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Il sit in con gli studenti a Brindisi nel segno delle tre parole "Donna, pace e libertà"

Organizzato dall'associazione Io Donna, dall'Anpi Brindisi, dall'Auser e dal coordinamento Donne Spi-Cgil. Si terrà mercoledì 8 marzo in piazza della Vittoria

BRINDISI - A Brindisi mercoledì 8 marzo è stato organizzato, in piazza della Vittoria, un sit-in con le parole "Donna pace libertà" per riaffermare la libertà femminile, spesso negata e tanto temuta dal patriarcato, perché ogni donna possa scegliere liberamente sulla propria vita. L'Associazione Io Donna, l'Anpi Brindisi, l'Auser e il coordinamento Donne Spi-Cgil, organizzatori dell'iniziativa, hanno invitato a partecipare le studentesse e gli studenti degli istituti superiori.  Saranno presenti il liceo Palumbo, l’Ipsss Morvillo-Falcone, l’iss Majorana e il liceo scientifico Fermi-Monticelli con lavori ed interventi propri.

Pubblichiamo di seguito il comunicato degli organizzatori.

Vogliamo realizzare un dialogo tra le generazioni per rifiutare insieme il patriarcato, sia nella forma del capitalismo neoliberista, che della teocrazia dei talebani in Afghanistan, degli ayatollah in Iran, o dei miliziani dell’Isis in Siria, Iraq e sia delle autocrazie sul modello della Russia, della Turchia, ecc. Questo sistema globale produce sfruttamento, disuguaglianze e discriminazioni tra i generi, sessismo, razzismo, guerre infinite, povertà per i popoli espropriati delle proprie risorse, distruzione degli equilibri della terra che minaccia la stessa sopravvivenza del pianeta, aggrava la vita delle donne che subiscono violenza dagli uomini in famiglia e nello spazio pubblico.  

Violenza domestica, stupri, femminicidi, molestie sessuali sui luoghi di lavoro e per strada sono la drammatica realtà con cui si confrontano oltre il 30 per cento delle donne in Italia e nel mondo. La volontà della donna  di decidere sulle proprie relazioni affettive e sessuali è spesso causa di femminicidio, quando si sottrae alla violenza maschile o rifiuta il matrimonio forzato. In Italia nel 2022 vi sono stati 117 femminicidi, che in almeno il 40 per cento dei casi rappresentano l’epilogo di un continuum di violenze.

Vogliamo lottare anche contro la violenza istituzionale da cui le donne sono spesso colpite, quando denunciano la violenza del partner o dell’ex, e rivolgendosi alle istituzioni -  tribunali, forze dell’ordine, servizi sociali e sanitari - che dovrebbero essere al loro fianco, si trovano in difficoltà o addirittura ad essere ostacolate, per la  persistenza di pregiudizi e stereotipi sessisti e per la mancanza di formazione necessaria al loro superamento. Per questa mancanza istituzionale le donne subiscono provvedimenti (es. divieti di incontro con i figli/e, sottrazione degli stessi/e, a volte anche con la forza) che provocano loro ulteriore sofferenza, ostacolando i percorsi di uscita dalla violenza.

Inoltre, denunciamo la costante minaccia dei diritti riproduttivi delle donne dovuta a vari motivi: non si dispone di servizi sanitari in cui l’aborto sia accessibile senza le barriere dell’obiezione di coscienza del personale sanitario; non sono attuate le linee guida del ministero della Salute per il ricorso all’aborto farmacologico (RU486); la ingombrante presenza della associazioni antiabortiste nei consultori diventa un ostacolo alla scelta delle donne; mentre i partiti di destra presentano in Parlamento disegni di legge che prevedono il riconoscimento giuridico del feto, con lo scopo di sottrarre alle donne il diritto di interrompere una gravidanza indesiderata.

Denunciamo le politiche violente e razziste dei respingimenti, delle frontiere chiuse, della costruzione di muri, delle stragi in mare, delle violenze sulle rotte migratorie, della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento schiavistico delle persone che fuggono da miseria, guerre e catastrofi climatiche. Vogliamo la libera circolazione delle persone.

Vogliamo che si ponga fine alla guerra in Ucraina e a tutte le guerre infinite, pagate dalle popolazioni civili, donne e bambini prima di tutto, siamo contro ogni aumento delle spese militari. Proponiamo che le ingenti risorse finanziarie investite in armamenti sempre più sofisticati e mortali siano  destinate al benessere sociale per finanziare istruzione, sanità, servizi alle persone, diritti sociali, mobilità ed attività  economiche sostenibili.

Vogliamo la pace, l’autodeterminazione dei popoli e la giustizia sociale, per un mondo senza imperialismi. Siamo al fianco delle donne afghane, iraniane e curde e alle donne che in tutto il mondo stanno lottando per una vita libera da ogni oppressione.

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