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A cura di Blog Collettivo

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"Caso Saracino", il parere del sindaco e quello della giornalista

In serata, dopo un paio di telefonate tra l'ufficio stampa del Comune di Mesagne e BrindisiReport.it si è giunti alla seguenti conclusioni. A metà giornata dal Comune di Mesagne la lettera del sindaco Franco Scoditti sul "caso Saracino" è partita indirizzata ai mezzi di informazione. In realtà, come da nota di rettifica dello stesso Comune, avrebbe dovuto raggiungere solo BrindisiReport.it e non le altre testate cui è stata inviata per errore.

In serata, dopo un paio di telefonate tra l'ufficio stampa del Comune di Mesagne e BrindisiReport.it si è giunti alla seguenti conclusioni. A metà giornata dal Comune di Mesagne la lettera del sindaco Franco Scoditti sul "caso Saracino" è partita indirizzata ai mezzi di informazione. In realtà, come da nota di rettifica dello stesso Comune, avrebbe dovuto raggiungere solo BrindisiReport.it e non le altre testate cui è stata inviata per errore. Non abbiamo motivo di mettere in discussione tale spiegazione. Tuttavia, come a volte accade per gli invii di gruppo, BrindisiReport.it non ha ricevuto la nota, che probabilmente la posta elettronica recapiterà a distanza di ore o affatto, quindi l'ufficio stampa ce l'ha cortesemente reinviata. Insomma, alcune circostanze non favorevoli ci consentono di pubblicare a tarda sera la lettera del sindaco cui nel merito risponde la collega Roberta Grassi, autrice dell'articolo.

La lettera del sindaco Franco Scoditti

La libertà di informazione presuppone una conoscenza precisa e puntuale dei contesti. Tutti abbiamo il diritto di parola. Peccato che non tutti ricordino che c’è anche un dovere di conoscenza dei fatti. Mi permetto di esternare questi “pensieri” per una semplice ragione: sono il Sindaco di Mesagne e in quanto tale conosco la mia città forse molto meglio di chi pretende di inquadrarla in poche pagine di cronaca giudiziaria. Certamente molto meglio di chi pensa di poterne cogliere la personalità in poche righe partendo, peraltro, da una vicenda complessa che non può essere accostata ad una chiacchierata sulla legalità, così tanto per gradire.

E dato che poco è bastato per far diventare tutti esperti di deontologia forense, mi sia consentito un passaggio sulla deontologia giornalistica. Un professionista dell’informazione ha il dovere di raccontare la verità, di rispondere a valori imprescindibili come l’onestà. Quando si racconta la verità si narrano i fatti. E abbiate pazienza: il commento personale lo si concede solo a chi vuole stimolare la pubblica opinione.

Nell’articolo in questione non ho letto stimoli alla riflessione ma solo un tentativo di screditare la comunità, di ridicolizzare Mesagne, definita “ridente cittadina ritenuta la culla della sacra corona.” Mesagne, come ogni altra realtà comunitaria, è espressione eterogenea dell’umanità. Questo significa che oltre ad essere definita “culla della sacra corona” è anche molto altro. La “ridente” cittadina messapica è storia, cultura popolare, saggezza antica. E’ capacità di riscatto dalle logiche criminali. E’ spazio urbano aperto e libero dalle gabbie dell’illegalità. E’ scuola, ambienti formativi nuovi a disposizione dei giovani talenti. E’ accoglienza e solidarietà. E’ inclusione e attenzione al disagio.

Una città che ha fatto della dignità collettiva una bandiera. E’ terra confiscata alla mafia e trasformata in virtuosa realtà produttiva. E’ la città che ha pianto Melissa ma che ha dichiarato guerra all’ignoranza delle etichette sociali che, anche in quell’occasione, aveva azzardato ipotesi di moventi. L’amarezza di oggi è tanto mia quanto di chi è da sempre impegnato per lo sviluppo della città. Sarebbe il caso di riequilibrare i giudizi e di non usare due metri e due misure.

Pur apprezzando il capoluogo per tutto ciò che esprime in termini di vivibilità, non credo francamente che debba essere meno esposto mediaticamente sul piano della sicurezza urbana o che possa vantare dal punto di vista dell’immagine un passato amministrativo ineccepibile. Non credo, inoltre, che sia tanto più sicuro di altri paesi, come dimostrano da tempo i tanti episodi delinquenziali che si verificano.

Mi sembra poco edificante affermare che Mesagne è la “città che in massa voleva adottare il cagnetto di Piccolo Dente” o peggio ancora dire che “la processione della Madonna del Carmine faceva tappa sotto casa di Pasimeni”. Va chiarito che non è assolutamente mai accaduto che qualcuno avesse avanzato l’ipotesi di adottare il cane, diventato così famoso. Così come è fuori da ogni logica affermare che una processione faccia tappe fuori da un percorso ormai secolare. E sottolineo che i circa 27mila abitanti di Mesagne non possono essere considerati una massa collusa con la Sacra Corona. Così come non vennero considerati una massa dedita al contrabbando i cittadini di Brindisi, quando la città veniva identificata come patria nazionale del contrabbando di sigarette.

Nello specifico della “bufera” sollevata dal Movimento 5 Stelle vale la pena di riflettere seriamente sul ruolo del difensore penale oggi. Ma non con le chiacchiere. La riflessione deve partire dalla consapevolezza che l’avvocato non deve essere mai confuso con l’assistito. Personalmente esprimo totale e incondizionata solidarietà nei confronti dell’Assessore Rosanna Saracino. Si tratta di una professionista capace e seria che ha saputo gestire entrambi i ruoli con estremo equilibrio, con competenza e rigore.

I commenti che hanno popolato i social network si definiscono da soli in tutta la loro pochezza. L’assessore Saracino ha avuto il merito di accettare un incarico istituzionale complesso, a metà mandato. E’ amministratrice sempre presente, capace, preparata, dotata di sensibilità e disponibilità. E’ stata colei che ha effettuato insieme alle squadre tecniche i sopralluoghi sotto la pioggia battente dello scorso ottobre. Tanto basta per testimoniare il fatto che non si risparmia mai di fronte alle esigenze della città. Il resto, per quanto mi riguarda, e dunque per quanto riguarda il Sindaco, è inutile tentativo di fare rumore. (Franco Scoditti - sindaco di Mesagne)

Risponde Roberta Grassi

Ci atteniamo al principio illuminista enunciato da Voltaire, disposti a concedere tutto lo spazio che necessitano coloro, quindi anche il sindaco di Mesagne, che intendono esprimere la propria opinione. Ci saremmo attesi, più che una disamina delle qualità di una città sulle cui bellezze e forza di riscatto non discutiamo (e ne facciamo cenno in tutti gli altri articoli non di giudiziaria che concernono altri argomenti), una risposta di merito.

E' opportuno che un assessore faccia l'avvocato di un boss Scu in processi in cui il Comune è parte civile? E' un interrogativo che non prende minimamente in considerazione ipotesi di collusione ma di opportunità. Il principio identitario da lei citato "avvocato uguale mafioso" non ci era neppure balenato in mente e non ha ispirato i nostri scritti. Ognuno ha il diritto di pensarla come crede, anche i 5 stelle di Mesagne che esprimono una rappresentanza, anche se non formalmente composta nelle assise, alle cui osservazioni non può essere applicata alcuna forma di censura.

Quanto al resto dell'articolo di BrindisiReport.it, alla fotografia della Mesagne che popola le aule giudiziarie (e solo di quella), abbiamo citato episodi riportati nelle relazioni annuali del procuratore della Dda Cataldo Motta, oltre che quanto da lui riferito nel corso della conferenza stampa (maggio 2012) sugli arresti per l'omicidio Salati e ribadite più di recente in altri incontri con la stampa.

Ricordiamo di aver posto la medesima questione anche per l'ex onorevole e sottosegretario Luigi Vitali, in relazione alla difesa di Giancarlo Capobianco, il presunto boss di Francavilla Fontana. Abbiamo allora avviato un dibattito, pur nella discordanza delle idee, acceso quanto interessante e corretto. Interpretiamo questo mestiere, la cui deontologia ci è ben nota, non come una asettica relazione di fatti, ma come una necessaria e "onesta" lettura degli stessi finalizzata a far lavorare i cervelli. Ognuno secondo il proprio modo di intendere e sentire la realtà. Mesagne non deve sentirsi offesa. Il male, che c'è e in parte la attanaglia, va riconosciuto perchè si possa individuarne una cura. Non può essere negato.

Assistiamo personalmente, nelle aule di giustizia, a ritrattazioni o palesi negazioni della realtà da parte di vittime la cui paura è impressa sui volti e ne devia i racconti. Fenomeni esistenti, forse ignorati o giustificati da appartenenze a contesti sociali e culturali che evidentemente non si ritengono mesagnesi. Caro sindaco Scoditti, il nostro è un mestieraccio. Trattiamo quasi sempre degli ultimi, dei perseguitati. Di donne che subiscono violenza. Di coloro che non hanno voce. Di quelli che attendono un verdetto dietro le sbarre.

Così come un avvocato non può esimersi dal difendere un orco o un assassino, così come un magistrato ha l'obbligo dell'azione penale, noi abbiamo il dovere di raccontare i fatti e renderli fruibili. Di offrirne la migliore interpretazione che crediamo possibile. Chiunque può obiettare. Ma le definizioni di ignobiltà e mediocrità apparse su Facebook vanno ben oltre le lecite domande di chi chiede lumi su una situazione indubbiamente spinosa.

Le rimandiamo ai mittenti, e ci rimettiamo a scrivere di giudiziaria, a verificare le notizie fino alla paranoia, a fare mille telefonate per cercare di capire se stiamo sbagliando. A correre continuamente il rischio di sbagliare. Accettiamo repliche, rettifiche, correzioni, ma non lezioni. Perchè noi lezioni non ne diamo. (Roberta Grassi)

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