Bucchi, il messia della difesa
Di tanto in tanto giunge a Brindisi qualche Messia che spiega e predica il nuovo vangelo del basket moderno quale verità assoluta ed incontestabile, con la pretesa, neppure tanto velata, che tutti sono tenuti ad osservarla. In questa stagione agonistica è coach Piero Bucchi il nuovo Messia. Ci spiega che il basket è difesa, difesa e solo difesa, quasi fosse una novità assoluta portata in una “piazza” a digiuno di basket, e poi ancora che fare un punto o un canestro in più degli avversari va bene lo stesso, anche se il gioco e lo spettacolo latitano e spesso i punteggi sono da minibasket.
Di tanto in tanto giunge a Brindisi qualche Messia che spiega e predica il nuovo vangelo del basket moderno quale verità assoluta ed incontestabile, con la pretesa, neppure tanto velata, che tutti sono tenuti ad osservarla. In questa stagione agonistica è coach Piero Bucchi il nuovo Messia. Ci spiega che il basket è difesa, difesa e solo difesa, quasi fosse una novità assoluta portata in una ?piazza? a digiuno di basket, e poi ancora che fare un punto o un canestro in più degli avversari va bene lo stesso, anche se il gioco e lo spettacolo latitano e spesso i punteggi sono da minibasket.
Ci chiarisce, il coach, che una quadra di basket non ha bisogno di giocatori leader né tantomeno di tiratori specializzati, quelli che ti risolvono le partite più difficili, che attaccano e aprono le difese avversarie più impenetrabili, e presenta come ?cecchini americani? giocatori che tirano con percentuali vicine allo zero. Il nuovo Messia non spiega per quale sorta di stratagemma tecnico-tattico non si possono agevolmente coniugare una difesa forte, ben amalgamata e compatta, con un gioco d?attacco che faccia anche riferimento ad uno o due giocatori con punti nelle mani, in grado di uscire fuori dal coro nei momenti gusti ed allo stesso tempo inseriti nei giochi di squadra.
E allora in un attimo ti accorgi dell?ignoranza (?) di una tifoseria che per più di 50 anni ha creduto ed in buona fede ha anche applaudito autentici fuoriclasse e ti imbarazzi quasi a fare i nomi di quelli che i brindisini hanno considerato veri e propri ?giganti? del basket da Gianni Donativi a Joe Crispin, passando per Claudio Calderari, Claudio Malagoli, Tony Zeno, Dan Caldwell eccetera. E allora, tutti in piedi e standing ovation per i 5 punti in 32 minuti di gioco realizzati da Jimmy Hunter che a Verona con 0/5 da tre punti migliora il suo 0/7 della precedente partita . Ma che dire? E? un grande difensore. E allora si giochi pure per lo 0 a 0 che in trasferta va ugualmente bene ma che in casa è già costato tre sconfitte ma anche la medaglia d?oro per la migliore difesa del campionato.
L?attuale classifica virtuale dovrebbe concludere tutte le sue conseguenze, che si spera positive, dopo le prossime partite in trasferta a Forlì e Bologna, intervallate da un turno di sosta. Ma per spiegare la sconfitta di Verona non può bastare far passare la squadra di Alberto Martelossi per Montepaschi Siena e dimenticare, invece, che in precedenza aveva vinto la miseria di tre partite ed era localizzata nella zona retrocessione della classifica, e non chiarire, invece, come si possono perdere 24 palle e tirare con un grottesco 5 su 24 da tre punti . Il problema, naturalmente, non è, e non può essere, il solo Hunter. A Verona per fortuna la squadra ha recuperato un buon Renfroe, sino ad ora incostante nel rendimento, sempre impreciso nel tiro ed indeciso nelle penetrazioni che, invece, potrebbero meglio esaltare le sue eccellenti doti potenziali, ma ha definitivamente confermato anche che Simoncelli non può più essere considerato una buona alternativa al play.
Ma ancora che l?Enel Brindisi non può essere esclusivamente dipendente dal rendimento, sia pure fin qui eccellente, di Borovnjak, che ha bisogno di aiuti nell?attaccare la zona, e che coach Bucchi ha necessità di impiegare meglio Craig Callahan, ora evidentemente a disagio nel ricoprire più ruoli, per garantirsi il rendimento di un giocatore che deve essere decisivo insieme a Claudio Ndoja. Per la società è il momento delle decisioni importanti. Perdere ancora tempo significherebbe compromettere una classifica che può essere ancora recuperata, in un campionato decisamente mediocre che non riesce ad esprimere squadre in grado di porre candidature autorevoli e che lascia ampie porte aperte alla promozione in serie A.