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Venerdì, 29 Marzo 2024
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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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Ammissibilità del Senato come parte civile e revocabilità degli eletti

Ma, mi chiedo, il Senato può costituirsi parte civile in un processo penale? Il Senato, ancora, è titolare di una sua autonoma personalità giuridica alla stregua di altre categorie associative? Ed il Presidente del Senato, ne ha anche la rappresentanza legale? Ed il Senato ha una rappresentanza legale?

Ma, mi chiedo, il Senato può costituirsi parte civile in un processo penale? Il Senato, ancora, è titolare di una sua autonoma personalità giuridica alla stregua di altre categorie associative? Ed il Presidente del Senato, ne ha anche la rappresentanza legale? Ed il Senato ha una rappresentanza legale? Gli interrogativi valgono anche nei confronti dell’altro ramo del Parlamento.

A mente dell’art. 8 del regolamento del Senato risulta che: “Il Presidente rappresenta il Senato e regola l'attività di tutti i suoi organi, facendo osservare il Regolamento. Sulla base di questo, dirige la discussione e mantiene l'ordine, giudica della ricevibilità dei testi, concede la facoltà di parlare, pone le questioni, stabilisce l'ordine delle votazioni e ne proclama i risultati. Sovrintende alle funzioni attribuite ai Questori ed ai Segretari. Assicura, impartendo le necessarie direttive, il buon andamento dell'Amministrazione del Senato.”

A stretta lettura del regolamento il Presidente del Senato lo rappresenta nell’ambito della funzione tipica assegnata a quel ramo del Parlamento, “facendo osservare il regolamento” appunto. D’altra parte, non deve essere un caso che non vi siano precedenti in questa materia. Tutti interrogativi cui i giudici di Napoli dovranno dare una risposta laddove l’annunciata costituzione di parte civile del Senato dovesse effettivamente essere proposta nel noto processo in relazione alla cosiddetta “compravendita dei senatori”.

Il problema è solo apparentemente di forma. In realtà è un problema che attiene a questo nuovo modo di fare politica: quello degli annunci e delle poche realizzazioni, quello dell’apparire a tutti i costi anche solo per blaterare, oppure, come in questo caso, quello della vera e propria demagogia. Peraltro oscurando il vero nocciolo della questione, e cioè quello secondo cui “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.

La lettura molto superficiale che si dà di questo principio vuole che il parlamentare, una volta eletto, non sia sottoposto ad alcun vincolo di mandato, nel senso di nessun vincolo di rappresentanza. Egli, rappresentando la Nazione è escluso che possa rappresentare parti di essa e men che meno singoli cittadini. E’ questa l’interpretazione che viene fornita dai vari parlamentari “saltafossisti” e loro sostenitori.

Questi, una volta eletti in un dato partito o in una data lista, si sentono liberi di aggregarsi ad altri gruppi politici diversi da quello che ne consentirono l’elezione, a volte anche per denaro come sostenuto dall’accusa nel processo di Napoli e come, invero, anche confessato da alcuni protagonisti.

Caduti tutti i vincoli della disciplina di partito che nella Prima Repubblica fungeva da argine a questo fenomeno, sebbene non completamente, oggi è possibile tutto ciò. In realtà la questione relativa all’assenza del vincolo di mandato attiene ad una problematica molto più complessa. Infatti, il mandato elettorale, a differenza di qualunque altro tipo di mandato di rappresentanza, non è revocabile e non è legato da alcun rapporto giuridico tra rappresentanti e rappresentati.

Il divieto di mandato imperativo fu una conquista della società civile che vide la luce soprattutto dopo la Rivoluzione Francese (vi sono tracce di questo principio anche prima in Inghilterra). Di questo nobile principio oggi viene fatto strame! All’elettore è consentito l’esercizio del diritto di voto quale rimedio nei confronti del parlamentare eletto che non abbia rispettato, a giudizio dello stesso elettore, il mandato elettorale. In tutti gli altri casi il mandato è revocabile dalla stessa persona che lo conferì tutte le volte vi sia stato un abuso della funzione di rappresentanza o anche quando abbia concluso l’incarico conferito.

Dunque il Legislatore Costituente allorquando stabilì che le funzioni dei membri del Parlamento venissero svolte senza vincolo di mandato, e in rappresentanza della Nazione, e non del popolo, in realtà volle tutelare il parlamentare da ogni forma di revocabilità, non essendoci alcun vincolo giuridico tra eletto ed elettore, ed anche di sindacabilità e di irresponsabilità del suo operato e dei voti espressi in Parlamento assegnando al diritto – dovere civico del voto il compito di esercitare il giudizio sull’operato del parlamentare eletto.

L’eventuale ammissi(bilità)one della costituzione di parte civile del Senato nel processo della “compravendita dei senatori” riporterebbe la problematica del divieto del mandato imperativo nei canoni dei rapporti giuridici ad oggi esclusi. Ad ogni buon conto, oggi il problema è risolto all’origine poiché all’elettore viene negata ogni possibilità di scelta dei parlamentari. Ed ancora, sul punto, non si vede la luce.

 

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