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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Quando il nostro corpo diventa un nemico da perfezionare

È capitato ad ognuno di noi un momento di insoddisfazione del proprio aspetto fisico. Magari per il peso, l’altezza, la conformazione fisiologica, il colore degli occhi, la forma delle mani, il proprio odore

È capitato ad ognuno di noi un momento di insoddisfazione del proprio aspetto fisico. Magari per il peso, l’altezza, la conformazione fisiologica, il colore degli occhi, la forma delle mani, il proprio odore. E se resta un pensiero fine a se stesso non c’è da preoccuparsi, se però diventa motivo ossessivo della nostra quotidianità tanto da rendere difficile la routine e il piacere di fare le cose, il quadro è più preoccupante.

Il disturbo di dismorfismo corporeo è una difficoltà a fare i conti con una discrepanza tra i propri scopi, desideri e la realtà̀. Il luogo mentale insopportabile è l’immagine di un sé imperfetto, metaforicamente espresso come malformazione corporea che agli altri appare inesistente.  

Nel DSM-5 (APA, 2014) tale patologia è inserita nella categoria dei disturbi ossessivo compulsivi, poiché si caratterizza di comportamenti ripetitivi (guardarsi allo specchio; curarsi eccessivamente; stuzzicarsi la pelle, ricercare rassicurazioni) o azioni mentali (confrontare il proprio aspetto fisico con quello degli altri). Se c’è un buon grado di insight si riconosce che le idee relativamente al corpo possono non essere vere, se scarso si ritengono probabilmente vere, se assente si è assolutamente sicuri delle proprie percezioni.  

I primi sintomi di dismorfismo corporeo possono già nascere in adolescenza, età̀ di grandi cambiamenti e crisi vissuti con disagio in relazione alla valutazione del corpo portando a idee distorte e patologiche. L’attribuzione estetica influisce l’autostima e una minaccia all’immagine danneggia l’autovalutazione positiva con la necessità di adottare comportamenti di salvaguardia per ripristinare quell’immagine conforme agli standard culturali che influenzano moltissimo i processi di valutazione del proprio corpo.

Nella nostra società il look è definito da canoni estetici rigidi, aumentando forse i casi di dismorfismo corporeo. La percezione di avere qualcosa che non va mette inevitabilmente fuori dal gruppo, e la vergogna pervade, isolando dalla vita di relazione per ripararsi dal giudizio altrui. Continue visite specialistiche, trattamenti chirurgici o estetici sono i tentativi di soluzione di quella che diventa una battaglia emotivamente estenuante: il proprio corpo è un nemico.

I risvolti possono tramutarsi e cronicizzarsi in altri disturbi psichiatrici come depressione, ansia, abuso di sostanze e nei casi più estremi portare al suicidio. È drammatico come la valutazione globale del sé sia influenzata da un unico fattore (l’eventuale difetto) a cui si aggiunge la convinzione culturale che per ottenere successo l’unico strumento è il corpo. La consapevolezza poi che il problema sia gravissimo aumenta l’ansia, la vergogna, il controllo sull’evoluzione del problema.

Ecco che chiedere aiuto e rivolgersi ad uno specialista è di fondamentale importanza. L’intervento presuppone una rielaborazione cognitiva, la critica agli errori di valutazione, per, gradualmente, accettare la propria identità, vero problema sottostante all’espressione sintomatologica. Il passo decisivo della terapia è la consapevolezza che l’immagine corporea non rappresenta l’unica qualità̀ che definisce l’identità. Il nostro corpo è certamente una parte integrante di noi, ma non l’unica; siamo l’insieme di qualcosa molto più riccamente complesso e bello. (rita.verardi@libero.it)

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