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Bambini, adolescenti e il diabete: le complicanze psicologiche

Sia nei bambini che nei genitori, nelle fasi iniziali del trattamento si attivano schemi psicologici che alterano la compliance alla terapia e limitano la libertà del bambino diabetico danneggiandone la salute

“La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita” diceva Tom Hanks in Forrest Gump. In effetti tra tanti cioccolatini piacevoli e non, per rimanere in tema, una patologia sempre più conosciuta e per questo diffusa, è il diabete, soprattutto quello che colpisce bambini e ragazzini. Il diabete è una malattia cronica caratterizzata da iperglicemia, ovvero un aumento dello zucchero (glucosio) nel sangue, a sua volta causata da una carenza (assoluta o relativa) di insulina nell'organismo umano.

Più frequente nei bambini è la forma costituita dal diabete mellito di tipo I, in cui vi è una carenza assoluta di insulina, un ormone prodotto da alcune cellule del pancreas che svolge un ruolo fondamentale nel mantenimento del normale il livello di glicemia. La sintomatologia classica del diabete di tipo I, e facilmente osservabile dai genitori, comprende polifagia (forte aumento dell’appetito), ricorrente bisogno di bere ed urinare anche di notte. Analogamente possono manifestarsi stati di malessere con nausea e vomito.

Una misurazione glicemica può dare la conferma definitiva della presenza del diabete nel bambino, quando si riscontrano valori della glicemia molto lontani dal range compreso tra i 60 e i 130 mg/dl. Essendo il diabete una malattia, è necessario sapere che non esiste alcuna medicina miracolosa che ne permetta la guarigione, però, in compenso, esistono terapie che riducono ai minimi termini le conseguenze e i fastidi dati dalla patologia.

Nei bambini diabetici dove produzione di insulina da parte del pancreas è ridotta o assente, la compensazione di questo ormone avviene con somministrazioni dall’esterno tramite due o tre iniezioni al giorno. Se dal punto di vista terapeutico esistono protocolli affidabilissimi che permettono la conduzione di una vita normale, dal punto di vista psicologico non vi è la stessa attenzione per i piccoli pazienti che quotidianamente scoprono la loro condizione.

Sia nei bambini che nei genitori, nelle fasi iniziali del trattamento si attivano schemi psicologici che alterano la compliance alla terapia e limitano la libertà del bambino diabetico danneggiandone la salute. Infatti, soprattutto nelle fasi successive alla diagnosi e all’apporto esterno dell’insulina, è necessario controllare i valori di glicemia presenti nel corpo, per evitare casi di ipo/iperglicemia.

Tale controllo è semplice all’interno delle mura domestiche ma nei contesti scolastici e ricreativi spesso i genitori vivono con timore l’allontanamento del loro bambino, ritenuto così fragile e costantemente sotto minaccia e soprattutto unica vittima dei propri sensi di colpa.

Un’eccessiva cautela da parte dei genitori, che può sfociare in un protezionismo esasperato, e le conseguenze dovute al cambiamento della dieta, per meglio bilanciare i valori glicemici, possono innescare paure e pensieri di autosvalutazione nei bambini che, invece, hanno proprio nella loro piccola età lo scudo migliore a tutti i retropensieri presenti quando si scopre di avere una malattia cronica.

Difatti è solo nell’adolescenza che i pazienti si rendono conto del significato del diabete. Non è raro osservare bambini concilianti e attenti alla terapia che, una volta affacciatisi all’adolescenza, mostrano un rifiuto travestito da ribellione al diabete. Il rigetto adolescenziale si manifesta generalmente con la chiusura del paziente verso l’esterno: genitori e medici diventano un eco fastidioso di regole e restrizioni che limitano la propria libertà personale. Liberta di farsi del male.

Spesso, il processo dell’accettazione passa dalla consapevolezza del proprio status e non dalla negazione dei fastidi e della sottovalutazione della micro-invasività delle terapie. I ragazzi diabetici che non si sentono in sintonia col proprio corpo prima ancora di esser compresi, chiedono a sé stessi se potranno mai essere come tutti gli altri e solo un processo maturativo supportato dalle giuste figure e con dinamiche funzionali potrà ricondurli nella visione che tra tante diversità siamo tutti uguali e perfettamente imperfetti. (v.brugnola@libero.it)

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