Cogne, Sarah, Yara, le gemelline: uno show senza fine e senza pietà
I termometri del livello sociale e culturale di un Paese sono la giustizia e la sanità. Valutando la situazione italiana relativa ai due settori ci accorgiamo che l’Italia ha la febbre molto alta. Altri sono i i parametri per valutare la qualità di un popolo ed uno Stato. L indicatore del modo di essere italiani è l’informazione e, in particolar modo l’informazione televisiva. Tutto è cominciato da Cogne, momento fatale del mondo televisivo italiano in cui una tragedia intrafamiliare, una delle tante, è diventata uno spettacolo televisivo caratterizzato da una gara tra le testate a chi riusciva a tirare fuori i particolari più macabri, le teorie criminologiche più ardite, le previsioni più disparate sulla reponsabilità della Franzoni, tra innocentisti e colpevolisti .
I termometri del livello sociale e culturale di un Paese sono la giustizia e la sanità. Valutando la situazione italiana relativa ai due settori ci accorgiamo che l?Italia ha la febbre molto alta. Altri sono i i parametri per valutare la qualità di un popolo ed uno Stato. L indicatore del modo di essere italiani è l?informazione e, in particolar modo l?informazione televisiva. Tutto è cominciato da Cogne, momento fatale del mondo televisivo italiano in cui una tragedia intrafamiliare, una delle tante, è diventata uno spettacolo televisivo caratterizzato da una gara tra le testate a chi riusciva a tirare fuori i particolari più macabri, le teorie criminologiche più ardite, le previsioni più disparate sulla reponsabilità della Franzoni, tra innocentisti e colpevolisti .
Il sistema era partito, il circolo vizioso fagocitava tutto convogliando registi, autori, conduttori; da quel momento trasmissioni di spessore hanno cominciato a perdere colpi per aumentare lo share televisivo. Si è invertito l?ordine delle cose : lo straordinario è diventato ordinario, svolgendo i processi al di fuori del processo. Il tutto condito da una macabra curiosità di giornalisti e reporter in sacco a pelo sul luogo del delitto o a far l?uomo ragno sulle finestre delle vittime disposti a tutto pur di regalare alla platea televisiva grumi di sangue, particolari orrendi, lacrime, ipotesi e congetture. Il caso della piccola Sarah Scazzi è il riscontro di questo degrado, culturale prima di tutto.
Sin dall?inizio caccia allo scoop: accampamenti di giornalisti e di curiosi da tutta Italia, pullman di pellegrini per arrivare al cancello della casa Misseri e far provare l?ebbrezza del giallo. E così un semplice avvocato d?ufficio è diventato una stella nazionale con una visibilità che Carnelutti, Cendon o De Marsico si sarebbero sognati in anni di onorata carriera. E via con il circo mediatico ed economico , gettoni di presenza, partecipazioni a trasmissioni televisive, procedimenti disciplinari contro avvocati poi revocati, interdetti, magistrati che avevano dichiarato che le indagini erano pressoché concluse e poi nuovi indagati, consulenze di parte, depistaggi. Tutto davanti a tutti in TV perché non sono vicende private ma, davanti ad un popolo ?arrapato? di questi particolari , diventano di interesse pubblico.
Ricorderete la notizia del ritrovamento del cadavere di Sarah in diretta tv mentre la madre si trovava nella casa del presunto assassino. E il caso Yara, di questi giorni, ridotta ad uno scheletro in un campo a pochi chilometri da casa, simbolo della inadeguatezza dei metodi di indagine del nostro Paese . Neppure i cani svizzeri l?hanno trovata, mentre, veniva arrestato in alto mare un povero marocchino successivamente scagionato dall?accusa dell?omicidio di Yara, con tante scuse. Una farsa pazzesca che ha messo in moto le note trasmissioni di approfondimento. E il sangue delle due gemelline, rapite dal padre suicida, sta inebriando i guru dell?informazione.
Ma la Svizzera non è l?Italia e se ne parla quanto basta, a preservare la dignità ed il pudore dei protagonisti della vicenda. Dignità violata per una ragazzina di 15 anni vittima del ?sistema famiglia? in un pomeriggio di agosto, prima di andare al mare. La nostra televisione non ha pietà di nessuno, non conosce deontologia, sacrifica l?immagine, la vita e la morte dei bambini uccisi. Ma l?informazione, non può basarsi sull?audience; quella del servizio pubblico poi, deve alzare l?asticella del livello culturale. Ogni tanto per fortuna vanno in onda in onda programmi culturali, che affrontano temi importanti con quel tocco di garbo comunicazionale figlio di tempi lontani.
Nell?epoca dell?apparire, vita reale per i protagonisti, dove i suoi spettatori, soprattutto se piccoli, si tramutano in spugne esposte ad assorbire quanto passa per il teleschermo, una riflessione critica, da parte di noi adulti che osserviamo quanto entra quotidianamente nelle nostre case, costituirebbe l?inizio di una consapevolezza per il nostro futuro che è seduto li accanto a noi. Da Cogne Garlasco, da Olindo a Yara , questi fatti di cronaca sono vere e proprie armi di follia di massa. Ma la notizia arrapa, diceva qualcuno.
Inutile dire che un indagine vera non ha gli stessi tempi di un indagine televisiva; che i cronisti non sono inquirenti; che i conduttori non sono giudici. Poi arriva la pubblicità e dimentichiamo tutto. E nel frattempo dei giovani precari senza speranza, del sistema giustizia che collassa per mancanza di risorse (non di riforme) , del taglio del fondo sociale, del taglio delle pensioni ai veri invalidi , delle imprese che chiudono, dei decreti salva banche, degli aumenti di prelievo fiscale a chi può corrispondere soltanto il proprio sangue, di chi dà in pegno anche il proprio cane e di altre piccolezze del genere, non si parla più.
*avvocato