L'animosità dei talk show oscura i temi delle riforme costituzionali
Torniamo a ragionare. L'animosità verbale, se non proprio, a volte, la violenza verbale dei talk show impedisce di comprendere le ragioni del contendere televisivo. La campagna elettorale, poi, amplifica il tutto
Torniamo a ragionare. L’animosità verbale, se non proprio, a volte, la violenza verbale dei talk show impedisce di comprendere le ragioni del contendere televisivo. La campagna elettorale, poi, amplifica il tutto, per cui, passata la piena dei fiumi di parole, ed in attesa della prossima per l’analisi del voto, spesso inconcludenti, proviamo ad incunearci in un pertugio per cercare di ragionare.
Sempre che il conformismo intellettuale che si respira ciclicamente, a seconda del carro vincente del momento su cui in tanti salgono, lo consenta senza passare per disfattisti, o peggio per “rompicoglioni” come disse un ex ministro, che oggi non se la passa proprio bene, del povero Marco Biagi.
E dunque! L’orologio batte il tempo e la spinta innovativa tende ad affievolirsi. Nessuna manifestazione di compiacimento in questa affermazione, al contrario! Solo la constatazione che la tecnica dell’annuncio scandita con sicumera e con date e risultati certi, nel mentre crea consenso al momento della enunciazione, crea altresì conseguente delusione quando quelle scadenze venissero disattese.
Sembrava tutto più facile, ma alla prova dei fatti le riforme istituzionali rappresentano un nodo difficile da sciogliere e la Costituzione Italiana regge ancora molto bene l’onda d’urto che la vorrebbe demolire.
Posto che è del tutto legittimo verificare l’attualità di guida e di indirizzo di ogni carta costituzionale, (già la costituzione giacobina del 1793 all’art. 28 prevedeva il diritto del popolo di modificare la propria costituzione) è utile approfondire e riflettere su questo affannarsi spasmodico che vorrebbe una radicale modifica della Costituzione Italiana.
Non deve essere un caso se lo stesso termine “Costituzione” (dal latino constituere
Una Costituzione è, cioè, prima di tutto il risultato di una azione costituente che rispecchia le condizioni storico-politiche che portarono alle scelte in essa contenute ed esplicitate con i principi giuridici quivi enunciati. Ed anche la scelta del bicameralismo paritario o perfetto come anche può correttamente dirsi, rappresenta il risultato di una scelta rispondente alle esigenze del tempo.
La sottocommissione della Costituente incaricò l’on.le Mortati di tenere la relazione illustrativa ed il suo discorso (dai resoconti parlamentari) inizia ponendo un problema illuminante di per sé già con la tesi da dimostrare: “per risolvere il problema della scelta su bicameralismo e unicameralismo bisogna chiedersi quali sono i fini politici che si vogliono raggiungere con l’esistenza di due Camere invece di una sola…”.
Vi sembra che con il dibattito oggi in corso si siano chiariti “i fini politici che si vogliono raggiungere” con la scelta del “superamento” del Senato e le relative conseguenze in ordine al procedimento di formazione delle leggi? Quella scelta fu giustificata, come teorizzò il prof. Mortati, sui libri del quale si sono formate intere generazioni di giuristi, dalla necessità, politica, tra le altre, “di garantire una funzione di controllo dell’operato della prima camera”.
Gli orrori della seconda guerra mondiale erano alle spalle, le nefaste conseguenze di tutti i totalitarismi, del fascismo, del nazismo, (e del comunismo sovietico, e non solo, che da lì a poco cominceranno a disvelarsi alla opinione pubblica mondiale) spinse l’elaborazione politica e giuridica del tempo verso il bicameralismo paritario, “senza che ciò possa significare che la seconda camera sia un duplicato della prima” proprio per la funzione di controllo insita nella sua stessa ragione di esistere.
Attualizzando il punto in esame, potremmo sostenere che il rispetto del principio dell’equilibrio tra i poteri dello Stato inizia con il garantire il bicameralismo. Intervenne per il partito comunista l’on.le La Rocca, un altro gigante del tempo, il quale disse: “..per principio i commissari comunisti sono favorevoli al sistema della Camera unica….ma poiché i comunisti non sono quali di solito vengono presentati e poiché pare che vi siano delle preoccupazioni e che si voglia abbondare nelle garanzie …essi non si oppongono in maniera categorica alla istituzione di una seconda camera. Ma un fatto dovrà essere ben chiaramente stabilito: la seconda camera non potrà né dovrà essere se non elettiva.”
Il dibattito in corso, perciò, dovrebbe dare una semplice risposta: la funzione di garanzia della seconda camera, per come fu concepita dai padri costituenti, è ancora attuale? Manca, a tutto oggi, una analisi non dico del livello di quella dei commissari costituenti, impensabile oggi visti gli attuali protagonisti, ma almeno una riflessione pacata sulla attualità di quella scelta sarebbe auspicabile.
Se si aggiunge che il territorio è tenuto ben lontano dalla discussione su questi temi, il timore che la scelta che ne verrà possa essere fortemente debole sul piano della garanzia democratica è decisamente fondato.