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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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Ex Base Usaf e idee usa e getta

La trasformazione della ex Base Usaf di S.Vito dei Normanni in un centro di accoglienza per immigrati è un pessimo regalo per Brindisi, per S.Vito dei Normanni e per un territorio molto più vasto. Se il dispaccio Ansa battuto da Brindisi è del tutto attendibile, e non abbiamo ragioni di ritenere il contrario, questo regalo è stato confezionato con il pieno avallo della giunta regionale e del governatore Nichi Vendola.

La trasformazione della ex Base Usaf di S.Vito dei Normanni in un centro di accoglienza per immigrati è un pessimo regalo per Brindisi, per S.Vito dei Normanni e per un territorio molto più vasto. Se il dispaccio Ansa battuto da Brindisi è del tutto attendibile, e non abbiamo ragioni di ritenere il contrario, questo regalo è stato confezionato con il pieno avallo della giunta regionale e del governatore Nichi Vendola.

Ma ci stanno mettendo e ci hanno messo molto impegno per proprio conto anche l’amministrazione provinciale di Brindisi e una parte del Pd, come rivendica il deputato tarantino Vico, contento ovviamente che Manduria chiuda, e purché chiuda Manduria sdogana per buona l’operazione – Brindisi, mentre tace per ora il Pd brindisino, creando pesanti malumori in vari settori del partito.

In questa disorientante vicenda ha gioco facile il centrodestra nel liberarsi in loco dal peso delle pessime politiche sull’immigrazione del governo nazionale, accusando la giunta Vendola e la giunta Ferrarese di comportamenti profondamente contraddittori e dannosi per il territorio. Ciò perché la realizzazione di quello che sarebbe – vedremo perché – il più grande centro immigrati d’Italia, è una palese contraddizione con le linee dichiarate (l’assessore Fabiano Amati lo ricorderà) di distribuzione dell’impegno dell’accoglienza sui territori regionali, bocciando quella strategia dei campi profughi di cui Manduria è la rappresentazione.

Nessuno ha spiegato perché la trasformazione della ex Base Usaf in un centro di accoglienza (chiamiamolo così) possa rientrare nella categoria degli interventi che il territorio brindisino può sopportare oltre al resto, e quale innovazione introduca nella politica dell’accoglienza. E se invece si dovesse trattare solo di un progetto per l’emergenza, perché proprio tra Brindisi e S.Vito e non più tra Manduria ed Oria, perché in un sito dove la Protezione civile dovrebbe spendere una enormità di denaro per le bonifiche e gli interventi di recupero?

Perché in un territorio dove le forze dell’ordine sono già stremate dalla gestione della sicurezza nel turbolento Cara-Cie di Restinco (come hanno fatto presente i sindacati di polizia sempre inascoltati su questo punto)? Perché scegliere una strada lunga e tortuosa e disseminata di ostacoli? Sembra strano che non siano state considerate le stime effettuate alcuni anni fa dalla Difesa, che calcolava in 83 milioni di euro (dell’epoca) il budget necessario per bonificare dall’amianto e ristrutturare i 260 immobili di cui compone la ex base americana, meno quelli andati a fuoco nel frattempo, ma sono poca cosa rispetto al resto.

Nessuno può cavarsela dicendo che tanto paga la Protezione civile: quei soldi possono essere spesi molto meglio per l’accoglienza degli immigrati, piuttosto che nell’improbabile allestimento del più grande punto di concentramento di richiedenti asilo e immigrati italiano, nella retrovia di Lampedusa, Sicilia e Calabria. Come ricorda il collega Nicola Quaranta nell’articolo sul vertice romano, in questa stessa home page, c’è anche un altro aspetto ambientale con cui gli americani hanno fatto a lungo i conti: le risorgenze di radon, gas derivato dai processi di decadimento dell’uranio e causa certa di neoplasie polmonari.

Il radon si concentra solo nei piani bassi degli edifici e negli scantinati, e non è misurabile all’aperto dove si disperde rapidamente. Può anche darsi che il fenomeno negli anni si sia diradato o sia del tutto scomparso, ma prima di spendere un centesimo nella ex base Usaf, meglio esserne certi. La Difesa fece sapere a suo tempo ad alcuni parlamentari locali – ne sanno di più Rosa Stanisci dei Ds e Pino Specchia di An - di aver svolto un monitoraggio con esiti negativi. Lo effettuò lo stesso istituto che ha svolto le indagini per le forze armate sugli effetti dell’uranio impoverito, concludendo che non c’è causalità tra linfomi dei soldati e la polvere radioattiva.

Vico si studiasse bene la pratica, prima di dare per buona la soluzione ex Base Usaf, e può farlo chiedendo lumi ai suoi ex colleghi. In questa vicenda gli unici soggetti che avrebbero da guadagnare sarebbero le imprese chiamate ad effettuare le bonifiche e le ristrutturazioni, il che non è certo disdicevole se vi fosse realmente bisogno di quel sito. E i tempi degli interventi, quelli sono stati calcolati? Oppure si ricorrerebbe sempre per motivi di urgenza a formule di gara accorciate, abbreviate, eccetera eccetera?

Ultima obiezione. Nel complesso esiste ormai un’area assegnata al Programma alimentare mondiale, che gestisce per conto di un’agenzia delle Nazioni Unite la base di pronto intervento umanitario al Papola Casale. Ne saranno ricavati magazzini per i materiali da destinare alle zone di crisi, pare sia quasi pronta anche la gara per la bonifica dell’amianto, ma il Pam non deve fare una corsa contro il tempo. Le due destinazioni sono compatibili? C’è anche un osservatorio solare di una società Usa che lavora per la Nasa. Infine, gli edifici abbandonati sin dal 1993, da qualche tempo vengono utilizzati dall’Esercito per l’addestramento al combattimento urbano delle unità destinate alle missioni all’estero.

Questa è la situazione. Se poi si volessero tirare in ballo gli stessi argomenti di chi per mesi ha chiesto la chiusura del campo di Manduria (danno all’economia turistica, pericoli per la gente, e via di seguito), non si capisce perché le stesse controindicazioni non debbano funzionare per Brindisi, S.Vito e tutto il resto dalla zona. Ma questa non era in quel caso buona politica, e non lo sarebbe neppure nell’altro. Come non è frutto di una buona politica il caso emblematico dell’Hotel Fazenda di Ostuni dove il gestore è stato letteralmente abbandonato e non sa chi chiamare oltre al 113, al 112 e al 115 (e spesso il 118).

Sembrava una buona politica quella della distribuzione dell’onere dell’accoglienza su più strutture, con l’impiego del volontariato e dei servizi sociali. Peccato, qualcuno ci ha ripensato. Ma l’idea della ex Base Usaf è davvero sbagliata.

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