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Sull'eccidio dei Rohingya in conflitto due "bandiere" dei diritti umani

Malala contro San Suu Kyi. Due premi Nobel per la pace che se le cantano e se le suonano a vicenda. In questi giorni, infatti, la giovane pakistana Malala Yousafzai, insignita del Nobel per la pace nel 2014, ha fortemente criticato la birmana Aung San Suu Kyi

Malala contro San Suu Kyi. Due premi Nobel per la pace che se le cantano e se le suonano a vicenda. In questi giorni, infatti, la giovane pakistana Malala Yousafzai, insignita del Nobel per la pace nel 2014, ha fortemente criticato la birmana Aung San Suu Kyi, la quale aveva già vinto il premio nel 1991. Il motivo della diatriba è la drammatica situazione in cui versa la minoranza musulmana Rohingya in Myhamar ( ex Birmania).

Negli ultimi mesi si sono fatte sempre più crescenti le denunce sulla loro sistematica oppressione da parte dell’ esercito birmano, il quale starebbe operando un’imponente pulizia etnica nella regione del Rakhine, situata a Nord del Paese. La ventenne del Pakistan ha così lanciato pesanti accuse verso la sua “collega” , attualmente ministro degli esteri del Myhamar, in quanto non starebbe prendendo alcuna posizione su questa spinosa questione.

Malala ha espresso il suo pensiero su Twitter in maniera abbastanza esplicita: “Negli ultimi anni ho condannato più volte questo tragico e vergognoso trattamento” aggiungendo anche di “stare ad aspettare” che Aung San Suu Kyi faccio lo stesso. Secondo fonti interne alle Nazioni Unite oltre 90.000 profughi sarebbero fuggiti verso il confine con il Bangladesh, mentre il numero delle vittime, causate dalle pallottole dei militari,  si aggirerebbe intorno al  migliaio.

In molti sostengono che la minoranza Rohingya sia soggetta ad una delle peggiori persecuzioni mai esistite, di cui purtroppo non si racconta quasi mai nulla. Uno dei pochi che non è rimasto in silenzio è stato Papa Francesco, il quale ha affermato durante un Angelus di fine agosto che  arrivanotristi notizie sulla persecuzione della minoranza religiosa dei nostri fratelli Rohingya . Tutti noi chiediamo al Signore di salvarli e di suscitare gli animi di uomini e donne capaci di dare  loro aiuto”.

A fine novembre il Pontefice dovrebbe recarsi  in visita ufficiale proprio in Myhamar e  staremo a vedere quali potrebbero essere gli effetti di questo viaggio. Su tutto questo ha anche pronunciato il suo parere Foad Aodi, presidente della Comunità del mondo arabo in Italia: “ Come abbiamo sempre difeso i diritti dei cristiani e degli ebrei nei paesi musulmani, allo stesso modo chiediamo il rispetto della minoranza musulmana Rohingya. Il loro massacro in Myhamar è sotto gli occhi di tutti. Molti esponenti della comunità islamica mi inviano quotidianamente immagini di civili barbaramente uccisi, fra cui moltissimi bambini. Per questo faccio un appello a tutte le diplomazie occidentali per fermare questa orrenda carneficina. I massacri non hanno religione e non hanno civiltà, vanno soltanto combattuti “.

L’ appello per interrompere il genocidio in Birmania verrà anche ribadito nell’ incontro finale delle “Feste del dialogo”, iniziativa culturale per promuovere il dialogo interreligioso  istituita dalla “Co-mai” e dal movimento “ Uniti per Unire” , che si terrà a Roma il 10 settembre presso l’ Istituto delle Suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù.

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