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Giovedì, 28 Marzo 2024
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A cura di Blog Collettivo

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Terrorismo islamico: l'errore più grave sarebbe rispondere con lo scontro di ideologie

I primi dieci giorni del 2015 sono stati segnati da una serie di notizie di cronaca che difficilmente avremmo potuto immaginare, durante i cenoni e le festività appena passate. Per un breve lasso di tempo, noi brindisini ci siamo abituati ad essere al centro della cronaca nazionale

I primi dieci giorni del 2015 sono stati segnati da una serie di notizie di cronaca che difficilmente avremmo potuto immaginare, durante i cenoni e le festività appena passate. Per un breve lasso di tempo, noi brindisini ci siamo abituati ad essere al centro della cronaca nazionale: ogni giornalista ha imparato il nome delle nostre banchine e la conformazione di un porto che rimane sconosciuto a molti brindisini.

Quando pensavamo di aver raggiunto il culmine giornalistico dell’anno, ecco giungere improvvisamente da Parigi le immagini di qualcosa che lascia inorriditi. Un commando  di uomini armati non meglio specificati entra nell’ormai famosa redazione di “Charlie Hebdo” sita in Rue Saint Sabin, uccidendo chiunque fosse a portata di tiro, per poi fuggire a bordo di una Citroen, non prima di aver freddato un poliziotto accasciato a terra.

Da qui in poi sarà un susseguirsi di notizie flash ed ultim’ora, con canoni di eccezionalità che solo la tv riesce a ricreare, con una diretta costante che si concluderà solamente 54 ore dopo, con l’uccisione dei tre killer da parte delle teste di cuoio francesi, ed un elenco di vittime innocenti che arriverà a quota 17. I terroristi hanno sparato all’impazzata urlando “Allah akbar” (“Allah è grande”), sostengono i giornalisti che hanno ascoltato i testimoni sopravvissuti agli attentati: così quel grido, quell’urlo diventa il testamento spirituale dei folli che hanno mietuto il terrore in tutta la Francia settentrionale.

Ma quali saranno le conseguenze politiche di questo attentato? Lo sdegno per quanto accaduto sarà la chiave di volta per un cambiamento radicale nei rapporti tra Oriente ed Occidente, o rimarrà solo inchiostro stampato così come è accaduto per l’attentato di Ottawa dell’ottobre del 2014? Difficile dare una risposta, così come è difficile capire, senza cadere in errore, tutte le variabili che hanno portato una tensione mondiale così pronunciata tra un Occidente civile,  o così vorrebbe sembrare, e un Medio Oriente soggiogato da gruppi terroristici che decidono la politica di paesi dalle nobili origini e di pattern commerciali indispensabili per un’ economia occidentale intrappolata dalle proprie lobbies.

L’unico errore in cui sarebbe sin troppo facile cadere è l’estremizzazione delle proprie ideologie, genesi di un giudizio borderline per cui il mondo si divide in buoni e cattivi senza alcuna sfumatura di grigio. In effetti, l’impulsività delle nostre emozioni ci porta in maniera spontanea ad assumere posizioni radicali, qualora entriamo in contatto con situazioni potenzialmente pericolose. Questi riflessi sono frutto di comportamenti evolutivi che hanno permesso la nostra sopravvivenza dai tempi degli ominidi del paleolitico, epoche storiche lontanissime che hanno lasciato una traccia inconfondibile nella struttura cerebrale che ci accompagna ancor oggi.

Fortunatamente l’evoluzione ha fatto sì che il nostro prosencefalo si arricchisse di strutture neocorticali razionali che hanno permesso la costruzione delle complesse società moderne, delle scoperte scientifiche e così via. Tale percorso, come molte volte accade in natura, non è stato perfetto ma è il frutto di tentativi ed errori che hanno caratterizzato la storia dell’uomo. Errori che ancora oggi vengono commessi, dimostrazioni lampanti sono le numerose guerre in Medio Oriente ed in Africa. Interventi militari invasivi come in Iraq nel 2003, rapidi e tecnologici come in Libia nel 2011, sono esempi di errori strategici occidentali che hanno e avranno pesanti ripercussioni sugli equilibri mediterranei e mondiali per gli anni avvenire.

Le colpe di certo non sono imputabili solamente all’ex presidente Usa George Bush o all’ex premier francese Nicolas Sarkozy: in mezzo ci sono interessi economici e strategie di controllo che valgono sia per le economie occidentali sia per i farneticanti proclami dell’Isis intrisi di una malsana ideologia religiosa. Non dobbiamo però stupirci di queste strategie, poiché fanno parte della storia dell’uomo e della stessa Europa cosi come noi la conosciamo: essa  è il risultato di secoli di guerre d’interesse, mosse da sedicenti motivazioni religiose od etniche.

L’isolamento inglese, la delicata situazione dell’Eire, la storia degli antichi stati tedeschi e il vecchio Stato Pontificio difeso dalla stessa Francia, dal neonato Stato Italiano a metà ‘800, sono frutto di dinamiche che hanno sempre preso in prestito, dalla religione cristiana, pretesti per entrare il conflitto. Come tra il 1000 e il 1200 vennero combattute le crociate cristiane con lo spirito insano, oggi fanno capolino le mire espansionistiche, prima di Al Qaeda e poi dell’Isis, che promuovono ondate jihadiste finalizzate solo allo scopo di diffondere il terrore.

Il mondo mussulmano è fortemente segnato dal disordine che vige al proprio interno: basti pensare che nel computo delle vittime dell’Isis, la maggior parte di esse sono sciiti iracheni e siriani, piuttosto che cristiani. Chiunque in questi giorni abbia ascoltato gli imam rappresentati le varie comunità religiose mussulmane sparse in Italia, si sarà stupito della grande modernità e vicinanza delle loro ferme condanne per chi agisce e uccide in nome della loro religione. Quindi il credente, chiunque esso sia, è il frutto della religione in cui crede, o del contesto in cui si struttura?

Com’è possibile che ci siano padri di famiglia musulmani che rispettano i loro figli con un credo diverso, e giovani aderenti all’Islam, cresciuti nelle squallide banlieue parigine, capaci di uccidere indiscriminatamente cattolici e musulmani? Allo stesso modo, com’è possibile che ci siano cattolici capaci di erigersi a capo di mandamenti mafiosi in tutta Italia e di considerare le vite dei propri fratelli come un mezzo per arrivare ai propri interessi?

Tutti converremo che il concetto di verità, per quanto semplice, presuppone conoscenze troppo vaste per chiunque e che spesso l’unica verità è che quanto più cerchiamo di arrivare ad essa, tanto più questa si allontana, per non farci cadere nell’errore di onnipotenza.  In virtù di ciò, quanto sarebbe saggio contrapporre due mondi, quello cristiano e quello musulmano, in una planetaria guerra ideologica, principio di un conflitto mondiale senza precedenti?

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