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Venerdì, 19 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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Elezioni a Brindisi, riformismo del fare e questione ambientale

Oggi, più o meno tutti si dichiarano riformisti, ancor più dopo l’evidente fallimento del capitalismo, seguito al tradimento del socialismo reale. Può ben dirsi che sta germogliando il sogno di un nuovo riformismo. Ma cos’è il riformismo? A me piace definirlo come il cambiamento che si persegue qui e ora, a differenza di quello preparato da attese messianiche e dalle promesse palingenetiche del sol dell’avvenire. Anche per la nota elementare considerazione che alla lunga siamo sempre tutti morti! Mi sento in sintonia con Noberto Bobbio quando ritiene che il riformismo sia sempre e solo di sinistra in quanto, “a rigore, il riformismo di destra dovrebbe essere definito controriformismo”. Ora accade che, nell’era berlusconiana della cosiddetta seconda Res Pubblica, dominata da quella che è definita efficacemente mediocrazia, la vicenda energetica e ambientale brindisina costituisca un solare esempio antiriformistico, di come cioè si faccia di tutto per non cambiare il più grave problema irrisolto del territorio.

Oggi, più o meno tutti si dichiarano riformisti, ancor più dopo l’evidente fallimento del capitalismo, seguito al tradimento del socialismo reale. Può ben dirsi che sta germogliando il sogno di un nuovo riformismo. Ma cos’è il riformismo? A me piace definirlo come il cambiamento che si persegue qui e ora, a differenza di quello preparato da attese messianiche e dalle promesse palingenetiche del sol dell’avvenire. Anche per la nota elementare considerazione che alla lunga siamo sempre tutti morti! Mi sento in sintonia con Noberto Bobbio quando ritiene che il riformismo sia sempre e solo di sinistra in quanto, “a rigore, il riformismo di destra dovrebbe essere definito controriformismo”. Ora accade che, nell’era berlusconiana della cosiddetta seconda Res Pubblica, dominata da quella che è definita efficacemente mediocrazia, la vicenda energetica e ambientale brindisina costituisca un solare esempio antiriformistico, di come cioè si faccia di tutto per non cambiare il più grave problema irrisolto del territorio.

Questa amara riflessione sorge spontaneamente anche alla visione delle prime tribune elettorali sulle elezioni amministrative di Brindisi, per ultima quella regionale del 28 marzo. Nel ’96 alcuni ragazzi, con quella sventatezza giovanile incondizionabile, riuscirono nel miracolo “riformatore” (un tempo, in alcuni ambienti politici, era un reato pronunciare la parola “riformista”) di coniugare lavoro e ambiente, assieme al Governo. Tutto ciò era compendiato in un Protocollo Aggiuntivo alla Convenzione Energetica per il rilancio ecosostenibile del territorio, nel DPR del 98 che sanciva il risanamento dell’area definita ad alto rischio di crisi ambientale (Brindisi, San Pietro Vernotico, Torchiarolo e Carovigno), e nei Decreti Ministeriali che recepivano gli assetti produttivi delle due centrali elettriche, convenuti con l’Enel, in quanto, allora come oggi, anche dopo la modifica del Titolo V della Costituzione, essi restano unici ed esclusivi a poterli determinare.

Il metano, nella quantità minima di un miliardo e duecento milioni di metri cubi, assieme alla chiusura di quella carcassa di centrale chiamata Brindisi Nord (ma in realtà situata nel cuore della città), costituivano i due capisaldi che permettevano la riduzione del carbone a due milioni e mezzo di tonnellate, considerata dal Governo la quantità massima sopportabile dal territorio. Va ricordato che venivano salvati tutti i posti di lavoro, secondo un piano programmato con l’Enel! Si erano così gettate le basi per una nuova industrializzazione ambientalmente sostenibile. Ma l’universale e immediato boicottaggio di quella miracolosa conquista riformista –dalla liberalizzazione, singolarmente “alla cieca”, del mercato elettrico in poi- infranse quel sogno e si entrò’ nella storia di quella mediocrazia provinciale che ci ha sconfitto e che abbiamo visto meravigliosamente e coraggiosamente all’opera, nel corso di questi anni.

I tentativi successivi, ma disperanti, di recuperare quanto gratuitamente sottratto, non ci hanno fatto sentire né dei Don Chisciotte né dei novelli Sisifo in salsa brindisina, che ingenuamente cercavano di dimostrare che non è vero che toccare i fili dell’Enel significhi sempre morire! E’ poi amaramente indisponente che oggi ci si lamenti della probabile perdita dei posti di lavoro della Edipower, da parte di chi le soluzioni occupazionali ecosostenibili del ’96 ha miopicamente boicottato, nonostante esse quei lavoratori salvassero definitivamente!

In una piacevole serata di febbraio 2007, con una iniziativa del PD alla quale fu invitato l’assessore regionale all’Ambiente Losappio, denunciammo che saremmo stati il cane che si morde la coda, fino a quando avremmo pensato allo sviluppo di Brindisi con le stesse categorie culturali generate dal tipo di industrializzazione esogena che ha determinato quelle monoculture produttive, con i conseguenti profili formativi e professionali che nel mercato del lavoro non trovano più sbocchi. Dando curiosamente la colpa dello stagnante Pil provinciale e della crescente disoccupazione al tentativo di “riformare” in corsa la “qualità” della crescita industriale brindisina, piuttosto che a quello sviluppo industriale ossessivamente “quantitativo” determinato in questi decenni. Questo non ci interroga anche sulla media qualità culturale non solo della politica tour court, ma anche di quella delle rappresentanze sindacali  e datoriali, prigioniere come si dimostrano di una inesauribile coazione a ripetere veteroindustrialista?

E non c’è da interrogarsi pure su certa cultura ambientalista, visto che, proprio con governi provinciali e regionali “ambientalisti” sono stati aggiunti – con il concorso e il soccorso di “facilitatori” noti e nuovi - altri gravami altamente inquinanti e impattanti, che vanno dalla Sfir, per intenderci, alla dissipazione selvaggia del territorio operata dal fotovoltaico, senza peraltro la sostituzione di un solo grammo di carbone!?  Che fare? Il problema serissimo di Brindisi Nord, la concorrente dell’Enel, lo sta, per ora, risolvendo il mercato, al netto del tentativo di far sopravvivere quel ferrovecchio come un megainceneritore (! ) e della riproposizione del problema occupazionale di quei lavoratori, che va ri-affrontato. E Cerano? E la centrale a carbone più inquinante e climalterante d’Italia, che utilizza da sola 6-7 milioni di tonnellate annue di carbone, contro i due e mezzo ritenuti sopportabili nel 1996?

Non basta un ovvio principio di precauzione per ritenere che, parametri di altissimo, vastissimo e costante inquinamento nei decenni, nonostante si stia quasi sempre nei limiti di legge (ci mancherebbe pure!), in un’area di interesse nazionale in quanto a rischio di crisi ambientale, siano grande concausa di quella disastrosa condizione della salute denunciata, con inascoltati allarmi, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dalle campagne epidemiologiche effettuate dal Ministero della Sanità, oltre che dalle recenti e pregevoli indagini sulla salute neonatale? Le elezioni amministrative a Brindisi sono un tornante chiave per capire se si vuole ri-affrontare con serietà quella che resta la madre di tutte le questioni –in quanto essa investe gli assetti produttivi, economici, sociali e, soprattutto, culturali di questo desolato territorio, e cioè la condizione ambientale brindisina, della quale il polo energetico è parte centrale e preponderante.

Difatti si confrontano sul campo, per la prima volta in assoluto, un po’ tutte le anime ambientaliste, e anche industrialiste, per la conquista del governo cittadino. Mi auguro che esse aggiornino autocriticamente quel background politico che va dalle “strane” assenze nel Consiglio Provinciale che votò la Convenzione del ’96 al tentativo locale e regionale, perseguito in anni recenti, di gravare Cerano anche di un Porto Industriale, per agglomerarvi carbone e rigassificatore, senza la metanizzazione della centrale e al netto del gas già esistente.

Nell’era della decarbonizzazione avviata in Europa e visti gli annunci del governo in favore dell’energia distribuita –necessarie per quella democrazia energetica profetizzata da Rifkin- , quale realismo –più enelista dell’Enel- ci vieta di volere il metano per quella centrale policombustibile, essendo l’unico modo per decarbonizzarci, mettendo in moto tutto l’universo politico possibile? Possiamo permetterci a Brindisi il lusso che i costi del metano e i dividendi azionari cui partecipa il Ministero del Tesoro debbano continuare ad avere la supremazia sulla sacrosanta tutela della salute di un territorio che “sta morendo di inquinamento” e ne impedisce la crescita economica? Brindisi non ha vitale bisogno di perseguire un sogno così, per di più in una fase nella quale Enel (e anche Edipower) pare non possieda ancora formalmente l’Autorizzazione Integrata Ambientale? A mio sommesso parere, il riformismo si distingue per quella radicalità del giusto che osa ciò che sembra immediatamente impossibile, perché sa che, se è veramente giusto, è sempre possibile.

* dirigente PD, coautore della Convenzione del ‘96

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