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A cura di Blog Collettivo

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Donne: perché bisogna sottrarsi in tempo alle violenze in famiglia

Dalle statistiche pare che in Italia ogni tre giorni una donna venga uccisa, maltrattata, picchiata. È nella «violenza domestica» in cui maggiormente si generano queste atrocità per le donne tra i 16 e i 44 anni

Dalle statistiche pare che in Italia ogni tre giorni una donna venga uccisa, maltrattata, picchiata. È nella «violenza domestica» in cui maggiormente si generano queste atrocità per le donne tra i 16 e i 44 anni: più degli incidenti stradali, più delle malattie. Oltre ai numeri è il fenomeno in sé agghiacciante che spaventa in quanto drammatico. Morte non giustificata, o per gelosia, per litigi immotivati deve destarci preoccupazione e riflessione.

Accade tutto all’improvviso? Qualcosa cambia nella coppia, oscura l’amore e la cura, li capovolge, li profana, palesa che quella relazione non è fondata sull’empatia e l’accudimento, ma sulla costante, radicale pretesa di possesso da parte dell’uomo che squilibra i rapporti e i ruoli. Quando alle attenzioni iniziano ad esserci regole, divieti, aggressioni, minacce, privazioni, controllo ossessivo, obblighi, urla, la vittima si sente espropriata del suo essere, della sua persona, della sua umanità. Cade la capacità di giudizio rispetto agli eventi nei quali si è coinvolti, il mondo isolato diventa una zavorra sempre più buia.

Poi la vittima inizia a pensare che forse lo merita, che ha sbagliato qualcosa per essere trattata in tal modo, inizia a identificarsi in quei soprusi ritenendoli come “normali”, sminuendo senza rendersi conto dell’assurdità del pensiero e allora il carnefice aumenta il suo impulso, sentendosi forte. Sopraggiunge la paura tanto da tentare in modo disperato di aderire alla griglia mentale dell’aggressore. Si rimane impotenti, passive, facendo fatica ad assumere una posizione attiva e protettiva nei confronti di sé e dei figli.

Spesso accade poi che i minori o vengono tolti dal Tribunale ad entrambi i genitori, poiché non in grado di esercitare cura, o crescendo stanchi anche loro di subire passivamente questo atroce scenario, “costringono” le proprie mamme a far sentire la loro voce. Una caregiver deve poter garantire cura e amore costante, e decidere di lasciare un uomo violento, pur restando lo stesso il padre del figlio, è segno di accudimento verso il minore, poiché protegge da un adulto di riferimento minaccioso.

L’aggressione verbale, fisica, indiretta, psicologica lascia il segno anche se solo osservata, poiché diventa modello di apprendimento sul funzionamento della comunicazione che il bambino da grande potrebbe esperire a sua volta.  Le conseguenze che ne derivano per donne e figli è depressione, ferite non rimarginate, ancora vergogna, disgusto per se stessi e fatica a parlarne in prima persona specie se si tratta del proprio padre o partner.

“La vita è come un tiratore di coltelli…che disegna il tuo contorno sul pannello di legno…rimani smarrito, incerto, perché eventi esterni iniziano a giocare un gioco diverso che non controlli più e il coltello non disegna più il tuo corpo, ma affonda nel tuo corpo fino all’anima”. Sono queste le parole di Nina nel libro “Punto e a capo” di Patrizia Rossini (2013). La protagonista affronta il suo stesso dolore e ha la forza di ricominciare, di andare a capo nella sua nuova vita. Come Nina le donne che subiscono sono quelle della porta accanto, quelle che incontriamo al supermercato, a lavoro, fuori dall’ufficio postale, donne semplici, ma non serene. Nascondono lividi, ferite, dolori profondamente fermi nell’anima.  

Poter uscire dal tunnel impetuoso della paura, dell’angoscia e della solitudine è possibile con un atto di coraggio, specie se ci sono dei minori; ma non solo. La dignità verso se stesse non può essere calpestata da nessuno e per nessun motivo. E se spesso non riescono sole queste donne a rialzarsi, non nascondiamoci nell’omertà di chi non sa, non vede, non conosce. Cambi d’umore o d’abitudine possono essere spie d’allarme per allungare una mano un conforto un aiuto e indicare che può esistere un modo per voltare la pagina. Esistono centri antiviolenza, numeri sempre attivi 1522 con cui parlare con esperti ed essere protetti. Ricordiamo che una relazione d’amore è sana se desiderata da entrambi e fondata sul rispetto reciproco.  (rita.verardi@libero.it)

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