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Emmanuele Lentini

Collaboratore

Presunzione d'innocenza, ecco perché non si conosce più l'attività delle forze dell'ordine

Anche nel Brindisino è stato applicato il decreto Cartabia, che introduce le "veline" dalla Procura. Intanto polizia e carabinieri non possono comunicare alla stampa buona parte delle loro operazioni quotidiane

BRINDISI – Ogni giorno le forze dell'ordine preparavano il loro bravo comunicato stampa e riferivano ai giornalisti di tutte le testate la loro attività: arresti, evasioni, denunce, eccetera. Il giornalista poi, vagliava, verificava, valutava. E, infine, pubblicava, laddove riteneva la notizia di interesse pubblico. I nomi degli arrestati – il principio di presunzione di innocenza è sacrosanto – venivano dati, con tutti i riguardi, solo in casi particolari. E toccava ai giornalisti spiegare che un arrestato, un denunciato, non è colpevole fino a sentenza passata in giudicato. Poi è arrivata la ministra della Giustizia del Governo Draghi, Marta Cartabia, a scompaginare questo equilibrio. Lo strumento è stato il decreto legislativo numero 188 del 2021, quello sulla presunzione d'innocenza. E da allora, apriti cielo. Le interpretazioni sono state molto restrittive. 

Che dice la norma? In un riassunto preso dal sito ufficiale della Camera si legge: "Introduce il divieto, per le autorità pubbliche, di presentare all'opinione pubblica l'indagato o l'imputato in un procedimento penale come 'colpevole', prima che sia intervenuto un provvedimento definitivo di condanna". Bene. Ancora: limita le conferenze stampa della Procura, solo quando strettamente necessarie. Ottimo. Fin qui, nulla di male. Ma, come detto, il problema è l'interpretazione, molto restrittiva qui nel Brindisino.

I giornalisti, praticamente, non conoscono più l'attività quotidiana delle forze dell'ordine. Polizia e carabinieri non possono produrre più i consueti comunicati stampa, ma tutto deve passare dalla Procura della Repubblica, che autorizza o meno. Tutto per il principio sacrosanto della presunzione d'innocenza? Va bene, ma qui il diritto di cronaca viene completamente dimenticato. I giornalisti, dunque l'opinione pubblica, non conoscono più l'attività quotidiana delle forze dell'ordine. Non possono esercitare più il loro ruolo di “cani da guardia”. E si limitano ad aspettare delle "veline" dalla Procura, solo quando la stessa Procura ritiene una notizia interessante. Già. Ma non spetterebbe ai cronisti questa valutazione? 

Comunque, ecco spiegato il motivo: non è che le forze dell'ordine da qualche mese a questa parte stiano con le mani in mano, tutt'altro. E' che non possono più comunicare alla stampa la propria attività, perché la Procura sta applicando il decreto Cartabia sulla presunzione d'innocenza. Il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, ad esempio ha spiegato di essere "consapevole che norme così rigorose potranno limitare il diritto degli operatori dell'informazione all'accesso di notizie e, persino, per una non voluta eterogenesi dei fini, incentivare la ricerca di essere attraverso canali diversi, non ufficiali o persino non legittimi". 

Insomma, il risultato è che il cittadino non è più informato riguardo l'operato delle forze dell'ordine. E, magari, visto il repentino e radicale cambio di rotta nella comunicazione verso i giornali, può avere l'impressione che polizia, carabinieri, guardia costiera, forestali e finanza si siano impigriti. Ma non è così: semplicemente, qui nel Brindisino come in molte parti d'Italia, viene applicato con forza il decreto Cartabia. Il risultato? Un velo scuro è calato sull'attività delle forze dell'ordine qui in provincia di Brindisi.

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