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Venerdì, 19 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

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Disabilità: “Nessun massimo…”, si può sempre migliorare

Più volte ci si chiede: “Cos’è la disabilità?”. In tutte le scuole e specie in alcune facoltà universitarie si legge tra i libri che un adulto o bambino con una difficoltà motoria o cognitiva incontra ostacoli nell’apprendimento, nelle relazioni sociali, nell’autonomia

Più volte ci si chiede: “Cos’è la disabilità?”. In tutte le scuole e specie in alcune facoltà universitarie si legge tra i libri che un adulto o bambino con una difficoltà motoria o cognitiva incontra ostacoli nell’apprendimento, nelle relazioni sociali, nell’autonomia. Ritardo mentale (RM), Disturbo Specifico d’Apprendimento (DSA), Sindrome Down, Autismo, problemi uditivi-visivi sono alcune delle difficoltà tipiche di un bambino speciale, che comportano un senso di forte inadeguatezza tale da togliere il fiato ed auto emarginarsi.

In particolare, i bambini che hanno spirito libero, spensieratezza e fantasia nel gioco, irripetibile magia del divertimento creativo, a volte si ritrovano ad affrontare una cruda e triste realtà che sconforta, non potendo seguire come i loro coetanei gli stessi percorsi di crescita. Già l’abbattimento delle barriere architettoniche allevia il malumore di essere considerati e sentirsi “diversi”. Tanto ancora si può e si deve fare, poiché queste “diversità” spesso pregiudicano se stessi da un mondo che già sembra limitante; ci sono barriere, non fisiche, ma psicologiche che etichettano, additano come una condanna ad uno stato irreversibile di problematicità.

Eppure questi ragazzi tentano di spazzare via la paura e per quanto difficile non abbandona la temerarietà, la voglia di sorridere e divertirsi con i coetanei. Spesso possono risultare invadenti, rabbiosi, inopportuni. Probabilmente l’equipaggiamento e le attrezzature con cui si cerca di aggirare alle difficoltà quotidiane, l’essere eccessivamente aiutati, crea un alone di dipendenza che limita la libertà tipica dei bambini ed in particolare degli adolescenti.

Tra i casi clinici noti, è famoso quello di Peetjie con sindrome Down ritenuta da insegnanti e educatori non in grado di svolgere le attività che avrebbe voluto (come piscina); ma l’insistenza dei genitori, il non credere a “Non migliorerà...è così” hanno portato la ragazzina a essere autonoma, a non vergognarsi di sé. Il prof Feuerstein, che seguiva Peetjie, sosteneva i genitori dicendo “Anche le persone con SD possono continuare a imparare…nessun massimo”. P

eetjie, inserita in un piccolo gruppo di lavoro, migliorava le capacità di studio e relazionali, imparava anche dai suoi coetanei, su imitazione. Nel suo percorso di crescita e di apprendimento è stata, a volte, discriminata considerata “diversa”, non compresa dal suo punto di vista. Peetje è la prova di come un obiettivo raggiunto è solo il punto di partenza per porsene altri, arrivare in alto, puntando al massimo.

Sono importanti l’accettazione, le cure, la fermezza di credere che una disabilità, vista come insieme di comportanti cognitivi e fisici, possa essere motivo di miglioramento e modificabilità e non abbattimento totale, per ottimizzare le risorse e la qualità di vita del soggetto e del care giver (che si occupa di lui). Progetti di integrazione sociale/lavorativa e autonomia personale sono già avviati, ma occorre modificare la prospettiva con cui guardiamo questi ragazzi e bambini speciali, indossando i loro occhiali, in modo che gli obiettivi siano “negoziati” con loro stessi, in quanto promotori del loro benessere psico fisico.

Occorre considerare obiettivi di autonomia e crescita personale secondo gli standard imposti, ma anche e soprattutto guardare la vita dal punto di vista di questi ragazzi con difficoltà, puntare sulle loro risorse, energia e capacità per ottimizzare sempre più un programma costruttivi cuciti ad hoc. Ad esempio, se l’obiettivo è migliorare la motricità fine, non è detto che sia utile e divertente far infilare una serie lunga di bottoni in un filo, quanto ad esempio compiere un lavoro di manualità che il soggetto può riproporre quotidianamente, come pulire, sistemare oggetti.

Non dimentichiamo che anche loro si affacciano come i coetanei all’adolescenza, all’età adulta, e perciò hanno bisogni ed esigenze tipiche che vanno accolti e soddisfatti, per quanto possibile, senza limitarsi. Arricchire ancora di più le mete da raggiungere con competenze utili nella vita di tutti i giorni per “sapersela cavare” (educazione stradale, modi di comunicare adeguati, uso del denaro e approcci nei vari servizi pubblici), adottare atteggiamenti funzionali con gli altri e far si che anche gli altri abbiano un atteggiamento costruttivo verso il bambino speciale. Tutto questo migliora l’autostima, le capacità di relazione, la consapevolezza della propria identità; perché tutti i bambini, gli adolescenti e gli adulti possano avere tante opportunità, ridere di gusto insieme ai coetanei. (rita.verardi@libero.it)

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