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Venerdì, 19 Aprile 2024
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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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I migranti, Facebook e il compito dell'Italia nel Mediterraneo

Venerdì 3 ottobre si è tenuta la Giornata Mondiale della Memoria e dell’Accoglienza, per ricordare la tragedia avvenuta esattamente un anno prima nel mar Mediterraneo, in cui persero la vita trecento persone nel vano tentativo di arrivare in Italia. Questa giornata commemorativa ha permesso, ancora una volta, di centrare l’attenzione su quanto avviene quasi ogni giorno nel Canale di Sicilia

Venerdì 3 ottobre si è tenuta la Giornata Mondiale della Memoria e dell’Accoglienza, per ricordare la tragedia avvenuta esattamente un anno prima nel mar Mediterraneo, in cui persero la vita trecento persone nel vano tentativo di arrivare in Italia. Questa giornata commemorativa ha permesso, ancora una volta, di centrare l’attenzione su quanto avviene quasi ogni giorno nel Mar Mediterraneo, dove centinaia di profughi scappano dalle loro terre per cercare salvezza.

Anche Brindisi si trova al centro della macchina organizzativa che provvede allo smistamento delle numerose anime umane nei vari campi di provvisoria permanenza in Italia. Il passaggio di queste persone per il territorio brindisino è molto celere, così tanto da non scalfire la routine che accompagna inesorabilmente la città, d’estate come d’inverno. Nonostante ciò,   non sono mancate isolate lamentele contro la presenza di questi ospiti sul nostro territorio.

E’ difficile non tornare indietro con la memoria al 1991, anno in cui la comunità brindisina si poté fregiare degli onori derivati dalla grande ospitalità con cui accolse l’esodo biblico di 27.000 albanesi fuggiti dalla loro nazione in piena crisi post-comunista. Ci fu una corsa alla solidarietà dell’intera cittadinanza, di cui si trova testimonianza ancora oggi nelle cronache nazionali. Cosa è cambiato da allora rispetto ad oggi?

Brindisi all’epoca viveva degli illusori fasti del contrabbando? Vedevamo i nostri dirimpettai balcanici come dei fratelli sfortunati e più simili a noi? Difficile avere una risposta certa a questo cambiamento d’atteggiamento. Tuttavia nella comprensione del fenomeno ci viene in aiuto lo psicologo Abraham Maslow (neanche a farlo apposta parliamo di uno statunitense di origine ebrea proveniente dalla Russia) che descrive come le condotte umane siano finalizzate al soddisfacimento di alcuni bisogni che vanno da quelli più elementari (alimentarsi, avere un rifugio, eccetera) sino a quelli più sofisticati che prevedono una realizzazione personale con forti connotati d’apprezzamento sociale.

Nei commenti più comuni circolanti online si intravede un comportamento difensivo- aggressivo, orientato alla difesa dei bisogni primari fisiologici e di sicurezza personale da immolare a bene sociale, a scapito delle persone più deboli. Fermo restando che chiunque varchi la soglia di un paese deve rispettarne le leggi, pena il rimpatrio immediato, ha senso alimentare la polemica verso un processo, quello dell’immigrazione, che è sempre esistito e sempre esisterà nella storia dell’uomo?  Cosa si nasconde dietro la maggior parte dei migranti che così tanto preoccupano i navigatori della rete?

E’ fondamentale sapere che dal momento in cui un senegalese, un ghanese o un eritreo decidono di abbandonare il proprio paese in guerra per non essere arruolato o torturato, è disposto ad accettare una scommessa con una posta in palio molto elevata: la sua stessa vita. Le tratte sono infernali: parliamo  dell'antico tragitto carovaniero via Agadez e Dirkou alla volta di Madama per poi entrare in Libia, nei pressi del posto frontaliero di Toummo, e risalire alla volta dell'oasi libica di Sebha. Altri percorsi si snodano nelle reti carovaniere transahariane praticate per secoli dalle popolazioni nomadi (tuareg) di Mali, Niger verso Algeria.

Tra queste dune è sin troppo semplice imbattersi in indumenti che giacciono sulla sabbia. Tali indumenti non sono stati dimenticati da qualche carovaniere, ma semplicemente avvolgevano migliaia e migliaia di corpi uccisi dalle lunghe traversate e consumati dal sole, che nessuno reclamerà mai. Per i più “fortunati”, che si nascondono in camionette della speranza, è in attesa la dogana libica. I controlli sono sin troppo ortodossi: una scaricata di proiettili a casaccio nei fondi delle camionette. Sta al fato scegliere gli incolumi dalle vittime colpite mortalmente. Coloro i quali non vengono catturati, imprigionati e torturati nelle carceri libiche, si affidano agli aguzzini del mare: veri e propri imprenditori che organizzano i viaggi disperati nel Mediterraneo (con 3000 morti nei primi mesi del 2014.), speculando su queste vite con guadagni di circa 200.000 euro a viaggio.

E’ solo qui, nelle limpide acque azzurre del Mediterraneo, che l’Occidente globalizzato si accorge di questo dramma. Se l’Europa colpevolmente ignora questa situazione, l’Italia no.  Essa copre un ruolo fondamentale nel Mediterraneo riuscendo a salvare decine di migliaia di persone nel solo 2014. Forse pochi sanno che “Mare Nostrum” non è solo l’operazione umanitaria organizzata dall’Italia, ma è il nome originario con cui gli antichi Romani chiamavano il Mar Mediterraneo che hanno solcato e dominato per secoli.

E’ qualcosa che ci appartiene in modo viscerale e non potremo mai esimerci dall’essere protagonisti di quanto avviene in questo bacino da cui si è avuta la genesi dell’Europa. Sta a noi decidere come questi fenomeni, più grandi del nostro arbitrio, debbano essere accettarti, se con rabbia e approssimazione o con l’umanità e la saggezza che hanno contraddistinto le migliori pagine della nostra storia.

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