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A cura di Blog Collettivo

"Toglieteci tutto, ma non la buonuscita": approvata dal consiglio regionale con effetto retroattivo

Nei giorni scorsi i consiglieri regionali hanno approvato all'unanimità dei presenti, nel silenzio generale dell'aula, senza intervento alcuno, il ripristino di una buonuscita a loro favore di 7.100 euro

Toglieteci tutto, ma non la buonuscita. Questo il pensiero fisso di una consistente parte della rappresentanza politica presente in consiglio regionale, che mentre si dichiara nelle intenzioni, totalmente assorbita dall’impegno di risolvere i problemi della Puglia e dei pugliesi, in cui  arrancano con sempre maggiori difficoltà un numero crescente di  persone e di famiglie, pensava principalmente a trovare il modo per riassegnarsi il privilegio della buonuscita.

Infatti, nei giorni scorsi i consiglieri regionali hanno approvato all'unanimità dei presenti, nel silenzio generale dell'aula, senza intervento alcuno, il ripristino di una buonuscita a loro favore di 7.100 euro per ogni anno passato sugli scranni del consiglio regionale, che era stata abrogata a partire dal 2013.

Ma non si sono fermati lì. Non potevano tradire le aspettative dei consiglieri che c'erano prima, ma anche di chi fra di loro si trova al secondo e/o terzo mandato, ripristinando la buonuscita con effetto retroattivo a partire dal 2013. A partire dall'anno in cui era stata abrogata, per non perdere nemmeno un centesimo. Una piccola mancetta di 35mila euro a consigliatura.

Una autentica furbata, che hanno cercato di mascherare nelle ore successive tentando di darla a bere ai cittadini pugliesi, ritenuti  evidentemente in gran parte oltre che ingenui, anche  creduloni, che la buonuscita andava reintrodotta per tutelare il loro diritto di lavoratori  e non per soddisfare le esigenze particolari di quella stretta cerchia, che aveva la presunzione di potersi collocare al di sopra della sofferenza della popolazione pugliese, reitroducendo un costoso privilegio.

Hanno rivendicato il  diritto di lavoratori, senza avere mai avvertito sulla propria pelle, dall'alto dei loro privilegi, le sofferenze, i disagi, che pesano sul percorso di vita di un lavoratore, costretto sovente a districarsi fra cassa integrazione, licenziamenti a distanza, disoccupazione infinita, salari e buonuscita spesso striminziti, non certamente commisurati alle indennità, alle sicurezze  e ai privilegi dei consiglieri regionali.

In questo contesto non deve meravigliare nessuno se ha trovato terreno fertile il rancore e la sfiducia di molta parte della popolazione nei confronti della politica e dei politici, che si esprime in un sempre più forte e diffuso  sentimento antipolitico, come spesso testimoniano i dati della partecipazione dei cittadini alle elezioni.  

Siamo giunti al punto in cui  molti non comprendono più in che cosa consista la funzione e l'attività  di molti politici attuali, che considerano il vero ostacolo al processo di normalizzazione del  paese e che finisce per coinvolgere tutti, buoni e cattivi.

Credo che senza l’avvio di un processo di ricostruzione della dimensione politica, recuperando quella dignità, quel valore e quel significato che troppi meccanismi superati, troppi privilegi, pigrizie e  furbizie hanno indebolito, ma che è per fortuna ancora presente nel lavoro di molti politici attuali, temo che ben presto arriveremo alla sua completa dissolvenza. Alla resa incondizionata all’ideologia dell'interesse particolare, del contingente,  in cui non c’è più spazio per gli interessi collettivi.

Quanto si sta verificando rappresenta purtroppo  la dimostrazione  della incapacità di molta politica di motivare e dare significato e dignità al proprio ruolo, di trasformare in realtà le tante dichiarazioni di principio, evidentemente senza senso,  propinate giornalmente ai cittadini. L'unica a indigniarsi è stata la consigliera Laricchia, nel silenzio generale in cui ha brillato l'indifferenza, il disinteresse del presidente della Regione troppo impegnato a tenerli tutti buoni, (destra, sinistra, centro) per poterli imbarcare a bordo del suo personale progetto politico (sic)  in cui non  c'è tempo e spazio  per i cittadini,  per i loro diritti, per le loro esigenze. Siamo proprio messi male.

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