilizzazione sui cambiamenti climatici e la riduzione dei gas serra, ed ha ricordato il dramma degli ulivi colpiti dalla xylella. 

Il pubblico in sala-2-6

Per l’assessore ai Servizi Demografici del Comune di Brindisi, avvocato Mauro Masiello, il Contradario non è solo importante dal punto di vista tecnico: “Pensate al problema del recapito della posta o al problema dell’identificazione delle particelle  o a tutte quante le cause che a volte sorgono, non si comprende bene i regolamenti dei confini, ma anche proprio per il piacere e la possibilità di imparare di più, di conoscere meglio la nostra città e le sue contrade e di amare di più la nostra città ed essere effettivamente parte integrante di questa città”. 

Il gruppo di lavoro

La parola è passata quindi a Pierpaolo Petrosillo, dell’Ufficio Toponomastica del Comune di Brindisi, che ha realizzato il Contradario insieme ad un gruppo di lavoro composto dall’architetto Paolo Tagliamento dell’Ufficio Beni Monumentali, dal geometra Alberto Fiani del settore Urbanistica, dal maresciallo Benvenuti del Comando Polizia Municipale, dal signor Pierino Felline, operatore dello sportello della delegazione di Tuturano e dal signor Tommaso Laguercia, lavoratore socialmente utile del Comune di Brindisi. Petrosillo ha quindi spiegato da dove sono partiti per realizzare il Contradario: “Siamo partiti dal caro vecchio Tuttocittà, l’ultimo risale al 2000".

L'intervento di Mauro Masiello-2

"Siamo partiti da questo vecchio lavoro in cui c’era un elenco primordiale delle contrade”. “Poi abbiamo iniziato a mettere insieme tutti gli atti in possesso dell’amministrazione comunale”, prosegue. “A un certo punto mi è venuta anche l’esigenza di elencarli perché per noi risultava fondamentale la fonte”. Il geometra elenca quindi le mappe utilizzate in questo lavoro: una mappa storica proveniente dagli archivi comunali che era senza titolo e senza data, la mappa dei bonificamenti delle paludi brindisine, risalente al 1876, la mappa provinciale dell’Ente Riforma risalente al 1957, il Quadro di unione dei fogli catastali, la Carta Geologica d’Italia degli Archivi Nazionali, la Carta dell’Istituto Geografico Militare-Rilievo del 1848, la pianta topografica “Brindisi e dintorni” del 1863 dell’Istituto Geografico Militare e, infine, l’Aerofotogrammetria attuale. “Da questa base noi siamo partiti per un viaggio, un viaggio durato tantissimo, durato circa due anni”, ricorda Petrosillo, “che ci ha portato ad esplorare il nostro meraviglioso territorio”. 

“Dopo tutta questa esplorazione siamo riusciti a censire e a localizzare le contrade”, prosegue il geometra. “E questo in realtà è un lavoro che abbiamo fatto in meno di un anno probabilmente. Però ad un certo punto ci siamo resi conto che questo elaborato non poteva prescindere dalla individuazione delle strade, quindi dal censimento e dalla localizzazione di tutte le strade extraurbane del nostro territorio”. Petrosillo ha spiegato quindi le diverse fasi di questo lavoro, che è iniziato recuperando l’ultimo Stradario e censendo quelle strade. Un lavoro questo, che ha portato ad una mappatura totale del territorio e che sta avendo un seguito pratico: “Sulla base di questo lavoro adesso stiamo facendo mettere la cartellonistica a cura della Multiservizi e tra l’altro sta facendo un ottimo lavoro. Quindi nelle zone di campagna noi stiamo mettendo per adesso circa 110 segnali per le strade”.

Cinquecento segnali di contrade in tutto il territorio

“Oltre a questi 110 segnali, quest’anno abbiamo intenzione di metterne circa altri 150, per completare il lavoro di individuazione delle strade extraurbane”. Pierpaolo Petrosillo ha concluso dicendo che se il prossimo anno verranno mantenuti i fondi per la Toponomastica sarà installata la segnaletica delle contrade, circa 500 cartelli di contrade che saranno messi per tutto il territorio. “Ovviamente saranno cartelli di tipo diverso, che si avvicinano, se vogliamo, a quelli turistici, perché poi la contrada, oltre ad essere una localizzazione è anche un nome che vuole invitare alla visita di un luogo. Mentre per quanto riguarda la strada, ovviamente abbiamo messo dei cartelli di ultima generazione”. Il geometra ha terminato il suo intervento parlando delle importanti collaborazioni avute con enti, associazioni, ordini professionali. 

Il tavolo dell'incontro (2)-2-2

La trasformazione del paesaggio

Domenico Saponaro di Italia Nostra ha parlato delle contrade e della trasformazione del paesaggio brindisino, mostrando alcune fotografie scattate con Petrosillo a fine febbraio, ripercorrendo le contrade percorse per due anni dal geometra insieme al gruppo di lavoro. Sulla trasformazione del paesaggio, Saponaro ha affermato che il paesaggio dell’agro di Brindisi, il contradario, non ha subito grandi trasformazioni a causa dell’antropizzazione: “Il fattore umano non ha devastato in maniera eccessiva il territorio rispetto a quanto non sia accaduto, non accada, in altri contesti di rapporto città-campagna”.

“Certo”, prosegue, “le infrastrutture, le strutture, la mano dell’uomo c’è, si vede, ma caratterizza il paesaggio rurale e quindi fa sì che il paesaggio rurale, il paesaggio agrario, dia l’impronta e caratterizzi il paesaggio naturale”. Saponaro ha quindi parlato di Contrada Apani, Giancola, Betlemme, Montenegro, Contrada Cillarese, soffermandosi di seguito sulla questione del consumo di suolo e sul fenomeno del propagarsi del paesaggio urbano, quindi del costruito sulla campagna. “Il rapporto tra città e campagna è importante che sia tutelato, che sia controllato, e questo lo si può fare soltanto attraverso una normativa molto severa”, conclude Saponaro. 

La storia delle contrade

L’incontro è terminato con l’intervento del professore Giacomo Carito, presidente della sezione di Brindisi della Società di Storia Patria, che ha parlato delle contrade e la storia di Brindisi, soffermandosi su tre casi esemplari. “Diciamo che la storia delle contrade è la storia della città”, afferma in apertura del suo intervento il professor Carito, “e in realtà i grandi palazzi si costruiscono con le grandi ricchezze che si accumulano attraverso essenzialmente la produzione agricola”. I primi due casi su cui Carito si sofferma sono Lapani e Giancola. “Dico Lapani non perché stia sbagliando il nome, ma perché tutti gli atti notarili hanno sempre chiamato quella zona Lapani. Poi per un errore, forse hanno pensato che fosse L’Apani, è diventata Apani”.

Carito prosegue rilevando che Lapani: “È un’area che è stata intensamente antropizzata nel tempo. In età Romana nella zona c’era un complesso di fornaci molto importante. Le fornaci producevano le anfore, che erano poi i container nell’antichità”. “Nelle anfore”, spiega, “ viaggiavano l’olio, il vino, specialmente il vino nel caso di Brindisi, vino che è stato ritrovato in tutti i porti del Mediterraneo e anche nel Golfo Persico, fin quasi alle soglie dell’India. Identificato grazie ai marchi di queste fornaci che erano sia a Lapani che a Giancola e che sono un segno evidente di popolamento dell’area. Questo ci dice che l’area di Lapani probabilmente non era impaludata nell’età antica e non lo è stata probabilmente per secoli, anche perché a ridosso di Lapani passava l’Appia Traiana”.

Carito ha ricordato che proprio uno dei pochi tratti dell’Appia Traiana che ci sia rimasto si trova nei pressi della Masseria di Lapani, che a sua volta insiste su una villa rustica romana. “Questo viadotto”, aggiunge, “perché si tratta di un viadotto, il viadotto che scavalca il Canale di Lapani, andrebbe assolutamente tutelato”, rileva Carito, che si sofferma a parlare poi della presenza degli ordini monastico-cavallereschi nel tratto tra Lapani e Brindisi, nel Medioevo, e del secondo caso, la zona di Giancola,  che “ha un interesse archeologico notissimo”. “Alla fine degli anni Novanta è stata scavata la grande fornace di Giancola, la villa rustica, fortunatamente salvaguardate coprendole”,  ricorda Carito, che si sofferma poi sulla presenza massiccia di vigneti in zona in età Romana. Poi l’età medievale, con l’abbandono progressivo del tracciato dell’Appia Traiana, la riduzione delle terre coltivate in quanto la popolazione dopo la grande peste nera diminuisce, e l’andamento  climatico sfavorevole fino ai primi del XVIII secolo. 

Maria Ventricelli e Giacomo Carito-2

Infine Carito parla dell’area delle Saline e della struttura monastica di eccezionale importanza nel Medioevo, Santa Maria de Ferorellis, un’abbazia di rito greco che controllava l’area delle Saline. Quando i monaci abbandonano questa abbazia, diventa una masseria che per secoli sarà della famiglia Villanova e che oggi è del Comune di Brindisi: “Può essere il punto da cui si parte per visitare l’area delle Saline”, sostiene Carito, “che è stata un’area di vitale importanza economica per Brindisi. 

“Nell’area delle Saline, che io mi auguro diventi visitabile, ovviamente con le cautele del caso, perché non ci si va certamente in un’area del genere violandola, bisogna andarci con il rispetto che si deve ad un’area così delicata. È un’area sotto molti aspetti oggi anche più interessante di Guaceto, dal punto di vista della biodiversità. C’è una fauna e una flora di grandissimo interesse e può costituire veramente uno dei punti maggiori di interesse per la nostra città, unita alla Masseria”, aggiunge.

Il professore conclude augurandosi che “prima o poi si facciano degli scavi intorno alla Masseria, perché essendo stato un centro monastico di grandissimo rilievo per tutto il Medioevo, sicuramente intorno alla masseria si dovrebbero trovare le strutture medievali di pertinenza”. E aggiunge che andrebbero anche salvaguardate tutte quelle strutture che rimandano alla produzione del sale e le strutture militari che insistono in quella zona. “Quindi c’è tutto un complesso di fabbricati che senza aggiungere un metro cubo di cemento armato, recuperandoli, possono essere a servizio dell’area delle Saline e quindi a vantaggio di tutti noi”.  L’importante iniziativa organizzata da Italia Nostra e dalla Società di Storia Patria per la Puglia si è conclusa con gli interventi del pubblico. 

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