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Venerdì, 29 Marzo 2024
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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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Le olimpiadi delle barbe finte

Finita la rappresentazione (infingarda) dei saluti e dei ringraziamenti al sindaco che se ne va anticipatamente, nonostante il solleone la politica si sta mobilitando per trovare una “quadra” vincente per le elezioni di primavera. Dai rumors che circolano tra un ombrellone e l’altro, l’impressione è che rispetto ad una decina di anni fa, non è cambiato niente. Nonostante la buona stampa di cui ha goduto, la penna brillante e l’agenda trasversale, i sette anni di Mennitti sindaco, salvo che per la schiena dritta dimostrata nella vicenda del rigassificatore, non passeranno certamente alla storia.

Finita la rappresentazione (infingarda) dei saluti e dei ringraziamenti al sindaco che se ne va anticipatamente, nonostante il solleone la politica si sta mobilitando per trovare una “quadra” vincente per le elezioni di primavera. Dai rumors che circolano tra un ombrellone e l’altro, l’impressione è che rispetto ad una decina di anni fa, non è cambiato niente. Nonostante la buona stampa di cui ha goduto, la penna brillante e l’agenda trasversale, i sette anni di Mennitti sindaco, salvo che per la schiena dritta dimostrata nella vicenda del rigassificatore, non passeranno certamente alla storia.

Era già emerso alle elezioni del 2009, quando Mennitti, sindaco uscente, subì una pesante bocciatura da parte dei brindisini, andando al ballottaggio, dopo cinque anni di sindacatura, con appena un 37% dei consensi. Si salvò soltanto perché la sinistra si presentò divisa e il candidato del Pd, già debole di suo, commise anche l’errore di un apparentamento con una lista che veniva ritenuta ispirata da Antonino, che non solo lo indebolì di più ma “costrinse” molti elettori della sinistra radicale (e cosiddetta perbenista) o a disertare le urne oppure a votare per Mennitti.

Cosa sia avvenuto in questi tre anni è sotto gli occhi di tutti: salvo i soliti trionfalistici annunci, trappola per topi nei quali la stampa locale casca puntualmente (ultimi quelli dell’altro ieri sui progetti Interreg o sulla rigenerazione urbana), il livello della qualità della vita in città è ulteriormente precipitato. Non fosse stato per il parco “Di Giulio”, progettato e finanziato quando Mennitti era ancora a Strasburgo, per i cartelloni decenti al teatro “Verdi”, o per l’avvio delle procedure per l’adozione del Pug affidato ad un tecnico di grande spessore, sui giornali staremmo ancora a leggere delle liti tra Mennitti e Pennetta. Più deprimente della cronaca nera!

Ora tutto sta per finire. Tra venti giorni, salvo molto improbabili scherzi da prete, Mennitti va ufficialmente a curarsi, come è suo diritto/dovere, e la politica riprende le danze. Di certezze però neanche l’ombra. Se con Mennitti, classe 1939, i partiti e la politica avevano recuperato peso e dignità rispetto al populismo litigioso, godereccio e plebeo di Antonino, oggi si ritorna alla fine degli anni Novanta, con il rischio del prevalere dell’antipolitica. Lo si evince dai nomi di possibili candidati sindaci che circolano sui giornali, in qualche caso personaggi delle professioni che hanno tratto vantaggi straordinari da antiche e recenti scelte urbanistiche delle varie amministrazioni.

Tutti vanno alla ricerca del grande personaggio della società civile, esterno alla politica, come se ciò rappresentasse una garanzia per risolvere i problemi della città. Proprio l’esempio della sindacatura di Mennitti (come quella di Errico al Comune prima, e alla Provincia dopo) dimostrano invece che l’essere dei fior di professionisti non sia di per sé stessa garanzia di capacità nella gestione della complessa  organizzazione della cosa pubblica. Essere dei buoni avvocati, dottori commercialisti, medici etc. non significa poi essere anche dei buoni amministratori.

Ci vuole cautela quindi nella scelta che spesso è strumentale solo agli interessi del partito che la effettua (per il consenso che può procurare) e non a quelli della collettività da amministrare. Occhio quindi. Se i partiti guardano, oggi come dieci anni fa, al loro esterno lo fanno per due ragioni. La prima è perché da anni la qualità della classe politica cittadina è scaduta ben oltre i livelli di guardia. Fu proprio per questa ragione che nel 2004 il centrodestra richiamò Mennitti a Brindisi, mentre il centrosinistra, ancora con la testa fasciata dall’esperienza Antonino, non ebbe la forza di una svolta analoga.

Ora la situazione si ripropone quasi identica. Uscito di scena Mennitti, con il centrodestra indebolito dalla scissione di Marcello Rollo e dal “laboratorio” paracestistico di Ferrarese, l’eredità toccherebbe al giovane D’Attis, ma i pachidermi del suo schieramento hanno cominciato già a smarcarsi. Questo vuol dire una sola cosa: o che è il partito ad imporre dall’alto la sua candidatura, oppure ancora per questa volta Mauro D’Attis dovrà rimanere in panchina tra le speranze.

A sinistra si sta ancora peggio. Il fronte ambientalista-vendoliano sa benissimo che il pur generoso e apprezzabile impegno di Vincendo Guadalupi non paga. Occorre andare oltre. Ma dove? Errico ha limiti politici e di carattere incredibili, Fusco è debole e troppo elitario. Non resta che un accordo con il Pd e il movimento di Giovanni Brigante. E qui cominciano i dolori di pancia. Il Pd è un partito/non partito, senza bussola, con dirigenti improvvisati e disarmanti per la loro inadeguatezza, e con una serie di califfati che si fanno la guerra ad oltranza pur sapendo che in queste condizioni non riusciranno ad andare da nessuna parte. Per giunta incattiviti dall’odore di vittoria che, come nel 2009, sentono nell’aria ma non hanno la lucidità di realizzarla.

E poi c’è il  bisonte rosso (politico) Giovanni Brigante che rappresenta una costola attiva, e rumorosa, dei vecchi Democratici di Sinistra, che ancora oggi riesce a organizzare un’attività pubblica da anni sparita dall’agenda dei partiti tradizionali, del Pd in particolare. Brigante sogna da sindaco e per questo obbiettivo sta firmando da un paio di anni parecchie cambiali con i più disparati ambienti della città. Non lo nasconde e se ne avrà la plastica dimostrazione alla metà di settembre quando organizzerà la sua tradizionale festa, quella che ha soppiantato la vecchia festa dell’Unità.

La situazione è da rompicapo. Il Pd se vuole vincere è condannato a fare alleanza con ambientalisti, vendoliani, rifondaroli e persino con Giovanni Brigante. Ed altrettanto devono fare Giovanni Brigante e gli altri, quelli della sinistra sinistra. Chi è oggi nella platea della sinistra brindisina autorevolmente all’altezza di fare sintesi di interessi così diversi e spesso contrapposti?E soprattutto ne ha voglia? Rompicapo a parte, il rischio è che tra cotante incertezze, fughe, rivalità e scelleratezze alla fine la montagna non partorisca il più classico dei topolini.

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*Il titolo è quello di un libro di Cesare Merzagora del 1951, edito da Bompiani, che raccoglie articoli di analisi sociale, politica ed economica dal 1946 al 1950 (mar.orl.)

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