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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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Il Porto che vorrei, con le sue attività integrate ai bisogni della Città

Ospitiamo un intervento dell'architetto Carlo Sciarra, che è uno dei candidati locali alla presidenza dell'Autorità Portuale, con la stessa disponibilità nei confronti degli altri. Parlare del Porto non è mai abbastanza. E’ indubbio che il Porto è una grande risorsa territoriale e urbana, soprattutto da legarsi alla città. Questo concetto di integrazione dell’attività portuale dentro l’economia del territorio, al momento non trova riscontro nella nostra realtà, operazione invece riuscita, con risultati sorprendenti, a Genova, Barcellona, Salerno, Siviglia. il porto di Brindisi è per sua natura un porto moderno grazie alla sua polifunzionalità, base navale militare, cantieristica, pesca, diporto, portacontainer, traghetti, attività industriali. Idroscalo negli anni Trenta.

Ospitiamo un intervento dell'architetto Carlo Sciarra, che è uno dei candidati locali alla presidenza dell'Autorità Portuale, con la stessa disponibilità nei confronti degli altri.

Parlare del Porto non è mai abbastanza. E’ indubbio che il Porto è una grande risorsa territoriale e urbana, soprattutto da legarsi alla città. Questo concetto di integrazione dell’attività portuale dentro l’economia del territorio, al momento non trova riscontro nella nostra realtà, operazione invece riuscita, con risultati sorprendenti, a Genova, Barcellona, Salerno, Siviglia. il porto di Brindisi  è per sua natura un porto moderno grazie alla sua polifunzionalità, base navale militare, cantieristica, pesca, diporto, portacontainer, traghetti,  attività industriali. Idroscalo negli anni Trenta.

Negli ultimi sedici anni, però, questa sua modernità non solo non è stata coltivata e sviluppata, ma è stata massacrata, mortificata, cancellata. Il mondo andava avanti e si strutturava e noi fermi. E quando non vi è stato immobilismo si sono messe in cantiere opere  al di fuori  di qualsiasi logica pianificatrice, di mercato, ed urbanistica. Si è tralasciato di investire sulle intermodalità e sul trasporto combinato strada-mare, con particolare riguardo al “sistema logistico”.

Un piccolo esempio pratico lo si può vedere con l’attività di un’industria locale che produce pale eoliche per il cui trasporto utilizza le navi, dimostrazione attuativa di quell’indirizzo di politica nazionale che indica nelle Autostrade del Mare un elemento di crescita dei porti. Che la logistica sia fattore di crescita economica lo dimostra il relativo  moltiplicatore del reddito (rapporto tra euro spesi ed euro generati di ritorno) che è fra i più alti, con ricadute nel settore occupazionale.

La logistica terziarizzata in Germania fattura 170 miliardi di euro con 2 milioni di addetti e questa troverebbe a Brindisi terreno fertile, (abbiamo visto prima il trasporto delle pale) è necessario, però, collegare la ricettività a mare con quella a terra, la cosiddetta retroportualità o inland. Si pensi che Taranto e Gioia Tauro, che non avendone, stanno collegandosi con il porto di Napoli e Salerno. E il Porto di Brindisi che di retroportualità ne ha tanta, che fa?

Invece di avviare sinergie con i porti dell’Adriatico in particolare e del Mediterraneo in genere,abbiamo impegnato le nostre risorse finanziarie nel costruire stazioni marittime per poi demolirle e poi ancora ricostruirle, in aperto contrasto con la destinazione urbanistica; vedasi Costa Morena. E la banchina per crociere a Punta Riso? A ridosso di un monumento di grandissima importanza, un  posto “improbabile” privo di opere di collegamento e urbanizzazioni elementari. Naturalmente anche questo, in contrasto con gli strumenti urbanistici e dai costi straordinari e dalla tempistica incerta, nel frattempo Bari ha già in atto un accordo per essere porto feeder con un partenariato nell’immediato.

Il riferimento al banchinamento per navi crociere a Punta Riso è doveroso. Cercare di intercettare il circuito delle navi da crociera è certamente una buona cosa, ma quale sarà il moltiplicatore del reddito per l’economia locale? Peraltro occorre una variante al Piano del Porto che non può essere spacciata come opere di  messa in sicurezza. In sicurezza da chi e cosa? La diga di Punta Riso è stata elaborata con criteri tanto innovativi da essere presentata al Congresso di Osaka nel 1992, in rappresentanza dell’Italia.

Ma c’è vero pericolo, o è più probabile che si tratti più semplicemente di una cementificazione di un'altra porzione di mare? Di fatto manca un concreta collaborazione tra l’Autorità Portuale e l’Amministrazione Comunale e linee guida del Governo. Spesso si sente parlare di potenzialità del porto. Utilizzo del capannone ex Montedison, per esempio,  dobbiamo ringraziare la venuta del Santo Padre, che ha messo in luce la grossa potenzialità del sistema infrastrutturale a servizio di quell’area. Di conseguenza pensare di ospitare la convention dei Sindaci d’Italia è una ottima soluzione.

Ma quello che occorre è perseverare nell’utilizzo di quest’area per grandi eventi. in modo da organizzarli e calendarizzarli (SNIM, eventi musicali di caratura nazionale, vedi Italia Wave andato a finire nello stadio di Lecce, ecc.), che ben gestiti producono reddito e ritorno di immagine per la città. Quest’area presenta tutte le caratteristiche di polo fieristico/convegnistico, soluzione ancora più interessante per la vicinanza al centro cittadino Ho immaginato quell’area in una giornata di utilizzo,utilizzando la base di un porto europeo molto famoso.

Sfruttare la rete infrastrutturale esistente, che molti porti ancora ricercano e difficilmente avranno. Metterci in rete con altri porti dell’Adriatico, concetto ribadito nell’interessante confronto organizzato dal Rotary Club di Brindisi tra il sindaco Domenico Menniti e il sindaco di Pordenone, Sergio Bolzonello. Per far questo ci vuole operatività e proposizioni fattive e non impiegare tempo e risorse a inseguire chimere. Perché le molteplici iniziative della nostra Autorità Portuale sono indirizzate in progetti tanto faraonici quanto improbabili. Lanciamo una competizione internazionale per la sistemazione di tutta l’area che va dal capannone a Sant’Apollinare, guardiamo ai risultati di Bilbao, Siviglia, Barcellona, Berlino, Parigi, Praga; le competizioni internazionali si sono rivelate degli investimenti non solo dal punto di vista della qualità formale, ma anche di incredibile ritorno di immagine.

Un porto è di qualità quando ricerca una qualità d’immagine, nel senso anche estetico del termine, valorizzazione e inserimento di punti panoramici. Punta delle Terrare, è un sito archeologico di grande interesse, e l’Ente Portuale non pensa di meglio che a fare altre banchine, anche queste in contrasto con la strumentazione vigente, alla faccia della ricerca della qualità urbana e portuale. Le città portuali si sono trasformate nel momento in cui hanno capito che il mare non era qualcosa da separare rispetto al resto del territorio urbano, ma qualcosa da integrare alla città”, quindi dobbiamo parlare di “integrazione dell’attività portuale dentro l’economia…, e dentro la struttura del nostro territorio” .

Invece, pare che vi sia una corrente di pensiero  per cui  l’Autorità Portuale debba gestire autonomamente il Porto, come se la sua ubicazione fosse indifferente, come se non esistesse una Città con cui collegarsi, interagire, una Città verso cui avere dei doveri per la sua crescita, per il dover contribuire a costruire occasioni di lavoro, una Città con cui realizzare delle scelte di crescita vere, e soprattutto, sentire il dovere di non sperperare risorse in scelte opinabili e infruttuose. Il Porto come spazio urbano, tenendo presente che la funzione economica del Porto può essere mantenuta nel lungo periodo soltanto se la sua funzione sociale viene tenuta in considerazione.

La grande occasione per cui la città potrà dare delle indicazioni su come intende lo sviluppo del proprio Porto viene offerta dalla redazione della nuova pianificazione comunale, il cosiddetto Pug, dove  tutte le parti sociali, a partire anche dal singolo cittadino, sono chiamate a dare il proprio contributo. Se la comunità saprà utilizzare tale occasione, si potranno avere dei risultati positivi.

Il porto, oggi, è asfittico, però la regata Brindisi Corfù di quest’anno (eccezionale dimostrazione di competenza ed efficienza indigena), ha dimostrato che quando si porta all’interno della Città il “movimento”, questo genera altre attività e innesca vitalità. Con questo voglio dire che si dovrebbe tentare di riportare un flusso che attraversi la Città, o che possa accedere ad essa con facilità.

Il ritorno di una parte dei traghetti nel Seno di Levante consentirebbe questo legame, peraltro secolare, tra i passeggeri e la Città di Brindisi. Oggi chi arriva e parte dal nostro porto gira lontano dal Centro cittadino e, quindi non può fruire di tutto quello che ultimamente la nostra Città, sta cercando di offrire nel campo dei beni culturali e architettonici, vedi mostre e monumenti restaurati. Basterebbe utilizzare la incredibile poliedricità morfologica e infrastrutturale del nostro Porto. Ma bisogna far presto, non è più consentito perdere tempo.

*architetto

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